Risi insieme a Gaia, che chiamandomi in panico, mi chiese di aiutarla nella ricerca di un'altro negozio che vendesse vestiti da sposa.
Era passato un anno e poco più dal mio fidanzamento con il fratello e in quella famiglia venni accolta nel migliore dei modi.
A luglio si sarebbe sposata con Gabriele e da quando avevano annunciato l'imminente matrimonio mi aveva rapito ogni qualvolta si trovasse a Firenze per aiutarla nei preparativi. Aveva deciso di fare una cosa semplice e privata, niente televisioni e niente di tutto quello che girava intorno al fratello, ormai divenuto un personaggio pubblico a tutti gli effetti.
"Stavi studiando, vero? Scusa scusa ma sto davvero dando di matto e mi serve l'aiuto della mia cognata che di cose raffinate se ne intende più di me" ormai eravamo arrivate al punto da poter scherzare sulla mia situazione genitoriale, facendo battute sarcastiche e pungenti alla quale avevo qualcosa da aggiungere in più a quello che, già, veniva detto.
"Cercavi mia madre? Non credo sia disposta ad aiutarti, povera plebea" rincarai la dose facendo ridere nuovamente la toscana.
In Gaia avevo trovato un'amica leale e una cognata che appoggiava qualsivoglia opinione che ponevo, era sempre pronta a darmi consigli e aiutarmi quando più ne avevo bisogno. La nostra chat di WhatsApp era piena di consigli e rivelazioni che se mai avessero ne avessero letto i contenuti i nostri rispettivi ragazzi si sarebbero dati alla poligamia. In lei avevo trovato un'amica fedele e sempre pronta ad aiutarmi nei momenti bui che attraversava, a volte, la mia relazione con il fratello scalmanato.
Dopo qualche altra battuta di dubbia provenienza le dissi che l'avrei aspettata al solito bar nella quale ci rintanavamo per ore a parlare.
"Sono già qua cretina, muoviti. E avvisa il tuo consorte che lo vedrai sul tardi, abbiamo tante cose da fare" incassai l'ultima battuta dicendole che, in meno di dieci minuti sarei arrivata.
Lascai un messaggio vocale a Federico avvisandolo che sua sorella mi aveva rapita, mentre prendevo la borsa e la chiave della macchina. Rispettai tutte le norme stradali parcheggiando sul lato della strada adiacente a quel piccolo bar.
Gaia mi accolse con uno di quei soliti abbracci che ti facevano barcollare sedendoci infine ad un tavolino che dava sulla vetrata, se mai fossero passati tifosi o paparazzi ci avrebbero preso in pieno, ma a noi non interessava.
"Pesca dalla tua memoria tutti gli accorgimenti che quella perfida ti rifilava e fai in modo di bacchettare quella sottospecie di wedding planner alla quale ho deciso di affidare il mio giorno" disse buttando, letteralmente, sul tavolo la cartellina con su scritto 16 Luglio 2016. A caratteri cubitali. Revisionai brevemente tutto il contenuto raccattando dalla borsa una penna e annotando un foglio quello che sarebbe stato da migliorare. La disposizione dei tavoli sembrava essere messa lì senza un senso e la foto che vidi sui centro tavola era più che poco adatta a quello che voleva lei, sembravano pronti per essere messi all'interno di una casa barocca.
"Davvero? Non avevi detto semplice e privata, sembra una festa in maschera" alzai la foto, sfottendo ancora una volta le scelta di mia cognata. Rise di gusto rubandomi dalle mani quello scempio, "non piace nemmeno a me, che credi, per quello ho bisogno del tuo aiuto" mi implorò ancora una volta.
Gli invitati non erano tanti e forse la disposizione di tavolate che dividessero per importanza gli invitati era, forse, la scelta migliore. Era maggio inoltrato e la conferma della presenza degli invitati era scaduta qualche giorno prima, dando modo alla povera Gaia Bernardeschi di avvisare il ristorante del numero preciso delle persone presenti.
Anche se, all'università, mi ero data alla medicina mi piaceva pianificare, mettere in ordine ed essere maniacale su ogni cosa. Forse, la fase anale di cui tanto parlava Freud non l'avevo passata nei migliori dei modi.
"Ok, spero che quella ragazza non ti dia altre stronzate. Qua c'è uno schizzo sui tavoli, i posti e qualche altro accorgimento. Il vestito?" chiesi dandole i fogli sulla quale avevo modificato e forse salvato il suo matrimonio.
Non aveva ancora deciso che vestito indossare per l'occasione, era il suo giorno e si sarebbe dovuta sentire una principessa. Mi guardò di sbieco lasciando i soldi sul tavolo e tirandomi verso la sua macchina, pronte a partire per l'ennesimo atelier. Abbandonare la mia auto lì non era stata una mia scelta.
I limiti di velocità vennero rispettati poco e niente e appena il navigatore disse di essere arrivate a destinazione, Gaia, cercò un parcheggio, entrando alla perfezione tra due macchine.
"Salve, sono Gaia Bernardeschi, ho preso appuntamento ieri per telefono" strinse la mano alla ragazza dietro il bancone e aspettò direzioni su dove andare.
