Staccai la chiamata iniziando ad andare qua e la raccattando, per la stanza, quello che mi sarebbe servito per stare qualche giorno a casa dei genitori di Federico. Qualche giorno prima eravamo tornati da Roma dove avevo deciso di far conoscere ai miei genitori la persona con cui avevo intenzione di passare il resto dei giorni. Certo c'era da dire che prima di arrivare nella capitale la domanda non era ancora stata fatta ma, dopo gli avvenimenti della giornata, il bellissimo calciatore carrarese aveva deciso di professare il suo amore per lui chiedendomi di essere la sua ragazza. Non ci pensai due volte a dirgli un sì convinto tra lacrime di gioia e gridolini euforici. Era il giorno del mio compleanno e non desiderai regalo migliore se non il suo amore per me.
Mi fermai un attimo ad ammirare quel piccolo anello che, intorno al mio anulare destro, sembrava essere stato fatto apposta per stare sul mio dito. Quel giorno mi aveva svegliato di buon'ora dicendomi che saremmo andati a Carrara per conoscere la sua, infondo la mia l'aveva già conosciuta e non era stato la cosa migliore che avessi fatto nella mia vita.
Carrara distava un paio d'ore da Firenze e Federico aveva intenzione di arrivarci per pranzo per passare quanto più tempo possibile con la sua famiglia, che vedeva poche volte anche se stavano nella stessa regione. L'ansia aveva fatto capolino nel mio corpo appena la chiamata si chiuse, Federico mi aveva dato un massimo di mezz'ora per poter preparare tutto e sapevo che, in modo o nell'altro, ce l'avrei fatta. Il beauty case con qualche trucco e lo spazzolino non erano ancora stato toccato, se non per appoggiarlo in bagno, così lo presi buttandolo nuovamente dentro il vecchio borsone che usavo per allenarmi. Presi qualche cambio, un vestito semi elegante e un paio di scarpe altrettanto eleganti, il pigiama e qualche altra cosa che ai miei occhi sembrava indispensabile.
Mi lavai diventando presentabile al mondo in meno di un quarto d'ora, appena in tempo per il campanello che sentii suonare. Urlai in preda al panico e feci salire Federico nella speranza che riuscisse a calmarmi un attimo.
"Hey baby, sei pronta?" lo sentii dire e appena me lo trovai davanti le diedi il borsone in modo che, una volta chiuso il portone, avrei solo dovuto chiudere a chiave l'appartamento.
"Sì certo, mi metto le scarpe e andiamo. Qual è stata la tua malsana idea di andare oggi a Carrara, non ti è bastata la scenata di quattro giorni fa?" gli feci notare. I miei genitori non avevano preso benissimo la mia unione insieme al toscano, inscenando una scenata per la quale avevo finito per prendere un ansiolitico in modo da non farmi sopraggiungere un infarto immediato. Rise di gusto per poi baciarmi la testa e trascinarmi fuori dall'appartamento, "credo di conoscere i miei genitori e sapere che non faranno mai una cosa del genere. Poi stanno insistendo da parecchio per far in modo che vi conosciate, e comunque se io ti amo lo faranno anche loro" concluse. Nei suoi unici giorni liberi aveva deciso di portarmi dalla sua famiglia, e me lo aveva detto in un modo così sereno da farmi quasi tremare.
Avevo amato sin da subito la sua tranquillità e pacatezza nel parlarmi, e avevo amato ancor di più il fatto che riuscisse a tranquillizzarmi in qualsiasi situazione fosse. Mi aveva aiutato sin dall'inizio nei momenti no e di questo gliene ero immensamente grata.
Lo baciai una volta in ascensore, quando, del tutto tranquilla mi finii di sistemare per il viaggio verso la costa toscana.
Non c'ero mai stata a Carrara e sapevo che sarebbe stata una vita fuori porta del tutto fuori dal comune. Aveva intenzione di farmi visitare i posti più significativi della sua vita e questo mi rendeva più che felice. Voleva dire che, anche se erano quattro mesi che ci frequentavamo, io, ora, facevo ufficialmente parte della sua vita e tutto ciò mi rendeva orgogliosa.
