Capitolo III

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Giovedì 23 Gennaio

Vivevamo civilmente, almeno.
Dopo il suo apparente pentimento, io ed Harry avevamo cominciato a parlare e anche ad uscire insieme.
Gli avevo fatto visitare un po' Doncaster. L'avevo portato nel giardino dei girasoli, io lo chiamavo così.
Era meravigliato davanti quella distesa gialla. E io non volevo essere esagerato, ma ero convinto che, appena fosse arrivato, tutti i fiori si fossero girati verso di lui.
Era lui il sole.

-È magnifico- mi disse -Non mi ricordavo questo posto- si morse il labbro inferiore per nascondere il sorriso e io mi imbronciai.
-Sorridi, Harry- gli misi una mano sulla guancia e lui liberò il labbro rosso.
-Non mi piace sorridere-
-Sei bellissimo quando sorridi. Dovresti farlo più spesso, invece- la mia mano era ancora poggiata sulla sua guancia e lui fece pressione verso di me.
-Sorridi, Harry- gli chiesi. Lui sorrise. Ma non era un sorriso forzato, era spontaneo.
Era il sorriso del ragazzo che amavo e che avrei amato per tutta la vita.

Adesso mi trovavo a casa sua. Anne e mia madre hanno organizzato un'uscita tra donne e Gemma andò con loro.
Harry era in bagno e io presi un libro con la copertina rossa.
"My policeman" ne accarezzai la copertina ruvida e rigida. Appena girai la pagina lessi una poesia scritta da lui. Era ordinato ed elegante anche nello scrivere.
Lessi ad alta voce.
-Che sia l'amore tutto ciò che esiste
È ciò che noi sappiamo dell'amore;
E può bastare che il suo peso sia...-
-Uguale al solco che lascia nel cuore- alzai la testa non appena sentii la sua voce e lui si avvicinò con passo lento. Indossava una tuta grigia e una felpa nera. I ricci erano un po' disordinati, ma non perdevano la loro forma. Era affascinante anche in quel modo.
-Emily Dickenson- disse. Continuai ad ammirarlo mentre mi veniva incontro e si sedeva accanto a me. Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
Ero incantato dalla sua bellezza.

-Vuoi leggerlo?- mi chiese indicando il libro. Io lo guardai e poi spostai lo sguardo verso la pagina liscia.
-Di che parla?-
-Una storia d'amore impossibile- poggiò la mano sul libro, vicino al mio busto.
-Io...-
-È molto bella- ammise -Sono sicuro lo amerai- spostò le dita verso le mie e fece scivolare la sua mano sulla mia.
Lo facevamo così spesso, eppure il mio cuore sussultava ancora.
Non è cambiato niente. Anche quando ero un ragazzino mi sentivo così. Mi faceva sentire vulnerabile. Ma per lui lo sarei sempre stato.

Mi guardava le labbra e io avrei voluto mordergliele, leccargliele. Baciargliele. Ma avevo paura.
Ne avevo sempre avuta.
Poi si schiarì la voce e guardò altrove.
-Io, ehm...- era in imbarazzo -Sto tornando. Vado a prendere qualcosa da bere- e uscì dalla camera.
Rimasi solo. Mi alzai e curiosai un po'.
La mia attenzione fu attratta da un'agenda in pelle.
La studiai con lo sguardo e non provai nemmeno a toccarla. Capivo che era qualcosa di suo e che non avevo il permesso di prenderla.

Appena sopra la cinta di cuoio vidi scritto "Lasciateci amare"
Sentii una fitta al petto. Ero geloso di quella scritta perché volevo appartenesse a me.
Ero geloso perché sapevo che Harry non mi apparteneva e avrei voluto.
Mi avvicinai e la toccai appena. Lui era dietro di me.
-Che stai facendo?- rabbrividii. Mi prese il polso e lo allontanò dall'oggetto.
-Stavo solo guardando- alzò un sopracciglio e io giurai che non stessi facendo altro.
-Bene. Non ti è permesso leggerlo- lo prese in una mano e lo chiuse nel cassetto della scrivania.
-Lo so. Non lo avrei letto- ma lui era ancora arrabbiato. Lo capii dal modo in cui stringeva i pugni.
-Harry, non lo avrei mai letto. Lo sai-
-No- era teso -Non lo so- mi avvicinai con l'intento di accarezzarlo, ma lui non me lo permise.
-Anche io non ti vedo da tanti anni. Questo- si voltò verso di me e ci indicò -Potrebbe essere il tuo modo per vendicarti- il suo sguardo era severo, ma allo stesso tempo scorgevo paura.

Quelle parole mi ferirono, inutile sostenere il contrario.
Davvero credeva che io potessi fargli una cosa simile?
Davvero pensava lo odiassi ancora?
-Tu sei andato via- dissi -Io sono sempre rimasto qui- mi guardava e non accennava nemmeno a rispondere. Allora continuai.
-Chi dovresti amare, Harry?- sbarrò gli occhi -Tu non sei nemmeno in grado di essere amico di qualcuno. Non potresti mai innamorarti- ero meschino. Sapevo gli avrei fatto del male.
-Non provare a dire altro- mi avvertì, ma io non avevo paura.
-Hai scritto lasciateci amare. Forse sei tu a non esserne in grado- lo vidi serrare la mascella e venirmi addosso.
Chiuse il mio collo tra le dita ma non le strinse. Voleva spaventarmi. Allora io alzai la testa e lo guardai negli occhi.

-Tu non sai cosa ho fatto per amore- mi spinse verso il muro e l'impatto fu così forte da farmi mancare il respiro.
-Ho lasciato tutto per t...- sussultai.
-Cazzo, ho mandato tutto a puttane e tu dici che non so amare!?- mi urlò contro e vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime.
-Sai cosa- continuò -prendi quel fottuto diario e leggilo- lo prese dal cassetto e me lo tirò contro, riuscii a evitarlo e lo vidi cadere rovinosamente per terra.
Un foto uscì dalle pagine.

Mi piegai e raccolsi il diario e la foto. La girai tra le mani e lo riconobbi subito. Harry era così piccolo lì, coperto dal suo giubbotto di pelle e con quegli skinny neri che lo facevano sembrare più grande.
-Siamo noi- dissi. Alzai lo sguardo ma lui era rivolto da un'altra parte. Non mi guardava nemmeno.
-È il giorno in cui ti ho portato al mare per la prima volta- si girò verso di me e vidi il suo viso pieno di lacrime.
-Va' via, Louis- allungò la mano e aprì la porta.
-Va' via. Non voglio vederti- ma io non cedetti.
-Harry, l'hai conservata. Non posso crederci. Penso che...-
-Ho detto- mi fermò -Va' via!- urlò con tutte le sue forze.
Rimisi la foto nel diario, mi avvicinai a lui e gli presi la mano.
-Non voglio leggerlo- sussurrai. Glielo lasciai in mano mentre lui teneva ancora lo sguardo basso.
-Harry mi...-
-Non dirlo- chiuse la mano intorno al cuoio -Non voglio sentire altre parole da te-
Lo guardai in modo sconfitto. Sentii gli occhi pizzicare. Avrei voluto piangere e rimangiare tutto ciò che avevo detto.
Annuii con la testa e uscii dalla camera. Chiuse la porta con un sonoro tonfo.
Pensavo che le cose si fossero aggiustate, ma io non ero mai stato in grado di perdonare del tutto.
Ero io quello non in grado di amare.

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