18.

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La sveglia suonò svegliandomi da un sonno tormentato a causa del mal di schiena. La bambina non aveva smesso un attimo di muoversi e Federico era stato così premuroso da restare accanto a me anche se continuavo ad alzarmi ad ore alterne nella speranza che diminuisse il dolore. Federico si era svegliato qualche ora prima, gli ultimi allenamenti della stagione erano appena iniziati e il caldo iniziava anche a darmi più fastidio del solito. Sapevo fosse dovuto alla gravidanza e per questo avevo pregato il mio ragazzo di comprare un ventilatore che tenevo già costantemente acceso quando stavo in salotto. 
Un bigliettino sul suo cuscino mi fece sorridere, ormai non era raro che mi lasciasse i bigliettini sparsi per casa e io, gelosamente, li conservavo.

Non sforzarti tanto. Torno per pranzo, vi amo.

Mi alzai tranquilla, avevo tutto il tempo del mondo e nessuno mi rincorreva ma odiavo oziare e quindi mi ero già fatta un programma di quello che avrei fatto quel giorno. I cani, già euforici nel vedermi alzata mi fecero le feste e io mi abbassai un attimo per coccolarli.
"Si, siete voi i miei amori", dissi mentre mi alzavo nuovamente raggiungendo il frigo con una camminata veloce. Sembrava non mangiassi da giorni quando in realtà anche quella notte avevo fatto uno spuntino, svegliando anche Federico. Mi aveva guardato ridendo mentre mangiavo una merendina al cioccolato. Di solito in casa non tenevamo questi tipi di dolciumi ma da quando ero entrata nel terzo trimestre le voglie per quei cibi quasi proibiti avevano attirato la mia attenzione e avevo ceduto comprando qualche pacco.
Bevvi il succo insieme ai pancakes proteici che Fede mi aveva lasciato. Ogni tanto buttavo lo sguardo sulla macchinetta del caffè che veniva usata ben poco da mesi; Federico beveva il caffè solo la mattina a colazione e la maggior parte delle volte pranzava nella struttura e io stavo da sola la maggior parte del giorno. Non mi dispiaceva per nulla al mondo passarla in solitudine, avevo tempo per studiare e portare i cani a spasso senza dover avere degli orari. 
La voglia di bere quel liquido scuro si faceva sempre più presente e non vedevo davvero l'ora di partorire per poterne bere nuovamente dell'altro.
"Quando sarai fuori di qui ti farò dannare per tutto il caffè che non mi hai fatto bere in questi nove mesi", dissi mentre accarezzavo piano il ventre rigonfio che mi bloccava la visuale dei miei stessi piedi. Ormai mancavano giorni alla data del parto e l'ostetrica si era assicurata che appena i dolori fossero iniziati sarei andata in ospedale, ma tutti sapevano che avrei aspettato all'ultimo per presentarmi in reparto. Il campionato era finito da un mese e li impegni erano nettamente diminuiti ma gli allenamenti erano comunque rimasti regolari per non far perdere la forza fisica ai calciatori.
Il campanello suonò facendomi spaventare, potevano essere poche persone a quell'ora del giorno ma probabilmente solo una si attaccava al citofono in quel modo. Aprii e qualche momento dopo Sonya entrava in casa piena di buste e ancora vestita con il camice.
"I vicini penseranno che sto male, che cazzo ti salta in mente? Mi hai fatto infartare".
"Oh sta zitta stai benissimo. Strano che non hai ancora iniziato a fare qualcosa, come mai?", continuò a prendermi per il culo mentre lasciava le buste sul divano con il camice e si avvicinava a me baciandomi sulle guance.
"Perché mi sono appena alzata e ho fatto colazione. Fede torna nel pomeriggio e avevo intenzione di studiare, ma a quanto pare tu non me lo farai fare. Cosa hai portato?", cambiai argomento indicando il divano. Lei ci impiegò un attimo a tirare fuori vestitini e body minuscoli. Scossi la testa, eravamo pieni sino al collo di vestiti per la bimba ma lei non aveva voluto sentire ragioni portandomene altri, "sono già lavati, non puoi più restituirli", mi puntò il dito. Ecco qual era la sua tattica.
Facendole capire che non li avrei mai potuti dare via la portai con me nella stanza che avevamo arredato per la bimba. Quella stanza era una di quelle degli ospiti ma avevamo solamente cambiato il letto mettendo una culla beige vicino al muro in modo da avere più spazio libero. Gli armadi erano pieni di vestitini e scarpette e ad un lato la borsa pronta per l'ospedale era pronta da due settimane. Giusto per essere sicuri avevamo deciso di metterne una anche nella macchina di Federico nel caso ci fossimo dimenticati nella fretta quella che stava in casa.
"Guarda questa", sotto gli occhi mi trovai una tutina in seta bianca con delle apette sparse qua e la. Non potevo di certo negare quanto stile avesse Sonya nel comprare dei vestiti, "bella. Dovresti smettere di spendere il tuo stipendio in guardaroba per mia figlia. Non è che è solo una tattica per farti dire il nome che le daremo? Non ci stai riuscendo sappilo".

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