9 - Aubrey Hall

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"Nell'aria fervono i preparativi del matrimonio più atteso dell'anno.
Da indiscrezioni pare che
il lieto evento avrà luogo nel torrido agosto londinese.
Come se le roventi scintille tra le due famiglie più chiacchierate di Londra non bastassero a scaldare la situazione. D'altronde amore e odio non sono facce della stessa medaglia?
Siamo confusi sulla risposta, un pò come sembra esserlo il testimone di nozze,
che indice concerti alla velocità della luce e li disdice in ancora meno tempo, lasciando noi e tutto il mondo orfani della soluzione a quel misterioso anagramma.
Cosa bolle nelle profonde e torbide
acque dei Bridgerton?
Un'altro scandalo?
Qualche problema di compatibilità familiare?
Un imprevisto?
Lo scopriremo ben presto!"

High Society News- 4 Giugno 8 pm

Otto giorni prima

Il detto secondo il quale la sorte possegga una spiccata ironia quel giorno mi parve più vero che mai. Io, che non avevo fatto altro che evitare l'argomento e reprimere ogni ricordo dei Bridgerton, ero diretta a casa loro.
A chiedere un lavoro. Per tre mesi. Quella cosa rasentava la follia. Non sapevo dire quante scuse la sera precedente avevo cercato per non accettare quel lavoro. Dalla prospettiva di Susan quella era un'occasione imperdibile, dalla mia era un'amara umiliazione e non sapevo se fosse possibile una riconciliazione tra le due cose. Quello che era certo era che dopo una nottata irrequieta, la sveglia delle cinque aveva definitivamente messo fine alla mia sanità mentale, gettandomi nel panico. Susan vedendomi tardare mi aveva scaraventato giù dal letto a forza, mi aveva concesso di mangiare due biscotti e mi aveva buttata fuori di casa in tempi record, raccomandandomi di non essere praticamente ... me stessa. Come se potesse essere possibile. La strada per Aubrey Hall era parecchio lunga e non avendola mai fatta avevo considerato un'ora di anticipo per eventuale traffico o ritardo. Le mie mani avevano torturato il volante dell'auto di Susan per tutto il tempo, avrei voluto inchiodare un milione di volte per mettere fine a quell'idiozia. Non so quale angelo mi aveva trattenuto dal farlo. Tre quarti d'ora dopo mi ritrovai alla periferia di Londra, su una pacifica strada tra distese di campi. Il navigatore mi indicò una stradina verso destra, senza cartelli, e imboccai per di là. Ai lati si ergevano file di alti pioppi che incorniciavano la via. Abbassai il finestrino, non c'era più traccia del frastuono londinese, ma solo un puro e naturale silenzio. Guardai attorno per scorgere l'abitazione ma l'unica cosa che vedevo era una fitta vegetazione che sbrilluccicava alle prime luci del mattino. Procedetti lentamente su quella stradina sdrucciolosa per altri cinquecento metri, dopodiché rimasi senza fiato. Un imponente cancello in ferro battuto segnava l'ingresso di qualcosa di ... enorme. Fermai la macchina e uscì la testa dal finestrino restando a bocca aperta. Non potevo credere ai miei occhi. Una residenza ancora molto lontana si ergeva imperiosa e magnifica tra colline verdeggianti. Era il posto più bello e incantevole che avessi mai visto. Il cartello all'entrata segnava "Aubrey Hall". Rientrai la testa nell'abitacolo e mi sentì il cuore andare sui cento battiti al minuto. Non ero pronta, non potevo fare una cosa del genere. Era tutto troppo grande, maestoso, troppo splendido. Era tutto troppo e basta. Come potevo pensare di andare a lavorare in quel posto? Io che per sopravvivere avevo fatto i lavori più umili di Londra, dal spargere volantini a lavare le scale dei condomini. Che competenze avevo? Come avrei mai potuto soddisfare le richieste di un così alto livello di perfezione al quale appartenevano i Bridgerton? Se in principio quell'assunzione mi era sembrata una manna dal cielo, ora mi pareva una catastrofe preannunciata. Uno scatto mi fece sobbalzare sul sedile, alzai lo sguardo e vidi il cancello aprirsi automaticamente. Mi avevano vista. Era troppo tardi ormai per andarsene. Strinsi di nuovo il volante, nervosa. Dovevo calmarmi e avere coraggio, dopotutto quella era solo una presentazione, non avevo firmato nessun contratto, non c'erano vincoli che mi potessero obbligare a lavorare lì. Avrei sondato la situazione e se si fosse presentata troppo al di sopra delle mie capacità e della mia sopportazione, e qui pensai irrimediabilmente a Benedict Bridgerton, allora nulla mi avrebbe vietato di andarmene. Alzai il piede dalla frizione e ripartì entrando dal cancello. Mi sentì come se stessi varcando le porte di un paradiso terrestre. Di una cosa ero certa, i Bridgerton avevano gusto.
Rallentai vedendo un ragazzo che si sbracciava poco più avanti e mi faceva segnale di parcheggiare su una piazzetta adibita alle macchine. Raggiunse l'auto prima che potessi spegnerla e mi rivolse la parola attraverso il finestrino.

La Giardiniera || Today's Bridgerton Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora