Capitolo VIII

215 13 0
                                    

Sabato 1 Febbraio

Era il suo compleanno. Era il suo fottutissimo compleanno e io ancora non gli avevo nemmeno fatto gli auguri.
Vaffanculo a lui che la sera prima mi aveva lasciato solo, e a me per essere così orgoglioso.

Erano appena le 9 di mattina e già ero nella sua camera. Anne mi aveva aperto e abbracciato forte e io sorrisi imbarazzato mentre tra le mani tenevo il suo regalo.
Salii in silenzio ed entrai in camera in punte di piedi.
Era disteso nel mezzo del suo letto matrimoniale. Aveva le labbra socchiuse e i ricci gli ricadevano disordinati in fronte. Mi sedetti accanto a lui e accarezzai il suo petto nudo. Aprì gli occhi di scatto e fermò il mio polso.
Lo spaventai.
-Ciao amore- gli sorrisi e lui alzò la testa mettendomi a fuoco.
-Lou- sorrise. Poi si alzò e mi abbracciò, facendomi ricadere sul letto.

-Buon compleanno dolcezza- gli baciai la guancia e sentii la barbetta sfregare contro le labbra.
-Grazie- farfugliò mentre si sistemava meglio sopra di me. Posai una mano sul suo stomaco e lo accarezzai piano, sentendolo fare le fusa sotto quelle attenzioni.
-Che piani hai per oggi?- chiesi.
-Stare a letto con te- disse con la sua solita voce provocante, al che io alzai gli occhi al cielo e gli morsi piano il collo.

-I tuoi veri piani- risi.
-Mia madre vuole portarmi a pranzo fuori- iniziò a giocare con il mio orecchio, e io capii che aveva una proposta da farmi. Faceva sempre così.
-Mi chiedevo...- lo sapevo -vuoi venire con noi?-
-Certo che voglio venire- sorrisi sulle sue labbra e poi le baciai dolcemente. Lui mise una mano dietro il mio collo e mi avvicinò ancora di più a lui.
Aveva ancora l'alito mattutino, ma desideravo baciarlo, stringerlo, averlo con me.
Lo volevo sempre e lui mi voleva nello stesso modo.

La sua lingua si intrufolò nella mia bocca e io gemetti. Strinsi un suo fianco tra le dita e lui si alzò a sedere, stringendomi il sedere con la mano libera e facendomi capire che lo voleva.
Mi misi a cavalcioni su di lui e iniziai ad ondeggiare. Il suo bacino che si muoveva contro il mio e i vestiti che erano di troppo.
Sbottonò i miei jeans e li abbassò il tanto che bastava per poter penetrarmi.
Sputò sulla sua mano e bagnò la sua erezione. Ero quasi del tutto asciutto, ma strinsi gli occhi e mi abbandonai alla sensazione di bruciore.

Lo abbracciai forte mentre lui entrava in me deciso.
Avevo le labbra spalancate e lui le baciò dolcemente.
-Scusa- mi disse -Ma non lo facevamo da tanto e stavo impazzendo- era vero. L'ultima volta che l'avevamo fatto era stato a casa mia ed era stato sotto. Capivo quanto mi desiderasse. Per me era lo stesso.
Ci fu solamente passione. Abbiamo fatto l'amore in modo selvaggio, con la paura che Anne potesse salire e beccarci mentre ci amavamo in quel modo.
Venne dentro di me e io gemetti al senso di pienezza. Poi mi masturbò, prendendo il pene tra le dita callose e uscendo da me, per poi far entrare due dita dentro di me e prendendomi anche da dietro.
Venni dopo pochissimo tempo.
Avevamo battuto sicuramente ogni record.

