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Presi in braccio la bambina ed entrai nell'ospedale, erano passati tre giorni e non non si era ancora svegliata, rendendomi pensieroso oltre il limite. Non era permesso far entrare bambini in terapia intensiva, ma Sonya che mi aspettava per tenere Greta per qualche minuto l'avevo solo io. La salutai velocemente allontanandomi dalla bambina nella speranza che smettesse di piangere presto, che giocasse con le infermiere e Sonya mentre io mi crogiolavo ai piedi del letto di Aurora.
Aprii la porta e la vidi: I medesimi fili attaccati alle medesime parti del corpo cercavano di tenerla in vita nella speranza che aprisse gli occhi. Il petto si alzava e abbassava a ritmo con il respiratore e il bip era intermittente ma continuo, segno che fosse ancora viva, forse solo grazie a quelle macchine. Avvicinandomi piano vidi meglio i suoi lineamenti, ancora escoriati dall'impianto, ma sulla via della guarigione, il livido meno pesto delle volte precedenti ricopriva parte del suo braccio nudo coperto da qualche cerotto e ago. Per me era bella, anche, in quella circostanze: i capelli erano legati in una treccia per non dare fastidio e le ciglia pogiavano sugli zigomi perfetti.
"Hey piccola, sono sempre io: Federico Bernardeschi. Già il calciatore che giocava nella Fiorentina e poi nella Juve. Sembri stare meglio sai? I tuoi lividi sono meno evidenti e a quanto sembra l'emorragia sta diminuendo, piano, ma sta diminuendo, ma tu non hai ancora intenzione di svegliarti. Ti piace dormire è vero, e negli ultimi tempi non è che avessimo dormito bene tutte le notti, ma così è troppo.
In questi giorni, io e Greta, abbiamo deciso di passare il tempo in casa, insieme a Wendy e Spike, a crogiolarci sul divano mangiando cereali e latte con biscotti. Il mister mi ha proibito di andare agli allenamenti e di stare con la bimba e, contro ogni mia aspettativa, riposare dagli allenamenti per qualche giorno, mi ha fatto bene. Sono più tranquillo, dormo meglio, anche Greta, anche se continua ad avere i suoi momenti no e anche io, ma stiamo meglio. Con questo non sto dicendo che stiamo meglio senza di te, anzi, la tua mancanza si sente sin dentro le ossa e non ha voglia di andare via nemmeno sotto tortura. Dormiamo insieme, nel lettone, si prende il tuo cuscino e lo abbraccia, solo in quel momento si calma e molla quel povero pupazzo. Lo ha anche ora che è insieme a Sonya, purtroppo non poteva entrare in terapia intensiva, ma so che avrebbe voluto esserci, per sbaciucchiarti e piangere anche un po', l'avrei capita." Le accarezzai la mano nella speranza che mi sentisse e che qualcosa cambiasse.
La porta si aprì rivelando il dottore e qualche infermiere, mi sorrise mentre guardava i parametri e li segnava sul Tablet. Lo fissavo cercando di capire cosa sarebbe successo ma tutto quello che sentivo mi arrivava ovattato e poco chiaro, la testa era altrove, ogni tanto girava costringendomi a chiudere gli occhi, trattenni il respiro e tornai a respirare dopo pochi secondi. Come se avessi il singhiozzo, trattenevo il respiro, e appena me ne rendevo conto espiravo l'anidride carbonica.
"Signore mi ha sentito? Ho detto che la signorina sta migliorando. Probabilmente entro domani è sveglia." E le lacrime uscirono automatiche, scendevano copiose mentre ringraziavo il medico e tenevo la mano di Aurora stretta tra la mia. Non lo sentii nemmeno uscire.
"Hai sentito amore? Stai meglio, devi solo svegliarti, devi fare un ultimo sforzo. Ho sentito i ragazzi oggi, li manchi, sembrano loro i fidanzati ansiosi anziché io, hanno deciso di invadere casa stanotte. Quindi ho deciso di ordinare pizza e mangiare in salone, con la play accesa, Greta che gioca con gli altri bambini e qualche birra, sperando che il nutrizionista non lo scopra o che tu non lo dica in giro, ma so che non lo farai, sei troopo fedele e innamorata di me per ingannarmi giusto?
Mi ricordo ancora quando, quella volta, uscirono foto di me e una ragazza su tutti i tabloid. Io ero appena arrivato a Torino e tu avevi appena iniziato il quinto anno in medicina, eravamo lontani e, da quando stavamo insieme, non lo eravamo mai stati così a lungo. Era mattina, presto, avevi il solito vizio di mandarmi il buongiorno e quella volta non lo facesti, mi preoccupai ma non ci diedi così importanza da cercarti subito chiedendoti la ragione del perché non lo avessi fatto. La mattina passò, gli allenamenti mi avevano tenuto impegnato tutta la prima parte del giorno e appena entrai in spogliatoio la prima cosa che feci fu guardare il cellulare, pieno di notifiche ma non la tua. Ti chiamai e la segreteria mi chiese di lasciare un messaggio, non lo lasciai, bloccai il telefono presi il cambio e mi feci una doccia veloce nella speranza di uscire il prima possibile dal centro. Solo quando aprii una notifica capii del tuo comportamento, mi avevano fotografato insieme ad una donna mentre ci abbracciavamo sotto il portone di casa. Non ci pensai due volte, salii in macchina e tornai a Firenze, due ore di auto e citofonai alla tua porta. Eri distrutta, avevi i jeans e una maglietta gialla, i capelli legati in una coda, la matita in una mano e gli occhi rossi. Mi guardasti con disprezzo, aspettando che dicessi qualcosa, così iniziai a parlare, era la tizia che mi aveva venduto la casa. Le avevo portato l'assegno e lei mi aveva offerto il caffè dato che aveva i soldi, l'avevo riaccompagnata a casa sua e lei mi aveva abbracciato come ringraziamento. Ti chiesi scusa lo stesso, mi sorridesti facendomi entrare e mi saltasti addosso come un koala. Facemmo l'amore sul divano, disfandoci velocemente degli abiti e amandonci come se fosse stata l'ultima volta che sarebbe successo. Mi pregasti di rimanere da te almeno quella notte e lo feci, ero partito il giorno dopo alle cinque per essere agli allenamenti alle otto. Il bigliettino del buongiorno lo lasciai sul cuscino e lo trovasti qualche ora dopo, ringraziandomi pubblicamente tramite Instagram. Da quel momento tutti sapevano che io ero tuo e tu eri mia." Mi azzardai a toccarle il viso, freddo e privo di quel colore che la rendeva vivace e viva. Baciai la sua mano ed uscii dalla stanza per andare a cercare Greta, ascigai la lacrima e appena vidi la bambina correre verso di me esplosi. Mi abbandonai ad un pianto liberatorio che era da troppo tempo dentro di me. Sorrisi a Greta e mi alzai salutando Sonya ed uscendo da quel posto che incominciava ad odiare.

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