-16- il fiore scarlatto del destino

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ATTENZIONE:
Se siete qua vuol dire che state leggendo la storia. O almeno credo...
Comunque, in questo capitolo c'è il primo collegamento con l'altra storia, "La madre della razza che morì".
Ricordate che vi dissi che si sarebbero unite?
Beh, non scherzavo ^^


Rangatira accarezzò con fare distratto i petali scarlatti di quell'enorme fiore carnoso. Grande quando la sua mano aperta, di un rosso così scuro da sembrare nero nel suo centro, aveva lunghi pistilli screziato d'oro.
«Sai come la penso» la voce apparteneva a una donna nauhea sottile e androgina, seduta sul davanzale dell'enorme finestra che dava sulla città «L'emotività senza controllo è pericolosa.»
«Atahua ce lo diceva spesso.» con un gesto dettato dall'abitudine, il nauhea spostò la mano dai petali fino a portarla alla chioma candida della sorella, in una carezza lenta. «Questo però non vuol dire che non possa essere usata a nostro vantaggio, Keuha.»
«Stai rischiando, lo sai. Il tuo bel soldatino ammaestrato è un empate di grado 1, li abbiamo sempre eliminati per un motivo...»
«Waiti è sotto controllo, quando arriverà il momento mi basterà attivare i codici degli insetti dormienti che gli sono stati innestati e tornerà a essere fedele e ubbidiente come prima.»
L'imperatore si sedette accanto alla sorella, alla donna che assieme a lui, dall'ombra, governava l'impero Nauhea. La sua consigliera, la sua gemella, colei che con lui reggeva il peso di un ideale più grande di qualunque individuo. Erano una cosa sola, e in quanto tale avevano gli stessi desideri e gli stessi obbiettivi. Entrambi amavano il potere, la supremazia, la dominazione, ma fino a quel momento a essersi dimostrato superiore, tra i due, era sempre stato lui. Ogni cosa che facevano era una silenziosa sfida tra loro, puntavano a dimostrarsi l'uno migliore dell'altro, a qualunque costo, per poter vivere nella luce, dominare, comandare... e fino a quel momento aveva sempre vinto lui. Di poco, pochissimo, visto che erano davvero differenze minime, e sapeva che la gemella pur essendogli fedele a modo suo voleva sedere sul trono al suo posto. Con un minuscolo guizzo delle labbra, un accenno di sorriso, la mente di Rangatira passò ad altri pensieri.
Da quanto la loro stirpe regnava c'erano stati molti cambiamenti.
Un tempo lontano, considerato caotico e precedente alla vera svolta evolutiva della loro razza, prima che scoprissero il modo di sviluppare appieno i poteri ESP e il viaggio spaziale, i nauhea erano ancora esseri in balia delle emozioni. Amavano, ridevano, erano preda di quegli errori che rendevano inaffidabili e inferiori gli altri popoli.
Poi la loro stirpe era salita al trono, in concomitanza con grandi scoperte, e l'ascesa al potere era iniziata per il loro popolo. Selezionato, addestrato, indottrinato, la rivoluzione culturale a cui le generazioni erano state sottoposte aveva cancellato ogni tracia di quel passato, rendendolo nella mente di tutti un periodo barbaro e oscuro della loro storia.
«Trovo che sia comunque rischioso, ami troppo giocare con le tue pedine, Rangatira. Poi tocca a me fare in modo che i tuoi intrighi prendano la piega che desideri.»
«L'uno il braccio e la mente dell'altro. Ci completiamo, sorella... nessuno di noi due, da solo, può reggere l'impero sulle proprie spalle.»
Alle parole di Rangatira, Keuha annuì seccamente, il viso gelido e inespressivo quanto quello del fratello. Passò a sua volta le dita nel crine dell'altro, di un paio d'anni più vecchio di lei, osservandolo. Avevano gli stessi lineamenti, gli stessi innesti, eppure era lui l'unico volto che il popolo riconosceva come sovrano. Lui, e solo lui, era la legge, l'ordine, l'avatar della perfezione per le loro genti.
«Uno non esiste senza l'altro, Atahua era saggia...» sospirò appena, scendendo dal davanzale e sedendosi sul folto tappeto dorato, coperto di cuscini. Allungò le lunghe gambe nude davanti a sé, stiracchiandosi appena. «Siamo legati, due corpi, due menti, eppure se uno di noi due cerca la propria strada inizia il decadimento e giunge la morte.»
Il sottile abito di un polveroso blu si tese sulla figura e Rangatira fece scorrere l'indice lungo il viso della donna. Avevano sempre saputo quella verità, eppure avevano fatto svariate prove: il procedimento a cui la loro genitrice aveva dato il via era irreversibile. Erano le due facce di una stessa moneta e uno non poteva sopravvivere lontano dall'altro, o senza l'altro. La lontananza fisica era gestibile per un certo periodo, ma non poteva essere protratta al di là di un nebuloso confine di tempo oltre il quale le cellule dei loro corpi iniziavano a morire, divorandosi l'un l'altra. Diventavano cannibali, mangiando la loro stessa carne cellula dopo cellula, fino a quando non si riunivano, e bastava lo sfiorarsi di un istante per interrompere quella morte dolorosa e ritrovare la salute.