Dopo aver chiesto le sue preferenze, Pamela, così si chiamava la ragazza, tornò con qualche vestito facendo in modo che mia cognata li provasse. La lasciai fare, aiutandola solo nel caso mi avesse chiamato per indossare quei vestiti magnifici. Avevo sempre amato i vestiti da sposa, c'era qualcosa in loro, che mi affascinava a tal punto da fantasticare ogni volta la sorte di quegli ultimi. Quale donna avrebbe scelto quel determinato vestito?
Il primo che provò non convinse né me né lei, era a sirena completamente in pizzo e aderente al corpo.
"Decisamente no" negai con la testa facendola tornare nel camerino e aiutandola ad uscire dal pizzo bianco.
Il secondo sembrava essere più adatto a lei ma ancora non ci convinceva, così si cambiò subito dopo provando il terzo.
La sentii urlare il mio nome facendomi catapultare dentro quello stanzino. Non mi spaventai affatto, rimasi solo un po' sorda dall'orecchio destro.
Sorrisi emozionata annuendo, "questo sì che è un vestito" le dissi.
Il corpetto, in pizzo, aderente alle sue forme, ricordava i soliti corpetti con il ferro in evidenza per fare in modo che si tenesse in piedi da solo, dalla vita partiva un piccolo ricciolo di tulle e poi la gonna lunga anch'essa in tulle bianchissimo. Avrebbe avuto bisogno di qualche ritocco per fare in modo che lo vestisse a pennello ma per il resto andava più che bene.
"Scelto?" Pamela venne da noi cercando di capire cosa fosse successo, ero sicura che non sempre le future spose urlavano per il negozio appena trovavano il proprio vestito.
"Il tempo per stringere il vestito è lungo?" chiesi cercando di capire se, quel vestito, sarebbe stato pronto per il sedici di luglio. Restringere il corpetto in vita e adeguarlo meglio alle forme di Gaia non avrebbe impiegato così tanto lavoro, almeno ci speravo.
"Già a vederlo così ti sta benissimo, ma penso che entro due settimane sia pronto" ci sorrise, capendo quanto le nostre preghiere a Dio fossero state ascoltate.
Perché, insomma, il vestito era tra le prime cose a dover essere cercato e l'ultimo a dover essere indossato e se, durante quel lasso di tempo, la sposa teneva instabile il suo peso era una tragedia per tutti. Non che Gaia adottasse una dieta sbagliata ma prevenire era sempre meglio che curare.
Battei il cinque alla toscana lasciando poi alla ragazza lo spazio per poter lavorare. Tutto stava procedendo per il verso giusto e speravo non ci fossero stati altri intoppi.
Il mio cellulare cominciò a squillare, la suoneria personalizzata per il numero di Federico mi convinse ad accettare la chiamata. Erano passate parecchie ore da quando le avevo mandato l'audio ed ero sicura che avesse appena finito di allenarsi. Guardai l'orologio che avevo al polso constatando che erano appena passate le sei e mezza del pomeriggio. Avrei avuto ancora qualche altra faccenda da sbrigare e poi sarei stata un po' con Fede. Quel giorno fortunatamente per Gaia non avrei aperto libro neanche sotto tortura, avevo dato pochi giorni l'esame di pediatria e, almeno, per un altro paio di giorni volevo rilassarmi. Avrei riniziato a studiare, qualche giorno dopo, entrando in una specie di bolla dove esistevano solo io e i libri.
"Hey baby, mia sorella ti tiene ancora in ostaggio?" risi alla sua affermazione e mi allontanai dalle due che stavano discutendo sulle modifiche del vestito.
Gaia era sempre stata una persona esigente e in quel momento ancor di più, essendo il vestito per il suo matrimonio.
"Sì, ma abbiamo quasi finito. Forse un paio d'ore e sono da te" lo sentii fare un verso di approvazione mentre armeggiava sonoramente per cercare le chiavi che, ne ero sicura, aveva lanciato all'interno del borsone facendole scomparire tra asciugamani e para stinchi. Certo, anche lui era estremamente ordinato e maniacale, ma se andava di fretta come era successo quel giorno, tendeva a lasciar correre.
"Ti lascio alle faccende, salutami Gaia. Ti amo" disse infine prima di staccare la chiamata, non avevo fatto in tempo nemmeno a salutarlo.
Vidi Gaia uscire dal camerino perfettamente vestita, il vestito era stato appeso nell'attesa che Pamela lo ritirasse e io aspettavo direttive da parte della Carrarese. Ormai ero nelle sue mani e non potevo fare nulla. Lasciai che si accordasse con la ragazza per prendere il vestito e poi uscimmo dal negozio.
Sapevo volesse andare a salutare il fratello perciò mi feci lasciare al bar, presi la macchina e partimmo verso casa di Federico. Probabilmente l'avremmo trovato a giocare alla Play.
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Want You Back
FanfictionLui voleva solo che tornasse. Che si ricordasse di quello che erano stati e che tutto tornasse alla normalità,Federico voleva solo questo, che la sua Aurora si ricordasse. Che le tornasse alla mente di quanto amore avesse messo affinché si arrivasse...