-1- Aronui

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Pioveva, ma a quell'ora, regolare come un orologio, accadeva sempre.

Il cielo coperto quasi perennemente da una cupa coltre di nubi, lasciava cadere in scrosci fitti quell'acqua sporca sulla città.

Gocce grandi, pesanti, che al suolo lasciavano una patina a un passo dall'oleoso, avevano svuotato le strade di Taone Nui: chi poteva si era messo all'asciutto. E lì si poteva sempre trovare rifugio, in qualche buco, l'importante era avere qualcosa da dare in cambio.

Stringendosi nelle spalle, Aronui si sistemò meglio il cappuccio del lungo cappotto sul capo, continuando a camminare attaccato ai muri. Non era molto meglio che in mezzo alla strada, a dire il vero, ma almeno un lato era un poco protetto, a quel modo.

Giunto a una biforcazione sospirò, guardandosi attorno. C'era solo qualche puttana che alla porta di un locale aspettava annoiata, poca gente frettolosa e qualche raro mezzo che vagava lungo la linea arcanolitica. Erano circa trent'anni che ogni forma di energia magica scivolava via dal loro mondo inesorabilmente, goccia a goccia. Così la tecnologia era diventata sempre più costosa ed elitaria fino a quando solo pochi avevano potuto permettersela.

Un tempo i mezzi erano numerosi in ogni anello di quella megalopoli che sembrava un bersaglio, divisa in cerchie com'era. Arrivavano anche in quelle più esterne, dove il confine la cingeva con una barriera protettiva.

Ora arrivavano al massimo lì, al quarto livello, l'ultimo considerato decente.

Con attenzione si sfilò il guanto dalla mano destra, l'ultimo avvistamento della ragazza era stato fatto lì, in quell'angolo. In quella zona c'erano solo locali che offrivano, a chi avesse avuto abbastanza denaro, la possibilità di passare la notte tra le braccia di uno dei mutati sfuggiti o abbandonati dai nauhea.

C'era chi diceva fossero solo comuni innestati che fingevano di essere quel genere di creatura esotica per guadagnare vendendosi nei bordelli, visto che la BioQuartz pagava troppo bene per ognuno di loro. Quello li rendeva impossibili da trovare in quel genere di locali, solitamente. Ma aveva solide motivazioni per essere certo della verità di quelle dicerie: lui era stato uno di quei giochi proibiti e costosi, esotici e con il fascino che solo quello che proveniva da quell'universo poteva dare. Poi era riuscito a sfuggire dal bordello.

Soffiando fuori l'aria con irritazione, a causa di quei pensieri, riportò alla memoria i brevi fotogrammi che era riuscito a rubare all'archivio della polizia. Non era un novellino della trama, ma entrare nei cristalli di memoria delle forze dell'ordine non era facile, per nessuno. Aveva rischiato grosso, ma, se trovava quella stupida che pensava che la vita dei cerchi fuori dal terzo fosse libera, felice, e cazzate simili, avrebbe potuto vivere per almeno tre o quattro mesi senza preoccuparsi assolutamente di nulla.

Abbassò lo sguardo, guardando distrattamente il riflesso dei grattacieli grigi e pieni di schermi per la gran parte rotti o mal funzionanti nelle pozzanghere oleose al suolo.

Il fotogramma più interessante che aveva trovato nell'archivio della trama era quello in cui il suo obbiettivo, apparentemente inseguito, cadeva e con entrambe le mani si aggrappava a quel lampione. Aveva visto il viso circondato da dread bianchi e rosa spaventato, gli occhi dalle iridi modificate che scrutavano nell'infrarosso angosciati e spaventati. Sfiorò il palo con la mano libera dal guanto e le emozioni di lei, ancora straordinariamente chiare e forti, l'assalirono. Chiuse gli occhi, lottando per mantenere alta la divisione tra lui e lei, analizzando quello che la psicometria gli permetteva di captare.

Paura, sopra ogni altra cosa c'era quello, ma se l'aspettava.

Poi lentamente riuscì ad accantonarla e un pensiero emerse chiaramente. Strinse i denti e con uno sforzo staccò la mano dal metallo bagnato di pioggia.

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