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Scesi dal treno sperando di trovare Federico ad aspettarmi una volta fuori dalla stazione. La barra delle notifiche sul mio telefono era piena di messaggi mandati dal calciatore che, siccome lui in macchina, a meno che non guidasse, si annoiava, aveva deciso di scocciare anche me, che presa dall'ansia di dover scendere dal treno con due valigie, avevo lasciato quel coso dentro la borsa con la musica ancora attiva che usciva lieve dalle cuffie a penzoloni. Per non creare ulteriore scompiglio e ritardare sulla nostra tabella di marcia avevamo deciso che mi avrebbe aspettato in macchina. Per mia fortuna, quel giorno, ce l'aveva libero e il fatto di averlo tutto per me per l'intero giorno mi rendeva felice.
Durante gli ultimi mesi ero rimasta a Firenze, a luglio avrei dato l'esame per la specializzazione e non mi andava ancora di lasciare la città toscana. Anche se sapevo che, una volta salita a Torino, Federico non mi avrebbe nemmeno dato il tempo di sistemarmi e i suoi messaggi che continuavano ad arrivare ne erano la prova. La Jeep nera, difficile da non vedere, era poco distante e mi ero trovata a velocizzare il passo, mi era mancato più dell'aria e averlo a pochi passi da me mi rendeva euforica. Anche lui sembrava della mia stessa opinione e appena mi vide scese in fretta dalla macchina annullando quei pochi metri che ci dividevano.
"Ciao amore mio" lo strinsi a me, quasi avessi paura che scappasse e appena sentii degli abbai da dentro la macchina mi misi a ridere. Pur di fare in modo da non lasciarli soli, Wendy e Spike, se li era portati dietro, legati alla cintura per cani, solo perché altrimenti si sarebbe preso una multa.
"Mi sei mancato" gli baciai le labbra e non persi tempo ad abbracciarlo nuovamente. Aveva un leggero strato di barba e i capelli tinti di un biondo ossigenato lo facevo sembrare completamente diverso. Qualche giorno prima mi aveva avvisato che avrebbe chiesto a Matteo e Francesca di salire e, quando la sera, mi aveva mandato un suo selfie con gli altri due ragazzi, per poco non mi era venuto un infarto. Non perché non piacesse con i capelli biondi ma perché sembrava essere uscito da uno stampino dei più gnocchi del mondo e non avevo mancato a scriverglielo. Glieli accarezzai con gli occhi sognanti mentre lui se la rideva.
"So che ti piaccio ma possiamo almeno arrivare a casa?".
Gli diedi un schiaffo sul braccio facendo finta di essere offesa, "Bernardeschi sono quattro settimane che non mi vedi, se permetti sono un po' in astinenza. Non credi?" gli dissi mentre andavo a sedermi sul sedile del passeggero. Lo sentii ridere mentre saliva in macchina dopo aver messo le valige nel cofano.
Ero stanca dal viaggio ma avrei aspettato a riposarmi, solo perché Fede aveva deciso di diventare la mia guida personale, avremmo lasciato i bagagli a casa e saremo usciti con i cani a vedere la città.
"Tua madre mi ha dato qualcosa per te" gli dissi mentre rovistavo dentro la borsa alla ricerca di una busta di plastica che conteneva dei fogli pieni di disegni. Non avevo fatto in tempo a salutare Gaia, che già partita per le vacanze, aveva lasciato alla madre il compito di consegnarmi una miriade di disegni fatti da Mami a scuola.
"Li attacchiamo nella casa nuova però" commentò lui, aspettando che il semaforo tornasse verde.
Anche se, la casa in collina, era già stata comprata aveva voluto aspettare me per finirla di arredare e mi aveva lasciato carta bianca sulle due camere degli ospiti al piano di sopra, insieme al bagno di servizio. Non avevo mai dubitato sui suoi gusti di arredamento e, quando mi mandava le foto con i possibili mobili le mie scelte combaciavano con le sue.
La tappa al Valentino era durata più del dovuto e non sicuramente per colpa dei due bulldog. Amavamo fare le cose come una coppia normalissima e anonima ma non sempre funzionava. Nel giro di pochi minuti era stato accerchiato da parecchia gente e ci era risultato difficile uscire da quella situazione. Benché amasse i fan e il calore che gli avevano preservato quando era arrivato a Torino in quel momento, avrebbe di gran lunga essere un anonimo ragazzo che passeggiava con la sua ragazza e i due cani.