Durante il viaggio non facemmo altro che parlare, raccontarci qualche sciocchezza ed essere estremamente sdolcinati agli occhi del mondo esterno. Tra baci, carezze, canzoni dedicate arrivammo all'entrata di Carrara che confinava strettamente a Massa, per questo in seguito divenuta Massa Carrara.
L'ansia scemata durante il viaggio tornò facendomi sudare le mani, facendomi diventare leggermente agitata. Le mani del calciatore bloccarono le mie con le sue appena mi resi conto di essere fuori da casa sua.
Erano appena le undici e non avremmo mangiato non prima di mezzogiorno.
La madre di Federico, Paola, stava armeggiando fuori nel giardino e, appena si rese conto che suo figlio era tornato a casa, il suo sorriso si allargò ancora di più.
"Ciao Chicco, che sorpresa non ti aspettavo"
Federico dal canto suo scese dalla macchina andando incontro alla madre, abbracciandola subito dopo, "mamma, ti voglio presentare Aurora, la mia ragazza".
Feci appena in tempo ad uscire dall'abitacolo trovandomi, poi, tra le braccia di una signora che emanava cordialità da tutti i pori. Non sapevo quanti anni avesse, ma sapeva tenersi bene.
"Piacere Paola, sono contenta di conoscerti. Chicco parla sempre di te" disse mettendo visibilmente il figlio in imbarazzo.
"Piacere mio, anche a me parla molto di voi" sorrisi venendo contagiata dalla solarità della donna.
Ci fece accomodare dentro obbligando Federico a portare i borsoni nella sua camera, incastrandomi in una chiacchierata per conoscermi meglio.
Ma, una volta passato il primo momento di imbarazzo, tutto filò liscio. Mi raccontò che il marito sarebbe tornato in serata e la figlia, già avvisata dal fratello, sarebbe rimasta a cena insieme al suo ragazzo, quasi marito, Gabriele.
"Per pranzo ho pollo, va bene per tutti?" ci chiese rendendosi conto che saremmo stati solo noi tre.
Annuii dichiarando che avrei mangiato qualunque cosa non essendo schizzinosa o allergica a qualche pietanza in particolare.
"Perfetto".
Il pranzo passò in tranquillità, tra discorsi seri e domande poste alla sottoscritta per conoscermi meglio, rendendomi conto che sì, Federico, aveva avuto pienamente ragione quando mi aveva detto che sarei piaciuta.
"La aiuto a sparecchiare, così si fa più veloce" mi alzai subito dopo la padrona di casa aiutandola nelle faccende di casa mentre il principino se ne stava seduto accanto a dov'ero seduta io pochi attimi prima.
"Oh sta tranquilla non c'è bisogno. Dammi del tu, ti prego, che poi sembro più vecchia di quello che sono" mi disse ridacchiando mentre mi prendeva i bicchieri dalle mani mettendoli in lavastoviglie.
Anche il pomeriggio passò in fretta. Mentre io e Federico giravamo per il centro di Carrara, la madre si era dedicata a lavorare portandosi avanti un po' di lavoro.
"Qua è dove, dopo catechismo, venivo a giocare insieme ai miei amici" mi indicò un campetto, visibilmente appartenente all'oratorio della parrocchia poco distante. Così continuò, indicando i posti che avevo segnato la sua infanzia e adolescenza, rendendolo quello che era. E non ci voleva molto ad immaginare un piccolo bimbo biondo che correva dietro ad un pallone giocando con i suoi coetanei. Tutto quello che c'era intorno a noi sembrava essere totalmente parte di lui, lì si sentiva a suo agio, mentre respirava aria di casa.
"Su, forza, sono le sei. Tua madre ci avrà dati per dispersi e poi arriva tua sorella e tuo padre non mi va di fare brutte figure" gli dissi mentre, divertito, mi accompagnava nuovamente a casa sua.
