Capitolo XV

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Giorno indefinito

Bip bip bip
Ma che cazzo era? Mi stava fottutamente scoppiando il cervello.
Quel rumore incessante mi riempiva le orecchie e volevo solamente smettesse.
Provai ad aprire gli occhi, ma appena li schiusi non ebbi le forze di andare oltre.
Aspirai un po' più forte, sentendo il petto bruciare. Volevo urlare di dolore ma le mie labbra non si aprirono nemmeno.
-Louis- c'era qualcuno. Volevo girarmi, ma fu tutto inutile. Non riuscivo a muovermi.
-Amore mio- una voce bassa, un po' ovattata, ma anche in quel modo mi era possibile riconoscerla. La delicatezza con cui pronunciò quelle due parole, la morbidezza della voce.
Era Harry.
La sua mano stringeva la mia e io non riuscivo a ricambiare.

-Cosa hai fatto?- perché la sua voce mi arrivava così piano? Perché non potevo rispondergli? Volevo rassicurarlo; dirgli che lo sentivo, che ero lì, con lui. Non era solo.
-Non dovevi Lou- la sua voce tremava e capii che piangesse quando una sua lacrima mi bagnò il collo.
-Non per me- la sua mano mi accarezzava.
-Harry- provai a pronunciare, ma la mia bocca non si muoveva e i miei respiri erano così lievi da non darmi nemmeno la possibilità di articolare un suono.

Sentii le sue labbra sulla fronte.
Scusami amore avrei voluto dirgli mi riposo altri pochi minuti. Ma tu aspettami. Ti prometto che torno.
Lui continuò a parlare, ma ero troppo stanco. Mi addormentai all'improvviso.

La seconda volta che mi svegliai era tutto meno confuso. Quel rumore fastidioso c'era sempre, ma la testa mi faceva meno male.
Aprii gli occhi e notai che era buio. Nemmeno uno spiraglio di luce se non quella maledetta macchina che mi stava di fronte.
Dov'ero? Perché non potevo muovermi?
Sentii una mano stringere la mia. Non capivo chi fosse.
Volevo dimenarmi, scappare. Ma non potevo.
Poi
-Andiamo Boo- era la mamma -È ora di svegliarti- mi accarezzava il dorso della mano.
-Mamma- provai a pronunciare. Niente.
Mamma aiutami. Che mi succede? Perché non posso muovermi? Perché non riesco a parlare?

-Sono giorni che ti aspettiamo- continuò -Sappiamo che hai bisogno di tempo, ma quanto?-
Non lo so.
-Torna qui Boo- singhiozzò. La sua voce si andò dissolvendo, i miei occhi si chiusero.
Scusa mamma, sono troppo stanco per parlare. Lasciami dormire altri 5 minuti, così riuscirò a splendere un po' di più. Solo 5 minuti...

La terza volta vicino a me c'era nuovamente Harry. Non riuscii ad aprire nemmeno gli occhi, ma quando ero cosciente lui stava già parlando.
-Tua mamma mi ha raccontato una storia- immaginavo stesse sorridendo, lo capivo dal tono della sua voce -La storia sul campo dei girasoli- sentii le sue dita accarezzarmi l'orecchio.
-È davvero bella- ammise -Ma vorrei fossi tu a raccontarmela- e lì la sua voce tremò -Mi ha anche detto che è la tua preferita. Per questo voglio che me la racconti: voglio sentire il tuo tono di voce, la dolcezza con cui racconti qualcosa che ti piace; voglio baciarti ogni volta che sorridi un po' troppo; voglio amarti quando ti odi e poi voglio che tu mi ami in quel modo intimo che ci siamo permessi una volta sola, perché da te lo voglio, Louis- singhiozzò sonoramente -Voglio che tu mi ami in quel modo intimo, unico, che prima di adesso non avrei mai accettato, ma che ora desidero con tutto me stesso. Perché tu mi fai sentire una brava persona. Con te non sono disgustoso. Con te non provo vergogna. Con te riesco a vedermi tramite i tuoi occhi, e mi sento bello, voluto. Mi fido di te- sentii le sue labbra sul mio collo -E ti amo. Ti amo e voglio che tu mi dica che mi ami allo stesso modo-
Ti amo più di quanto tu possa immaginare.

Dopo un attimo dormivo nuovamente. Che strana situazione.

Mi svegliai altre volte, ma non rimasi cosciente per molto tempo. Era tutto così strano.
Capii di essere in ospedale quando riuscii ad aprire del tutto gli occhi.
Fu un trauma, quello. Ritornare alla realtà, rendersi conto che ero lì per colpa mia.
Quando fui cosciente mi tolsero un tubo che mi permetteva di respirare. Il dolore fu atroce, così tanto che urlai anche se la fila era affaticata.
La prima persona a vedermi cosciente fu Zayn.
-Lou- bisbigliò. Era così stupefatto di vedermi lì, vivo, che respiravo solo.
Prima che potessi aprire bocca, però, lui mi abbracciò.
Provai a muovere le braccia, ma sentii un bruciore fortissimo per tutto l'arto.
-Non farlo mai più- disse sul mio orecchio, stringendo più forte -Mi hai fatto venire un infarto- iniziò a piangere e io non sapevo cosa fare o dire. Rimasi in silenzio mentre lui mi stringeva e piangeva.

Più tardi mi raccontò tutto. Mi disse che era rientrato prima da casa di Liam e che mi aveva trovato immerso nel mio stesso sangue.
Se avesse ritardato di un'ora potrei non essere qui.
-Perché l'hai fatto?- mi chiese. Alzai le spalle.
Perché sono un disastro. Quello che faccio avrei voluto dirgli Quello che sono...è disgustoso.
-Pensavo fosse meglio così- sussurrai.
-Toglierti la vita?-
-Lasciarvi liberi- allungò la mano sulla mia e la strinse.
-Lou, tu non sei d'intralcio a nessuno-
Lo hanno violentato. Per colpa mia. Mi amava e ha lasciato gli facessero del male.
Il mio bambino.
Il mio amore.

-Mi dispiace- sussurrai.
-Non deve dispiacerti per me-
-Mi dispiace anche per gli altri- sentii la sua mano lasciare la mia.
-Deve dispiacerti solo per te stesso- mi circondò il viso con le sue mani e mi sorrise.
-Finché sarò qui, nessuno potrà farti del male- mi promise.
Mi odio.
Continuò a guardarmi in quel suo modo dolce, e io volevo sparire. Mi sentivo così fuori luogo, imbarazzato. Mi guardava come se fossi rotto.
-Ti prego, non mi guardare in quel modo- sentii una lacrima rigarmi il viso.
-Come ti starei guardando?-
-Come se fossi pazzo. Ma non sono pazzo, sono solo...- infelice -...io- abbassai lo sguardo e lui fece altrettanto.

-Mi dispiace- disse.
Rimanemmo in silenzio a lungo.
-Tra poco verrà Harry. Di solito lui sta qui il pomeriggio- sbaffai gli occhi.
-Harry...- sussurrai -No, Harry non può vedermi così- strinsi il lenzuolo tra le dita, sentendo le ferite tirare.
-Louis, ti ha visto in momenti peggiori-
-No, non voglio- iniziai a tremare. Morivo dalla paura di rivederlo.
Sapeva perché lo avevo fatto. Lui lo sapeva. Si sentiva in colpa più di me. Non potevo. Non volevo.

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