"Scusa" se solo mi fossi messa a contare quante volte aveva pronunciato quelle parole non sarebbero bastate tutte le dita che possedevo. Non gliene avrei mai fatto una colpa e mai mi sarei arrabbiata per una cosa del genere.
"Hey tranquillo. Senti facciamo una cosa, dopo mangiato andiamo nella casa nuova e stiamo lì. Sistemiamo le cose e lasciamo che Wendy e Spike si divertano in giardino" cercai di distrarlo anche grazie ai baci lasciati sulla sua mascella e appena varcammo la porta dell'appartamento in centro, dove ancora abitava, tutto sembrava essere già svanito.
La pasta al pesto che preparai, mentre lui si divertiva ad infastidirmi, fu messa in due piatti che portai a tavola.
"Vuoi vino o acqua?" benché un buon bicchiere di vino non sarebbe stato male gli dissi di volere dell'acqua.
"Che c'è, Bernardeschi, vuole per caso ubriacarmi?" gli lasciai un bacio a fior di labbra prima di sederci a tavola facendolo ridere.
"Bhe l'ultima volta non è stato male" ammiccò prima di portare alla bocca una forchettata di pasta. Lo guardai fingendomi scioccata, era sempre la stessa storia. Durante tutti quegli anni non avevamo sicuramente perso il senso dell'umorismo e del prenderci in giro, sfornando ogni volta nuove battutine a sfondo sessuale, manco fossimo dei pervertiti.
"Mi hanno chiamato dall'ospedale ieri, domani devo andare a firmare tutte le pratiche e a ritirare i camici" tornai seria per un attimo, raccontandogli le ultime notizie.
Subito dopo l'esame della specializzazione ero stata fortunata ad essere stata accettata in un programma che realmente mi interessava. Purtroppo altri miei colleghi non avevano avuto la mia stessa fortuna, come ad esempio Sonya o Riccardo. Nella sfortuna loro io ero stata fortunata perché avevano deciso comunque di accettare i loro incarichi a Torino. Già dal primo anno di università mi avevano aiutato in tante cose e mi sarei sentita uno straccio se solo avessero preso la decisione di abbandonarmi. Eravamo sempre stati noi tre contro tutti e sapevo che sarebbe continuata così per molto tempo.
"Sono felice per te baby" mi lasciò un altro bacio sulle labbra e mi sorrise radioso. I denti bianchissimi e perfettamente dritti, contornati da quelle labbra carnose mi mandavano un po' in pappa il cervello e lui lo sapeva benissimo. Ma imperterrito, lui, continuava a farlo facendomi sciogliere ogni fottuta volta.
Gli sorrisi imbarazzata e appoggiai la testa sulla sua spalla, ero stanca e l'abbiocco della pasta non aiutava.
"Vuoi andare su in collina o restiamo qua?" mi domandò poco qualche minuto di silenzio.
"Andiamo in collina, voglio vedere come hanno fatto le camere e il bagno. Sarei capace di far smontare tutto e rifare se non è perfetto" drizzai la schiena mentre parlavo velocemente. Solo Federico poteva capirmi da quel punto di vista, tenevamo entrambi che la casa dovesse essere perfetta in ogni minimo particolare.
Mi aiutò a pulire la cucina e una volta avviata la lavastoviglie potemmo uscire di casa e recarci in quella villetta che sarebbe diventata casa nostra.
Non avevo ancora avuto la possibilità di vederla dal vivo e quel giornonsarebbe stata la prima volta. La zona, come già mi aveva detto il calciatore, sembrava essere tranquilla e abbastanza riservata.
Lo vidi cercare il telecomando del cancello da sotto lo stereo e pian piano il ferro battuto si aprì facendomi vedere l'enorme villa Bernardeschi.
"Dalle foto non rende" esclamai sbalordita della grandezza di quella casa. Dei flash di vita quotidiana mi apparvero davanti agli occhi facendomi sorridere in modo quasi stupido. So che l'aveva pagata lui, era sua legalmente, ma il fatto che mi avesse fatto scegliere tante cose per arredarla la faceva sentire anche un po' mia.
"È quello che ho detto io" ribadì anche lui.
Scendemmo dalla macchina e, una volta assicurati, che il cancello fosse chiuso lasciai ai due cani la possibilità di scorrazzare per quell'enorme giardino ancora un po' vuoto.
