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Seconda parte. AURORA

Finii la fisioterapia nel momento in cui Federico entrò nella stanza. Avevano fatto un'eccezione facendomi fare la riabilitazione al JMedical, era adibito ai soli calciatori e, a quanto pare, Federico era ben visto. Avevo visto su Google che negli ultimi tempi stava facendo vedere il meglio di sé e non potevo che esserne contenta, benché lo conoscessi poco. Dal primo giorno in cui mi svegliai lo vidi al mio fianco, dietro i miei genitori che piangeva come un bambino nel sentire le mie parole.
"Signorina sa dove siamo?" Il medico non aveva smesso un attimo di farmi parlare da quando mi ero svegliata e le persone intorno a me aspettavano una risposta. I miei genitori e altri tre ragazzi mi guardavano con le lacrime agli occhi e io mi preoccupai solo del perché i miei genitori fossero lì. Avevano smesso di parlarmi appena mi ero trasferita a Firenze e per quanto mi riguardava loro non esistevano più. Dei tre ragazzi ricordavo i lineamenti solo della ragazza della quale, in quel momento, mi sfuggiva in nome.
Sapevo cosa mi stesse chiedendo il medico: anno, luogo e il mio nome.
"Sì, siamo a Firenze ed è il duemilatredici." Dissi convinta. A quanto pare non era né il duemilatredici né stavano Firenze e appena me ne resi conto era già troppo tardi.
Poi era tornato i giorni successivi con le mie cose in mano e mi aveva aiutato col telefono. Era strano quanto la tecnologia si fosse evoluta in così poco tempo. L'ultima volta che avevo un telefono erano appena usciti quelli al plasma, mi divertivo ad usare la matita per fare qualcosa benché sapessi che così facendo rovinavo il telefono. Durante il mese di convalescenza, con una gamba ingessata e un braccio paralizzato dalla miriade di buchi, non potevo far altro che frugare dentro la borsa alla ricerca di qualcosa così come nel telefono. Avevo cinquemila foto di una bimba adorabile che facevo fatica a riconoscere. Ero stata ore a guardare foto, dall'ultima fino a quando ero incinta, foto mie e di Federico in vacanza, alle feste della società, alla mia laurea, tante di quelle foto che facevo fatica a riconoscere e a riporre in uno spazio temporale adeguato nella mia testa. Non riuscivo a riporre quel tassello a proprio ordine, non ricordavo di aver avuto una figlia e in quel momento non mi passava nemmeno per l'anticamera del cervello di fare una figlia. Benché avessi un ragazzo bellissimo e tantissima gente che mi supportava non riuscivo a capire il fatto di avere avuto una figlia. Ero giovane, fin troppo per avere una figlia eppure ce l'avevo e si chiamava Greta Bernardeschi.

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