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Lasciai che Federico mi aiutasse ad indossare le scarpe con un minimo di tacco per sembrare perlomeno più carina. Gaia mi aveva aiutato a scegliere il vestito che seguiva sinuoso le mie linee, non era stretto e rendeva meno visibile la pancia di quasi trentadue settimane che mi rendeva difficile anche solo alzarmi. I primi mesi, tra voglie e nausea, non avevo fatto altro che far dannare il carrarese che, il più delle volte, nel cuore della notte, doveva uscire di casa alla ricerca di qualche strana pietanza o semplicemente un pacco di patatine.
Si alzò da terra nello stesso istante in cui i miei piedi toccarono terra ed eravamo pronti a partire verso l'Allianz organizzato a festa per l'occasione. Non avevamo invitato tantissime persone però avevamo voluto festeggiare in un luogo un poco privato.
Tenere nascosto a tutti il sesso del bambino non era stato assolutamente facile se sia gli amici che i parenti sembravano essere degli impazienti quanto lo eravamo stati noi sino al momento che la dottoressa aveva aperto bocca.
Tutti ci salutavano felici quando arrivammo con un leggero ritardo, dovuto al mio piccolo pit-stop al bagno, ormai era impossibile trattenerla per più di qualche ora.
Gaia, insieme a Sonya e alle due piccole si avvicinarono a me abbracciandomi contente, avevamo deciso di affidare qualche lavoro anche alle due ragazze che piano mi aggiornavano di come stesse andando. Il catering era arrivato in orario e i camerieri erano perfettamente ai loro posti. pronti a servirci di tutte le sfizioserie.
"Come sta andando? Lo stai facendo dannare?", Gaia domandò poco dopo avermi rimesso i capelli dietro la schiena, ormai sapeva quando odiassi i capelli davanti alla faccia.
Risi mentre cercavo una sedia in cui poter far riposare la mia schiena, "certo, mi pare ovvio. ieri l'ho mandato a comprare un panino del mc alle tre del mattino. Mi voleva uccidere", guardai Federico mentre mi portava una sedia. Il più delle volte con lui mi bastava il solo pensiero, riuscivamo a capirci al volo.
"Grazie amore", gli dissi dopo avergli lasciato un bacio sulle labbra.
"Le stai raccontando altri aneddoti di quando ero piccolo?", Federico abbracciò Gaia a sé salutandola con due baci sulle guance per poi passare a Sonya che lo prendeva in giro per come si era conciato.
"Madonna Fede sembri un vecchietto", gli disse dopo avergli sfilato la coppola dalla testa e metterla sulla sua.
"Che simpatica che sei", le fece la linguaccia facendola ridere, pochi istanti dopo si stavano abbracciando, in uno strano tentativo di farsi del male a vicenda. Risi felice a quella vista, Sonya aveva accettato sin da subito la presenza di Federico nel nostro piccolo gruppo, Riccardo era solo felice di avere un'altra presenza maschile con cui parlare di tutto.

Vidi il ragazzo appena nominato passeggiare per l'erba ancora leggermente bagnata e fermarsi a pochi passi da noi.
"Come se la cava mamma orsa? Ah, sei già seduta sul tuo trono", mi prese in giro per poi avvicinarsi ed abbracciarmi, lasciandomi un bacio sulla guancia. Salutò anche gli altri due, che ormai avevano smesso di lottare.
Parlammo qualche altro momento prima di vedere l'intera squadra di calciatori arrivare verso di noi.

Subito dopo essermi trasferita a Torino i ragazzi mi avevano accolto a braccia aperte facendomi conoscere le loro rispettive ragazze e mogli, con la quale avevo legato parecchio.
Roberta insieme a Maddalena erano state le prime ad accogliermi, poi si erano aggiunte Michela e Carolina. Insieme avevamo formato un perfetto gruppo di pettegolezzo che andava oltre l'impossibile, capitava che a volte le ragazze che avevo conosciuto a Firenze si unissero e solo a quel punto il mondo finiva. Riuscivamo a passare interi pomeriggi a parlare di tutti e divertirci a non finire.

