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Sentii Federico in chiamata con la madre, gli abbai di Wendy e Spike mi risvegliarono completamente da quel sonno tranquillo e rigenerante. Avevo visto, durante il mese di convalescenza, quanto tenesse a quei cani, quasi quanto dei figli. Milioni di foto con quei due bulldog inglesi all'interno del mio telefono mi dicevano quanto anche io ci tenessi, foto con loro, insieme a Greta, tutti e cinque, talmente tante foto che faticavo a credere che quel telefono riuscisse contenerle tutte. Con quei due cani sembrava come se non avesse adottato due cani ma bensì due bambini a quattro zampe che tiravano su il morale ,con quelle buffe facce arrabbiate, e facevano chiunque ammattire con tutti quei peli che lasciavano ovunque. Mi aveva raccontato di averli presi appena arrivato a Torino, trasferitosi da Firenze non conosceva nessuno e aveva deciso di adottarli per avere un po' di compagnia. Con la scusa che sarebbe stato solo anche della mia presenza li addottò, e cosa non fu migliore perché aiutarono anche me nel mese di riposo forzato. Avevo intuito quanto Federico tenesse all'ordine e non potevo immaginare quanto ci avesse impiegato ad educare quei cani a fare meno sporcizia possibile, abituandoli persino a mangiare dalla stessa ciotola.
Decisi finalmente di alzarmi da quel letto super comodo e caldo e raggiunsi il bagno, lavandomi velocemente la faccia per cercare di svegliarmi ancora un pochino. Era un martedì mattina e fuori da un momento all'altro sarebbe iniziato un diluvio universale che non avrebbe risparmiato nessuno. Stava iniziando l'inverno e la sua furia iniziava a farsi sentire. Novembre era iniziato da qualche giorno e noi stavamo già organizzando di tornare a Torino. Certo Federico aveva annunciato al mondo che sarebbe stato fermo per un periodo ma ciò non toglieva il fatto che gli mancasse Greta e Torino, che oramai lo aveva adottato. Anche a me mancava un po' la città, che ormai era diventata anche un po' mia, benché non ricordassi nessun particolare che mi affascinasse.
Il calciatore ancora intento a parlare con sua madre non si accorse nemmeno che mi fossi seduta accanto a lui fino a quando Paola mi salutò felice.
Non ero ancora in totale confidenza con i famigliari di Federico e tutto questo mi metteva un'ansia addosso non indifferente. Il fatto che loro si ricordassero di me, mentre io, ignara, mi presentavo a loro che se fosse la prima volta mi mandava fuori di testa. Continuavo a ripetermi che tutto sarebbe tornato al suo posto e non vedevo l'ora che arrivasse quel momento.
Non avevo ancora avuto l'opportunità di conoscere la sorella, Gaia, che era molto più che presente nella nostra vita. Gaia aveva due figlie Olivia e Mami che erano state più che entusiaste alla notizia di avere una cuginetta con cui giocare, benché fosse molto più piccola di loro. Tutto ciò che mi aveva detto Federico era che avevo creato un rapporto talmente stretto con Gaia da sentirla almeno due, tre volte al giorno. E io non vedevo l'ora di far tornare tutto alla normalità, sia nella mia vita che in quella di chi mi stava accanto.
La mancanza di ricordi incominciava a stordirmi e ad opprimere il mio petto di una sensazione sgradevole che, ne ero sicura, mi avrebbe portato all'esasperazione.
Una faccina buffa spuntò dallo schermo e mi resi conto solo in quel momento chi fosse. Non ricordavo ancora nulla di lei precisamente, ma sapevo incosciantemente che faceva parte di me, che io ero stata in grado di creare quella bellezza che urlacchiava felice e salutava Federico in un modo che non avevo mai visto. Erano diventati complici in tutto e qualunque cosa complottassero tra di loro io ero completamente esclusa. Erano così affiatati che non avevo ancora capito come non fosse ancora diventato pazzo per la lontananza. Erano come in simbiosi, uno completava l'altro. Aveva appena un anno ed era già un' esplosione di vivacità ed energia che non faceva altro che aumentare ogni giorno di più.
Sapevo che, appena avessi accettato ciò che fosse veramente, avrei rimpianto questi momenti il doppio di quel stavo facendo ora e magari avrei accettato anche il fatto che fosse stata lei a rifiutarsi di interagire con me una volta fosse tornato alla normalità. Volevo solo che la situazione si stabilizzasse velocemente.
Salutai cordialmente e ancora una volta i bulldog inglesi abbaiarono felici.
"Che pensate di fare oggi? Qua piove quindi rimaniamo in casa" disse Paola sorridente. Greta era scappata per giocare con i due cani facendo ridere Alberto che la teneva sotto sorveglianza nel caso fosse successo qualcosa. Era talmente protetta che, tutto quello che accadeva durante il giorno ruotava intorno a lei, e a tutti stava più che bene. Era la piccola di casa e qualunque cosa avesse fatto l'avrebbero difesa a tutti i costi.
"Avevo intenzione di andare al Campini e farle vedere dove giocavo e dove le ho dedicato il gol. E poi credo che in serata andremmo da Gaia, mi ha chiesto se andavamo a trovarla".
Sorrisi a quel pensiero, avevo intuito che qualunque cosa facesse era in relazione alla mia persona e questo mi faceva capire quanto fossi importante per lui.
"Qua non piove, ma penso che cominci presto. Quindi mamma ti lascio, salutami papà e Greta. Baci" agitò la mano aiutandola, per poi portare tutta la sua attenzione a me.
Lo salutai e il sorriso gli si allargò sul viso, era così bello quando sorrideva, tutto di lui mi faceva impazzire. Certo lo conoscevo da tanto, ma tutto avevo scordato e lui aveva fatto in modo di farmi ricordare ogni minimo dettaglio della nostra relazione. Sapevo che avevamo passato tante cose. A partire dalla privacy, la lontananza, le differenze dei nostri mondi: io totalmente presa dalla tranquillità e lui pieno di impegni e spostamenti repentini, ritiri, ore piccole, allenamenti intensivi. Un sacco di cose alla quale ci eravamo adeguati, sopra la quale ci avevamo costruito la nostra storia e la nostra piccola famiglia, fatta di noi,una piccola peste e altre due pesti che equivalevano a dei bambini.
Avevamo trovato un sistema e funzionava alla grande ,e io, non vedevo l'ora di tornare a quell'equilibrio fatto di rispetto, divisione dei compiti e tanto amore.
Mi lasciai baciare e trasportare in quel turbine di emozioni che non avevo mai sentito prima.
Avevo fatto tanti passi avanti da quando stavamo a Firenze, a partire dal fatto che mi ricordavo dei miei migliori amici, il primo incontro con Federico, e quanto tempo lo avevo fatto dannare per avere un mio bacio. Tutte piccole cose che se messe tutte insieme riuscivano a ricostruire quel puzzle che era la mia testa.
"Vestiti, che andiamo a vedere qualche vecchio compagno di squadra. È rimasto solo Federico ma era l'unico con cui avevi legato di più" mi disse incitandomi ad alzarmi nuovamente da quel letto super comodo. Erano le nove e un quarto ma ero super carica, nella speranza che qualcosa riaffiorasse.
Mi misi in piedi andando a cercare un cambio che mi avesse tenuta calda per il resto della giornata.

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