Federico mi aspettò affinché entrassi con lui dentro quella casa ancora tutta da vivere, il salotto d'entrata era di una bellezza incredibile e rimasi sbalordita dall'accostamento di colori tanto diversi quanto simili. Il rosso delle poltrone spiccava tra il legno del pavimento e i colori scuri delle pareti e dei divani. Il maxischermo bianco sulla parete che poi successivamente portava alla cucina dava una luce magnifica alla stanza e il muro in pietra era bellissimo.
"Ti piace?" mi abbracciò da dietro mentre piano camminava verso il centro della stanza. Ogni tanto mi lasciava dei baci sul collo e dietro l'orecchio che non facevo altro che mandarmi fuori di testa.
"Sono senza parole. È bellissima" mi lasciò andare qualche istante dopo e non persi tempo a cercare il bagno e le due camere.
Il bianco padroneggiava in tutte e tre le stanze, il grigio e il nero accompagnavano il resto in un'armonia di colori e pace, anche il beige era presente giusto su quei particolari che molta gente avrebbe trovato insignificante.
Le pareti dell'intera casa erano ancora tutte completamente spoglie e il fatto di poterle riempire con milioni di ricordi mi eccitava. Era come poter ricostruire la nostra storia su delle pareti che non aspettavano altro se non quello.
"Ti amo Federico" gli dissi appena lo trovai in camera da letto a mettere in ordine i suoi vestiti. Ero appoggiata alla porta della cabina armadio, quasi come se fosse già una normalità stare lì, in quel modo. Il calciatore lasciò stare l'infinita collezione di camice e mi si avvicinò portando le sue mani sulle mie cosce nel chiaro tentativo di farmi aggrappare a lui.
"Anche io baby, tantissimo".
Oltre quella piccola pausa, avevamo deciso di continuare a mettere a punto le ultime cose e appendere i disegni di Mami sul frigo per poi mandare la foto a Gaia che euforica ci rispose qualche istante dopo.
"Mi ha chiesto mia madre se prima di cominciare nuovamente ad allenarmi stavamo un con loro a Marina di Carrara" decisi di sedermi sopra l'isola della cucina e lasciare che Federico si mettesse fra le mie gambe. Ci pensai un attimo e sicuramente qualche giorno di mare non ci avrebbe fatto malaccio. Era appena iniziato agosto, il campionato era già terminato e a luglio avevano organizzato la solita tournée estiva in giro per il mondo. Non avevo avuto tanto tempo a disposizione per stare con lui e sicuramente quei pochi giorni avrebbero aiutato, saremmo stati in famiglia, con gli amici di Federico che ormai erano diventati anche un po' i miei e poi avrei spupazzato un po' le mie nipoti preferite. Le avrei rapite per interi pomeriggi per portarle con me e lasciare che Gaia staccasse un po' la spina.
"Per me va bene lo sai, e poi non ci farebbemale un po' di sole e sesso silenzioso" parlai piano avvicinandomi sempre di più al suo orecchio per poi morderlo piano.
"Non ti è bastato quello che abbiamo appena finito?" non che a Federico distirbasse il fatto che avessi un appetito sessuale un po' più accennato del solito.
Aprii e chiusi la bocca senza effettivamente parlare lasciando al calciatore la possibilità di ridere del mio gesto.
"Devo ancora finire di portare le cose qua da Firenze, non ti da fastidio se rimango lì mentre tu inizi ad allenarti?" tornai ad essere cosciente ed avere pieni poteri sul mio corpo. A Torino avevo portato solo le valige piene dal mio intero armadio, avrei dovuto portare su i libri e altre cose utili. La casa a Firenze sarebbe rimasta chiusa e sapevo che ci sarei potuta tornare per qualsiasi cosa.
"No amore, anzi così so che non ti annoi qua da sola" mi baciò sulla tempia e lasciò che io appoggiassi la mia testa sul suo petto solido e scolpito, quasi come un marmo.
Sarebbe stata la prima notte nella casa nuova, avremmo dovuto rifinire tante cose e finire di portarne altre dall'appartamento in centro. Ma ne ero sicura, la mia vita stava cambiando nuovamente e non ne vedevo l'ora.

XoXo
Ciao a tutti, spero stiate tutti bene.
Spero vi piaccia come capitolo. Vi sarei grata se lasciaste una stellina.
Love u all.
-Litzie.

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