Salutai tutti i ragazzi che poi sparirono con Federico e Riccardo, lasciandomi sola con le ragazze. Spettegolare ormai era il nostro hobby preferito e prendevamo qualunque momento libero per sparlare e ridere.
"Auri, quindi che farai dopo che nasce? Torni subito a lavoro?", mi chiese Maddalena mentre mangiava l'ennesima patatina. Non sapevo in realtà come comportarmi, io avrei voluto iniziare a lavorare da subito ma sapevo che non fosse possibile una cosa del genere. La bambina avrebbe avuto bisogno di cure costanti nei primi mesi e il lavoro di entrambi non permetteva questo quindi eravamo arrivati a dei compromessi. Federico sarebbe stato disponibile quando era a casa e la società gli aveva concordato due settimane di stacco per aiutare me e la bimba. Io invece, avendo deciso di entrare in maternità almeno alle ultime settimane di gravidanza, avrei avuto cinque mesi in cui sarei potuta stare a casa, cercando di destreggiarmi tra casa, bimba e lavoro. Dall'ospedale erano stati tutti più che pazienti e eravamo riusciti ad organizzarci in tempo.
"Per ora io sto ancora lavorando, ho deciso di entrare in maternità per la fine della gravidanza. Ho ancora tre mesi di lavoro ma non mi disturba come cosa anche perché mi metteranno a fare visite giornaliere o urgenti. Gli interventi li riprendo quando torno", dissi.
Al pensiero di dover stare lontano dalla sala operatoria mi pesava un po' e non vedevo l'ora di tornarci dentro, il lavoro da scrivania non mi si addiceva per niente ma dovevo farlo se non volevo partorire prima dell'ora.
"Io lo so che ci chiamerai durante un turno perché ti si sono rotte le acque e Federico sarà in trasferta", Carolina parlò facendo ridere tutte. Era un'opzione che avevamo preso in considerazione ma non ci disturbava più di tanto, qualcuno sarebbe sempre stato con me in quei momenti, anche se io ero contraria.
 Io e Federico avevamo discusso parecchio su questo ed era venuto fuori che, durante le sue trasferte, qualcuna delle ragazze o della sua famiglia sarebbe venuta a casa per aiutarmi. 
"Vi ho già chiesto un aiuto come sapete ma spero non succeda nulla. E poi è ancora troppo presto per pensarci. Ma so che durante le trasferte siete tutte a casa mia perché non volete lasciarmi sola, e per questo ve ne sono grata", tutte si avvicinarono a me abbracciandomi forte. "Ti pare che ti lasciamo sola, ho rischiato che Leo nascesse mentre ero sola a casa e non te lo auguro e poi così intasiamo i telefoni dei ragazzi di chiamate così capiscono che sta succedendo", ridemmo tutte. L'idea di riempire di chiamate i ragazzi non mi dispiaceva e mi tranquillizzava parecchio. Anche se non volevo nessuno aiuto sapevo che da sola non avrei potuto fare granché, Fede sapeva quanto io fossi testarda e ci aveva impiegato parecchio a convincermi.
"Ciao belle donne", Federico insieme agli altri ragazzi si avvicinarono a noi facendo finire la nostra conversazione.
Mi lasciò un bacio sulla tempia, "vogliamo iniziare?".
Tutti urlarono dicendo sì, così mi alzai dalla sedia e mi misi di fianco a Federico che aveva già in mano un pallone di cartapesta con dentro il colore che avrebbe rivelato tutto. Benché noi lo sapessimo già era sempre un'emozione fare queste cose. 
Presi due spara coriandoli e ne diedi uno a Matteo e uno a Riccardo, "vi mettete qua e quando vi dico via voi scoppiate, va bene?", annuirono convinti mettendosi ai lati di Federico, che in mezzo a loro stava per colpire la palla.
Tutti avevano iniziato a fare il video e appena dissi 'via' coriandoli e polvere rosa mi arrivò addosso. Un urlo generale seguito da un applauso mi fece tappare le orecchie, Federico di fianco a me mi aveva abbracciato lasciandomi qualche bacio sulle labbra.

"So che noi lo sapevamo già ma sarà una bimba. Una piccola principessa", mi baciò ancora una volta.
"Non vedo l'ora di conoscerla", dissi.

La serata continuò tra risate, giochi e pettegolezzi di ogni tipo. Era questo che volevo nella mia vita. Amore, amicizia e vicinanza, senza doppi giochi, apparenza e malvagità. Federico non aveva smesso un attimo di controllare come stessi e dopo che mi ero seduta era rimasto vicino a me, pronto a scartare i mille regali che ci avevano fatto. Qualcuno aveva fatto a gara a chi ci desse prima in regalo e alla fine ci eravamo trovati sommersi da tantissime cose utili e tanti giochi.
"Grazie a tutti, di cuore davvero. Avervi qui è veramente una gioia e questo mi rende davvero felice", dissi mentre mi asciugavo una lacrima. Maledetti ormoni.

La serata era finita bene, i mille regali erano entrati in qualche modo dentro la nostra macchina ed ero sicura che i cani erano felici quanto noi di ricevere qualche nuova pallina.

Continuai a guardare quelle foto sbalordita ricordandomi qualsiasi dettaglio di quello che era successo. La mia memoria tornava piano, e tutto sembrava tornare alla normalità.

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