Le macchine, davanti al suo cancello, durante la nostra assenza, si erano duplicate segno che sia Gaia e Gabriele e Alberto erano arrivati nella casa, che un tempo conteneva tutti e quattro i Bernardeschi, con l'aggiunta che all'interno della famiglia ero arrivata io. Anche se avevo conosciuto solo la madre, per quel momento, mi sentivo all'interno di una famiglia con la effe maiuscola e degna di quel nome. Contro ogni mia aspettativa, i due fratelli, erano uniti più che mai, ricordandomi che, il concetto di amore fraterno, esisteva ed era anche forte.
Federico aprì il cancelletto facendomi entrare per prima, "va tutto bene?" mi baciò la mano trascinandomi dentro. Annuii piano e misi su un sorriso che probabilmente non aveva mai raggiunto la mai faccia.
Facemmo ad entrare in casa che Chicco si trovò sua sorella appesa al collo che se lo sbaciucchiava per bene. "Ci voleva lei per far in modo che tornasti a casa, anche solo per qualche giorno?" lo accusò scherzosamente per poi presentarsi a me.
Non mi sorprese affatto che si assomigliassero e che forse avevano preso, entrambi, lo stesso senso dell'umorismo.
"Piacere Gaia, lui è Gabriele il mio compagno" me lo indicò per poi tirarmi in un abbraccio.
Finii le presentazioni e ci trovammo tutti insieme a tavola, parlando del più e del meno, a volte interessati alla mia vita altri a quella del figlio.
"Aurora, studi ancora?" Gabriele mi passò la bottiglia di vino, che piano, mi versavo dentro il bicchiere.
Le pietanze che, Paola, si era dedicata a preparare erano buone e non mi ero di certo risparmiata dal dirlo. Benché fossimo ancora al primo che consisteva nei testaroli, pezzi di pasta fresca conditi con del pesto, avevamo avviato parecchie conversazioni dai temi più disparati, e in quel momento apparteneva alla mia persona.
"Sì, sono al quarto anno di medicina. Dopo voglio fare chirurgia pediatrica" affermai convinta.
Gli occhi dei presenti si allargano, stupiti dalla mia affermazione.
Ero sempre stata frenata, da parte dei miei vecchi compagni del liceo e in primis dai miei genitori, che volevano che continuassi nell'azienda di papà, costruzione edile. Così contro ogni aspettativa, rifilando una banale scusa del voler visitare Firenze, avevo fatto il test per entrare in medicina, venendo ammessa subito. Non mi preoccupai di nulla, presi tutte le mie cose e partii, qualche giorno dopo, verso la città toscana, dove ancora vivevo.
"Bhe complimenti, almeno quando avrò qualche dubbio saprò a chi chiedere" parlò Gaia buttandola sul ridere.
"Sappi che conteremo tutti su di te nella riuscita di questo progetto di vita" Paola mi sorprese dicendomi quelle parole che, sicuramente, mi sarei aspettata da qualcun'altro.
Un grazie commosso mi uscii dalle labbra lasciando perplessi o componenti di quella cena, che era appena diventata la mia famiglia.
Non avevo mai esternato del tutto i miei problemi con i miei genitori, preferivo tenermi o problemi per me sino ad arrivare al punto di esplodere.
"Scusate, non è colpa vostra. Avrei preferito sentire quelle parole, in primis, dai miei genitori" spiegi brevemente.
L'abbraccio di Gaia, seduta accanto a me, mi fece sentire a casa, quella che, forse, avevo sempre voluto.
La cena finii nel migliore dei modi, intrappolando quel momento in una foto ricordo, che sicuramente avrei fatto sviluppare distribuendola, in seguito, come regalo di gratitudine.
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Want You Back
FanfictionLui voleva solo che tornasse. Che si ricordasse di quello che erano stati e che tutto tornasse alla normalità,Federico voleva solo questo, che la sua Aurora si ricordasse. Che le tornasse alla mente di quanto amore avesse messo affinché si arrivasse...