Keuha era la mano di Rangatira, colei che muoveva le pedine lontane del fratello, correggendo gli eventi recandosi sul posto, cosa che Rangatira non poteva permettersi. Il nucleo dell'impero era Whenua, e lui non aveva la libertà di muoversi come lei, che nessuno ancora vivente sapeva essere sua sorella.
«Atahua era molto furba e calcolatrice, vorrai dire» il nauhea si sedette accanto alla sorella, osservandola. «Gemelli eterozigoti, eppure ha tenuto uno di noi due in stasi per modificarci in modo da creare la sua... trappola. Ha fatto in modo che gli innesti mettessero radici e ora siamo il ritratto vivente dei suoi desideri. Anche morta siamo le sue pedine, la sua ombra, ma non sarà sempre così.»
«Chioma e radici, io sono la parte che vive nascosta nell'ombra tu sei la faccia che tutti vedono, esposto alla luce...» una nota di ghiaccio brillò nel tono di lei, affilata, mentre l'espressione si rilassava leggermente «L'omicidio di Atahua è stata la cosa più bella che abbia mai orchestrato. Decisamente appagante e piacevole» Keuha sorrise appena, tornando con la mente al momento in cui la genitrice si era resa conto che la sua morte era stata causata dalla sua stirpe, dai figli che lei stessa aveva manipolato in modo che fossero la manifestazione del suo desiderio di perfezione. Assaporò l'istante in cui aveva premuto le sue mani contro il viso di lei, abbattendo uno a uno tutti gli schermi di protezione con la forza della sua mente, penetrando nel cervello di colei che aveva dato loro la vita per darle la morte. Aveva assorbito assieme a Rangatira ogni stilla d'informazione, si erano nutriti di lei per poi lasciarla cadere a terra, svuotata, morta, inutile.
Loro due erano gli esseri più simili a dèi che la genetica e la scienza potessero produrre: perfetti sotto ogni aspetto, almeno secondo la precedente imperatrice, si erano rivoltati contro chi aveva dato loro la vita, creati, manipolati e resi ciò che erano.
«Ammetto che anche io ho provato una certa soddisfazione...»
«Rangatira, non cambiare discorso. Sai che sono qua per discutere del tuo gioco. La ribellione potrebbe essere una cosa seria e tu la stai prendendo sotto gamba, muovi i pezzi di questa tua scacchiera come più ti piace, pianificando con anni di anticipo reazioni e azioni. Sottovalutare una potenziale situazione di instabilità è sciocco, lo sai.»
«Non sottovaluto mai nulla, Keuha, lo sai.» la mano del nauhea si mosse pigramente nell'aria e una proiezione tridimensionale degli studi sui varchi apparve «Mi affascina ottenere quello che voglio nei modi più diversi, alla fine l'importante è dominare i varchi e gestirli, no?»
«C'è il rischio del collasso degli universi. Di questo passo più che un rischio diventerà una certezza.» con irritazione ben celata la mano di lei chiuse la proiezione, poi fissò negli occhi il fratello «Hai pianificato tutto questo per anni, vuoi davvero mettere a rischio l'intero piano solo perché vuoi dimostrarmi che le emozioni possono rendere schiavi più di ogni altra cosa?»
«Le emozioni rendono deboli, ma soprattutto manipolabili» Rangatira si alzò e colse uno dei fiori, porgendolo alla sorella «Waiti è un empate, chi meglio di lui può sviluppare emozioni? Aronui è un umano e le manifesta, emana, prova e vive in modo particolarmente forte anche nei parametri della sua razza... non ho fatto di tutto perché i due legassero solo per divertimento. Ormai Waiti è compromesso, e Aronui seguirà senza saperlo la strada che ho preparato per lui, per entrambi.»
Il fiore venne accarezzato dalle dita di lei, che poi se lo posò in grembo.
«Allora perché lo hai lasciato fuggire la prima volta?»
«Sembrava inutile, i suoi poteri si erano dimostrati manchevoli della potenzialità necessaria... allora ho deciso che, forse, un cambio di ambiente poteva giovargli.»
«Abbiamo quasi perso le sue tracce.»
«Quasi, Keuha. Non facciamo certi errori, io e te.» La donna annuì, accarezzando la corolla con delicatezza, le unghie nere, lucide e affilate, che danzavano sul rosso.
«E per la ministro Wen? Le notizie le giungono nel modo corretto?»
«Conosce ciò che ci serve lei sappia. Come sempre, del resto.»
A quelle parole lei si alzò, fece un piccolo cenno con il capo a Rangatira e andò all'uscita della stanza giardino con passo deciso. Man mano che aumentava la distanza tra i due l'aspetto di lei mutava, diventando quello con cui era conosciuta a palazzo.

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