-7- Il pianeta Rosso

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Con mosse un po' rigide a causa della lunga immobilità Aronui si alzò, avvicinandosi alla prima postazione. La psicometria, immediatamente, iniziò a trasmettergli le sensazioni di quel ministro. Uno dopo l'altro ogni posto fu passato in rassegna con attenzione, mentre l'uso dei suoi doni lo sfiancava.

«Non ho sentito nulla che mi possa far pensare al tradimento, matua. Rabbia, ma anche paura... ti temono.» Ma non era tutto.

In una postazione, quella della ministro polipo, come l'aveva chiamata nella sua mente, aveva percepito una una forte curiosità nei suoi confronti, unita a un interessamento quasi ambiguo, che non capiva. Anche nelle altre c'era qualche traccia di curiosità, ma per Wen hi'Hialo era qualcosa di più e di predominante sul resto. Se la ricordava abbastanza bene: era salita in carica una decina d'anni prima e l'aveva conosciuta prima di scappare.

«È tutto?» Tentennò sotto l'esame di quelle iridi scarlatte che avevano il potere di spaventarlo con un solo sguardo. Alla fine scosse il capo.

«Ho sentito la curiosità nei miei confronti, soprattutto da parte della ministro Wen hi'Hialo...» cercò di essere vago, evitando la menzogna.

«Legittima, immagino.» Rangatira fece cenno ad Aronui di tornare al suo fianco e lui si inginocchiò, quasi grato. L'uso delle energie richieste dalla psicometria gli faceva tremare le gambe tanto l'aveva sfinito. Da quando era lì sembrava che Rangatira sentisse il bisogno di fargli usare il suo potere per qualunque cosa, anche la più futile.

E quello, più il soddisfarlo e la continua stimolazione degli innesti, lo stava decisamente riducendo al lumicino.

«Non ho sentito altro, matua» Aronui disse a mezza voce, sentendo la testa girare. Più che inginocchiato era accasciato, la mano dell'imperatore che vagava tra i suoi capelli in una distratta carezza.

«Va bene così, era più che altro una conferma.» le dita scesero in una tocco lieve fino al volto dell'umano, alzandolo. «Tra poche ore partiremo per Nahosdzáán, verrai con me e con la mia guardia personale.»

«Nahosdzààn?» Aronui, confuso, chiese. «Credevo fosse solo uno dei pianeti fornitori di forza lavoro.»

«Un matrimonio politico.» il tono era annoiato e distratto mentre diceva quelle parole, «Devo presenziare per chiarire che ha la mia approvazione, tu mi servi per non essere sommerso dal tedio.» A quelle parole Rangatira lo sentì irrigidirsi. Era poco più di un sottile cambiamento nelle spalle, ma per lui era chiaro. Sapeva benissimo quanto Aronui l'odiasse, e si divertiva a vedere come si sforzava di fingere una docilità e un'obbedienza che non erano suoi. A volte la parte più piacevole era spingerlo alla ribellione, per poi punirlo. «Non vuoi venire?»

«Dove il mio matua vuole che io sia, sarò.» Alla più docile delle risposte, l'imperatore sorrise. Solo un lieve, oscuro stirarsi delle labbra, nulla di più.

Rangatira si alzò e Aronui dovette seguirlo, incerto sulle gambe che gli sembravano di gomma e la testa leggera per lo sfinimento. Salirono diversi piani del palazzo grazie agli ascensori ed entrò assieme al nauhea in una capsula particolamente elaborata, decorata esternamente con viticci floreali e dorati in rilievo.

L'autista, un androide dai lineamenti appiattiti, fece partire il veicolo lungo la linea arcanolitica non appena l'imperatore e il suo mokai presero posto. La stanchezza fece appisolare l'umano, che si svegliò solo quando l'aria decisamente fresca dell'esterno penetrò dal portellone che scivolava di lato. Davanti a lui c'era lo spazio d'approdo interno di un'astronave, riservato alle capsule. Aveva già viaggiato su quelle navi spaziali semi senzienti e, al ricordo, rabbrividì. Toccare qualunque superficie della nave, una paratia, un pavimento, qualunque spazio direttamente collegato a lei gli trasmetteva le emozioni di quella... bestia.

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