Ci buttammo ansanti sul letto. Mi tirò su i pantaloni e leccò via il mio seme.
Ero sporco e appiccicoso, per questo quando mi prese in braccio e ci facemmo la doccia lo amai ancora di più.
Mi strinse nel suo accappatoio, che mi stava gigante, mentre lui indossava un semplice asciugamano.
-Dobbiamo andare via alle 13- mi disse -Vuoi dei vestiti puliti?-
-Posso anche tornare a casa- poggiò una mano sulla mia guancia e accarezzò il mio zigomo con il pollice.
-Lascia solo che ti presti una camicia- mi pregò. Acconsentii.

Mi prese per mano e aprì l'armadio.
Aveva tantissime camicie, e di ogni tipo. Guardavo il suo modo di osservare, toccare e scegliere i vestiti. Era intimo anche quello, per me.
Era intimo qualsiasi cosa mi svelasse qualcosa in più di Harry.
Lo abbraccia da dietro e lui poggiò la testa sulla mia.
Alla fine prese una camicia e me la porse.
Era azzurra, e sapevo già mi sarebbe venuta enorme.
-È la mia preferita- sussurrò.
-Sicuro di non volerla mettere tu?- lui mi sorrise e mi baciò.
-Voglio che la metta tu- quello era un suo modo per dirmi che mi amava.

Sapevo intendesse quello.
Lo intendeva anche quando mi baciava la fronte e mi diceva che era stupido.
Oppure quando mi prendeva per mano e mi leggeva una poesia dicendomi "mi ha fatto pensare a te".
Diceva di amarmi anche quando mi chiedeva se avessi mangiato, o se stavo bene.
Aveva milioni di modi per dirmi di amarmi senza dirlo direttamente. L'avevo capito, e lui ne era felice, perché sapeva che non doveva sforzarsi a dirlo.
Io lo sapevo. Speravo che anche lui lo sapesse.

-Vado a cambiarmi, allora- misi il suo pantaloni di tuta e la sua felpa e uscii di corsa dalla camera.
Salutai Anne e corsi in casa.
-Lou, dove stai andando?- mi richiamò mia madre.
-Devo uscire con Harry e sua madre!- chiusi la porta con un forte tonfo e poggiai la camicia ordinatamente sul letto.
Presi i pantaloni in tessuto neri e le vans dello stesso colore.
Li infilai in fretta e abbottinai la camicia.
Tra poco sarebbe stato mezzogiorno e io dovevo ancora sistemarmi i capelli.

Corsi in bagno, presi la cera e la passai ordinatamente nei capelli, in modo di tenerli appena alzati. In questo modo i miei occhi erano ben visibili, proprio come voleva Harry.

Ero pronto per lui. Mi guardai allo specchio e avevo ancora la faccia rilassata dall'orgasmo.
Ero al settimo cielo.
Scesi le scale e, appena arrivato davanti alla porta, bussarono. Aprii ed Harry era lì. Bello come sempre.
Il mio bambino, pensai. Il mio bambino dagli occhi da cerbiatto e i ricci ribelli.
Non lo baciai, ma lui si abbassò e mi baciò la fronte. Mi sorrise e mi porse la mano.
-Dovrei farlo io- sorrisi -È il tuo compleanno-
-E tu sei il mio regalo- sussurrò -E sei l'unica cosa che desidero veramente- intrecciò le nostre dita e ci dirigemmo verso l'auto.

Lo guardai ed era così libero in quel momento. Se avessi socchiuso le palpebre avrei potuto vedere la forma delle sue ali, la luce nei suoi occhi e quell'aria che avvolgeva sempre il suo corpo nel mistero.
Era così bello. Magnifico.
Un angelo.
Ed era mio. Era il mio angelo, e io avevo le sue ali.
Aprì lo sportello e mi fece entrare, poi fece il giro e si accomodò alla guida.
-E tua madre?- chiesi.
-Siamo solo noi- poggiò la sua mano sulla mia coscia e la strinse.

Siamo sempre stati solo noi. Almeno per me, siamo sempre esistiti solo noi.

Odi et amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora