-17- Le porte dell'universo

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«Ho bisogno che lo facciate. I dati chiave sono lì, lo sento, e sono gli unici incompleti che mi rimangono. Sono certa che il modo per capire come aprire quelle parte sia lì!» Hine guardava infervorata Waiti e Aronui, seduti davanti a lei nella saletta vuota. L'ex militare non mostrava nulla sul viso se non attenzione per le parole della scienziata, mentre l'ex mokai, pallido, era infuriato. Sbatté con ira le mani guantate sul tavolo e si trattenne a stento dal saltare alla gola della nauhea, calma, davanti a lui.
«Scordatelo! Io non mi farò fare niente del genere!»
«Non è nulla di nuovo, o di diverso da quello che hai sperimentato, solo ti chiedo l'abbandono totale per non falsare i dati.» senza capire il motivo per cui quel mokai la facesse tanto lunga guardò Waiti, sperando di trovare in lui un alleato per farlo collaborare, e si rivolse direttamente a lui, ignorando Aronui «Se si oppone agli innesti, se lotta, falsa i dati e non dà loro la possibilità di agire. Quando agli inizi non si opponeva, creando una specie di resistenza, avevo intravisto delle informazioni e degli sviluppi, ma complice la sua inesperienza e poi il successivo subentro di quella parte minima di controllo che esercita ormai sugli innesti, i dati non sono più stati attendibili. Diglielo tu, che deve collaborare.»
«Diglielo tu un cazzo!» esplose 'Nui «Sono qua, davanti a te, e se parli di me lo fai con me! E sono io il padrone della mia vita, stronza! Non sono più il mokai di nessuno e nessuno ha il diritto di darmi ordini, nessuno! Se vuoi che faccia qualcosa parla a me, non a lui!»
«Lo sto facendo da un'ora, ma la tua cocciutaggine supera il buon senso!» la donna alzò la voce. Non era irata, non aveva perso il controllo, ma era la cosa più simile alla rabbia che si potesse vedere in un nauhea «Finché ti opponi agli innesti non posso verificare se effettivamente si nutrano di quelle energie lasciate libere, se influiscono o meno e in che modo sui tuoi parametri. Non posso assolutamente capire, con i dati così falsati.
«Quando avevo iniziato a studiare le tue reazioni i dati erano chiari: se stimolati e lasciati liberi da ogni limitazione, gli innesti accumulavano energia psichica per un breve lasso di tempo, disperdendosi man man tornavi in te e svanendo del tutto dopo un lasso di tempo direttamente proporzionale all'energia accumulata. Ma la quantità di energia che rimane in deposito, con il controllo diventa irrisoria. Capisci o no l'importanza della cosa? I tuoi innesti potrebbero aver sviluppato, per bilanciare il tuo talento, la capacità di immagazzinare energia, e tu potresti attingere a essa e riuscire ad aprire le porte!»
Le mani posate sul bordo del tavolo, Hine rimase in silenzio, fissando quell'umano sciocco e testardo. Waiti, il viso a sua volta distante, sfiorò la spalla del compagno, attirandone l'attenzione.
«Dovresti farlo.»
«Dovrei?» sibilò con rabbia tra i denti stretti «Tu non hai idea di quello che voglia dire, per me, quello! Lasciarmi andare del tutto a... quello! Non sono un cazzo di animale! Non sono la vostra cazzo di cavia! Essere solo... c'è solo... No! E a te va bene?» quasi lo urlò, furibondo e, sotto quell'aspetto irato, spaventato «Fottiti!»
Si alzò di slancio, ma la mano del militare scattò, afferrandogli il braccio.
«Dobbiamo trovare una soluzione. Pensaci, almeno...»
«Credo abbia paura, o qualcosa del genere;» il tono di disprezzo della scienziata fece arrossire di rabbia Aronui «del resto è solo un mokai, no? Può dire quello che vuole, ma ha paura e scappa come fanno loro. Non è vero che è libero.»
Con un movimento furioso Aronui si lanciò verso la donna, ma la presa sul suo braccio lo trattenne e in silenzio la fissò, ansimando di rabbia. La odiava, la detestava.
Aveva capito che aveva una fottuta paura di lasciarsi andare, fin da subito aveva lottato contro quello, imponendosi di conservare qualcosa di sé. Di non essere solo un animale supplicante e libidinoso, disposto a qualunque cosa per essere appagato e appagare. Era umiliante, era spaventoso.
Fece un passo indietro e si scrollò di dosso la presa di Waiti, che lo teneva d'occhio.
«Dillo un'altra volta, una sola, e io ti ammazzo,» il tono era talmente pieno di rabbia che le parole sembravano uscire come colpi dalle sue labbra «sono stato chiaro?» Hine si strinse nelle spalle, annuì, e Aronui riprese a parlare «Lo farò, vedi di non averne bisogno altre volte di questi dati.»
«Andiamo nel mio laboratorio, allora.»
«Adesso?» la nauhea lo fissò, annuendo.
«Avete altro da fare?»
Senza replicare 'Nui strinse le labbra, pallido, guardando il compagno che sembrava scolpito in una statua. Odiava quando non capiva cosa pensava, quando tornava a essere così... nauhea. Seguirono la donna nella stanza che avevano attrezzato come laboratorio per lei e, una volta dentro, la scienziata iniziò ad attivare vari congegni. Prese alcuni minuscoli trasmettitori medici e si avvicinò all'umano.
«Togliti la maglia, devo mettere questi... è un'attrezzatura antiquata, ma fa il suo dovere.»
Dopo un attimo di esitazione 'Nui si spogliò, togliendosi le maglie che indossava, larghe, in modo che non ci fosse rischio di essere toccato. Si tolse anche i guanti e rimase immobile, l'aria rabbiosa, mentre la nauhea sistemava quei minuscoli trasmettitori accanto alla sua entrata cervicale. Simili a macchie poco più grandi di nei dalla consistenza gelatinosa, si aggrapparono alla sua pelle entrando in risonanza con lui e raccogliendo dati anche dalla parte tecnologica umana dell'innesto.
La mano di Waiti gli si posò sulla spalla e Aronui capì: si sentiva a disagio e si era trincerato dietro quella facciata priva di emozioni, non capendo quello che provava lo stava accantonando. Per un solo istante desiderò di poter parlare telepaticamente con l'altro, ma non aveva quella capacità, quindi si limitò a guardarlo per un lungo istante, un silenzio carico che sembrò quietare entrambi.
«Gli strumenti sono in linea, inizia a stimolare gli innesti Waiti. Non opporti, Aronui.»
Con le labbra strette fissò con una buona dose d'odio la donna, ma se aveva ragione avrebbe finalmente risolto il problema, eliminando le conseguenze di quei tentativi e non rischiando più la morte ogni volta che cercava di aprire una porta.
La mano di Waiti gli scivolò in una carezza lungo la schiena e lui gemette, scariche di piacere che subitanee avevano preso a scorrergli lungo la pelle, sentendosi immediatamente eccitato. Quella specie di protezione che aveva imparato a erigere per non essere completamente dominato dagli innesti scattò: la mano dell'ex militare continuava ad accarezzarlo, dolce e insistente, ma una parte di lui, caparbia, rimaneva lucida. Aveva faticato per anni per erigere una barriera così solida, per non essere solo un animale da monta, un lussurioso schiavo che si contorceva tra le mani del padrone, e ora doveva buttare giù tutto.
Voleva urlare di frustrazione, di rabbia, di piacere...
Sentì le gambe molli e si aggrappò al soldato, intrecciando le dita dietro al collo dell'altro, gli occhi che iniziavano a diventare liquidi di passione, accesi dal desiderio e il corpo che fremeva, tremava, cercava il contatto quasi con disperazione. Eppure, in un angolo riparato, in un'isola che era una fortezza, qualcosa di lui perdurava.
Un Aronui caparbio, cocciuto, orgoglioso, l'umano che aveva dovuto ricorrere a quello stratagemma per sopravvivere e non essere solo un mokai, uno schiavo, un animale che leccava la mano di Rangatira.
«Stai falsando i dati!»
Tremò, ma non era solo piacere. Attraverso quella nebbia densa le parole della scienziata gli ero arrivate e si fece violenza mettendo mano a quella barriera, a quel muro fragile e solido allo stesso tempo, spingendo.
Abbatterlo voleva dire tornare a essere solo una creatura che cercava piacere senza neppure un briciolo di coscienza, ma davanti a lui c'era Waiti, si fidava di lui. Non era Rangatira e neppure un degli innumerevoli clienti che aveva scelto o gli erano stati imposti. Era un amico, una persona fidata, forse l'unica di cui si fosse mai fidato davvero e si abbandonò, abbattendo quella protezione costruita a fatica attorno al suo nucleo cosciente.
Immediatamente un gemito di passione profondo, traboccante lussuria, uscì dalle labbra di Aronui che cercò la bocca di Waiti. Un bacio lungo, umido e sensuale eccitò il soldato come nulla prima, che deglutì, continuando ad accarezzare quell'arabesco d'innesti sulla schiena dell'altro, seguendolo con dita delicate, percependo il tremore dell'umano e il suo desiderio.
In preda alla passione, Aronui iniziò a cercare il sesso dell'altro, disperatamente bisogno di soddisfare ed essere soddisfatto, ma il soldato lo bloccò, fissando Hine.
«Non puoi volere che mi spinga fino a questo.»
La scienziata alzò gli occhi dallo schermo, i sottili fili di connessione che le entravano direttamente nella pelle ai lati del volto.
«Credi sia la prima volta che assisto? Ci sono state davvero poche cose che Aronui ha fatto che non sono state monitorate, anche assieme a te. So perfettamente come sei fatto, ma se non vuoi che ti soddisfi non è un mio problema, non mi serve quella parte per registrare i dati che mi interessano, mi basta che accumuli energia non che raggiunga l'orgasmo.»
Tornò a concentrarsi sul flusso che le giungeva dalla strumentazione, mentre Waiti stringeva le labbra, provando un moto di irritazione che non era certo nauhea. Era certo che Aronui non avrebbe voluto che la donna vedesse anche quello, almeno non direttamente, non così.
Sotto le sue mani l'umano gemette, strofinandosi contro di lui e riempiendolo di delicati baci lungo il collo e le orecchie, passando le dita sul suo petto.
Aronui aveva infilato le mani dentro la camicia dell'altro, accarezzandolo, e Waiti si sentì tremare per il piacere, ma non avrebbe fatto nulla davanti alla scienziata, decise. Non sarebbe stato piacevole trattenersi e costringere l'altro all'insoddisfazione, ma non era utile ai fini dei dati che doveva raccogliere e sapeva che, una volta in sé, l'amico l'avrebbe trovato umiliante.
Resistere era sempre più difficile e vedeva che anche per Aronui quella continua stimolazione cominciava ad avvicinarsi alla tortura. Lo allontanò da sé, perdendosi nella contemplazione di quegli occhi dalle pupille talmente dilatate dal desiderio da aver ridotto l'iride viola a una sottile linea attorno a essa.
«No, non mi toccare... non qua.» gli disse e la confusione apparve negli occhi dell'altro, che lo ignorò, cercando di nuovo di aprirgli i pantaloni. Afferrandogli i polsi e trattenendoli, Waiti spinse Aronui contro il muro, girandolo con la schiena verso di sé, continuando imperterrito in quella che, lo sapeva, era una tortura per l'altro. Aronui iniziò a gemere quasi disperatamente, dimenandosi, quando le labbra di Waiti iniziarono a percorrere la pelle all'altezza della colonna vertebrale, sfiorandola in piccoli tocchi umidi.
Gettando indietro la testa 'Nui s'inarcò, la sua voce che esprimeva tutta la frustrazione e la supplica, implorante senza parole, in preda al piacere come solo anni addietro gli accadeva, in balia delle sensazioni, lussurioso. Disperava di avere soddisfazione, strusciava i fianchi cercando il contatto con l'altro, eccitandolo, ansimando, e improvvisamente la sua mente vacillò; passato e presente si fusero mentre il piacere diventava solo tortura.
I suoi sensi erano sovraccarichi, ansimava, gridava e gemeva, cercando disperatamente di sfuggire alla presa di Waiti. Non volendo fare male all'altro la forza usata non era troppa, le dita non erano troppo strettamente serrate e, con un gesto più violento degli altri, Aronui si liberò, girandosi e afferrando l'altro per le spalle, tentando di atterrarlo. Il bisogno di sesso lo rendeva animalesco, cieco, incapace di capire e lottò con Waiti che disperava di immobilizzarlo senza fargli del male.
«Ordinagli di stare al suo posto»
Quasi annoiata, la voce di Hine intervenne. La donna osservava quello che era stato uno degli esempi di nauhea, la gemma più brillante del plotone makau, ridotto dalle emozioni a... quello. Un essere indegno di appartenere alla loro razza.
«No!»
«Se continui così gli romperai qualche osso, è fragile rispetto a te. Ordinagli di ubbidirti, è pur sempre un mokai, può dire quello che vuole ma ha passato metà della sua vita a obbedire, fa parte di lui.»
L'avrebbe odiato, Waiti ne era certo: Aronui l'avrebbe odiato, ma la scienziata aveva ragione. Controllare la sua forza non bastava, erano i movimenti stessi dell'altro che potevano recargli danno.
«Fermati!» in un innegabile tono di comando si rivolse all'altro, che si bloccò, fissandolo «Non toccarmi senza il mio permesso, sono stato chiaro?»
L'umano si fermò, fissandolo, e lo sguardo divenne ancora più vitreo mentre il tremore del corpo si intensificava visibilmente. Qualcosa cambiò in Aronui e un velo calò sui suoi occhi già assenti, come se non fosse già più per davvero lì. Si lasciò cadere in ginocchio, abbassando il capo davanti a lui: la posizione di un mokai con il suo padrone.
«Chiedo perdono, matua.» disse a fatica, la passione che lo scuoteva e il bisogno fisico che lo sommergeva.
«Alzati, appoggiati con le mani al muro e non provare più a toccarmi.»
«Come matua ordina.»
Remissivo, docile, Aronui obbedì, gemendo così forte da sembrare più un grido di disperato bisogno quando le mani e le labbra di Waiti tornarono a toccarlo. Le gambe a stento lo sorreggevano e notando la sua instabilità Waiti lo puntellò con il suo corpo. Sapeva che ormai per l'altro quella era una tortura, un tormento che negli anni gli era stato inflitto più e più volte. Nella mente del soldato emersero immagini dal passato, mentre uno schiacciante sentimento sembrava pronto a spezzargli il respiro se solo gli avesse permesso di prendere forma. Guardò la scienziata, disperando in un cenno che lo liberasse, e liberasse l'altro, da tutto quello, ma pareva che i dati non fossero ancora sufficienti dai segnali che Hine gli faceva.
Silenziosamente gli diceva di continuare a stimolare quegli innesti e Waiti strinse i denti, chiudendo completamente la mente all'altro in un tentativo disperato di proteggere se stesso e l'amico. Sentire quel desiderio inappagato così violento da essere doloroso e la mente confusa di Aronui, senza percepire il cuore del suo essere senziente, lo turbava fin nel profondo. Inoltre rendersi conto, anche se a un livello molto vago, di come avrebbe reagito una volta in sé l'altro, lo stava disturbando in modo troppo complesso perché volesse davvero approfondire.
Quello che faceva era parte del suo dovere e l'altro aveva accettato di sottoporsi a quel test, anche se di malavoglia. Strinse i denti e prese un profondo respiro, ricominciando a tormentare l'umano con metodica efficienza.
Baciò la pelle tra le scapole, mordicchiandola, il ginocchio tra le gambe dell'altro che lo sosteneva mentre aggrappato al muro gemeva, immobile, ubbidendo a un ordine in modo animale e istintivo.
«Matua...» gemette implorante, disperato, gli occhi dilatati e la bocca ansimante umida, aperta e invitante «ti supplico, matua, ti prego...» un grido di dolore e passione, mentre si irrigidiva, scendendo con una mano sul suo stesso sesso «Matua, posso? Ho il permesso?»
«No.»
Stringendo i denti Waiti scostò la mano del ragazzo, che era sull'orlo delle lacrime. Negargli di soddisfarsi era crudele, ma una volta in sé era certo avrebbe apprezzato non averlo fatto davanti a Hine «I dati? Bastano o no?» chiese alla scienziata, il tono glaciale venato di una rabbia per lui non comprensibile, non del tutto.
«Ancora alcuni minuti, Waiti. Continua a stimolarlo, sta succedendo qualcosa... in questo stato allucinatorio è completamente privo di vincoli, e i risultati sono sorprendenti!»
Afferrando i polsi di Aronui li inchiodò con la pressione della mano al muro, sopra la sua testa, continuando con l'arto libero ad accarezzare quella schiena tesa e sudata, tremante. Piccole goccioline fremevano su quella pelle, minuscole cupole che sembravano illuminarsi nel passare sopra gli innesti, sul vaghissimo argenteo bagliore che ora li riempiva. La pelle in quella zona era quasi traslucida e mentre la voce dell'umano saliva e cresceva, ormai simile a grida di dolore più che di piacere, Waiti stentava a controllarsi.
Lo desiderava, era impossibile non farlo mentre lo supplicava di essere soddisfatto, di soddisfarlo. Voleva solamente servirlo e appagarlo, accoglierlo in sé. Tutto in Aronui era teso allo spasimo, i nervi che sembravano intenzionati a saltare fuori dalla pelle. Waiti tocco e baciò, ignorando le suppliche, le grida e i lamenti, le lacrime che infine giunsero scorrendo copiose su quel volto folle di desiderio, assieme alle preghiere.
«Fatto!» esclamò in tono soddisfatto la scienziata e Waiti non attese oltre.
Si caricò in spalla Aronui, uscendo dalla stanza e portandolo nella loro stanza, correndo tra i corridoi fortunatamente vuoti. Lo lasciò cadere sul letto, spogliandosi con foga, quasi stappandosi i vestiti di dosso, frenetico.
Afferrò per le spalle Aronui, baciandolo, abbassandogli i pantaloni mentre l'umano si trusciava languidamente contro di lui gemendo, quasi disperato, alla ricerca della soddisfazione che gli era negata e capendo che finalmente era giunto il momento, che non sarebbe stato torturato ulteriormente. Lo strinse a sé per un istante, sentendo le mani dell'altro avvinghiarsi a lui.
«Matua, ti prego...» un sussurro roco, miserabile, che non sembrava neppure provenire da 'Nui.
«Scusami,» sussurrò Waiti, aprendo le gambe dell'altro che gli si offrì alzando il bacino, le dita avvinghiate alle lenzuola e lo sguardo che, il nauhea lo sapeva, non stava vedendo lui «sei libero dagli ordini, Aronui. Puoi soddisfare il tuo desiderio.»
Con uno scatto la mano del ragazzo corse al proprio sesso, gonfio, talmente costretto dalla volontà a reprimere il naturale conseguimento di quelle stimolazioni da risultare più che dolorante. Waiti mise sulle labbra dell'altro due dita, che le leccò mentre si masturbava, mugolando di piacere e continuando a offrirsi, disperando quel contatto. Con un grido l'apice del godimento trovò lo sfogo e Aronui ansimò, appagato, ma non ancora abbastanza per colpa degli innesti. Afferrò il polso di Waiti, succhiando le dita con voluttà, passando la lingua lungo le falangi e guardandolo attraverso le ciglia abbassate. Nella sua mente stava rivivendo altro, il viso di Rangatira si era sovrapposto a quello di Waiti e l'obbedienza che gli era stata inculcata con l'umiliazione, le punizioni, il terrore era venuta a galla. Così come il comportamento che gli era stato insegnato a tenere con quel padrone dominante e crudele, che amava assaporare il suo dolore e la sua umiliazione.
«Matua,» sussurrò portando quelle dita bagnate verso il basso, supplicando con gli occhi e con la voce, tremante, quasi spaventate, succube di quello che vedeva per quanto fasullo «vi prego!»
Waiti strinse le labbra e trattenne ancora una volta le emozioni, l'ondata di colpa e disgusto di sé che rischiava di sommergerlo. Hine aveva parlato di stato allucinatorio e lui non faticava a immaginare cosa stesse vedendo l'altro nella sua mente. Accontentando sia l'altro che se stesso penetrò con le dita quella carne in fremente attesa, dovette prepararlo per poco, incapace di attendere oltre. Tolse le falangi e si spinse dentro Aronui, cercando di non causargli inutilmente dolore. La calda accoglienza, la stretta di quella carne, sembrava quasi diversa mentre le gambe dell'umano si allacciavano attorno ai suoi fianchi, spingendosi contro la sua erezione in un'insaziabile fame. Offrendosi completamente, la schiena inarcata e il capo abbandonato sul cuscino, Waiti lo trovò ancora più bello. Gli accarezzò i serici capelli candidi, il volto, le labbra, infine scese sul sesso dell'altro, masturbandolo mentre si muoveva in lui in lunghe spinte regolari, la frizione che lasciava lunghe tempeste di puro piacere nel suo corpo. Si mosse con tutto il controllo che possedeva, cercando di soddisfare il più possibile 'Nui, conscio di come dopo quella quantità di stimolazione avesse bisogno di un appagamento più profondo. Con un nuovo gemito pieno di lussurioso e godurioso piacere, l'umano raggiunse nuovamente l'orgasmo e ormai al limite Waiti non riuscì più a trattenersi. Le spinte divennero più veloci e ravvicinate, incalzanti, mente il suo volto veniva attraversato dal piacere e il suo desiderio appagato. Si svuotò nell'altro, prendendo poi fiato, guardandolo con quello che pensava essere amore.
«Potrai mai perdonarmi?» gli disse a mezza voce, uscendo da quell'accogliente calore per distendersi al suo fianco, guadando gli occhi appannati dalla stanchezza di Aronui. «Dormi, adesso...» disse, sperando che, una volta riposato, l'equilibrio della mente del ragazzo si sarebbe naturalmente ristabilito.
Fissando il soffitto e stringendo a sé il corpo del compagno, il nauhea sospirò, lasciando che le emozioni che aveva represso emergessero in parte, cercando di capire. Sentiva quella che poteva chiamare colpa: quando aveva capito che Aronui in lui stava vedendo Rangatira, e che stava probabilmente rivivendo i primissimi anni a palazzo e quelle torture mirate a spezzarlo, si era sentito stringere lo stomaco. Lasciare che indugiasse in quelle allucinazioni gli era costato moltissimo. Probabilmente era stato il modo in cui aveva perso il controllo, cosa che per l'altro era fondamentale, a calarlo in quello stato: una specie di estrema difesa. Forse.
Senza giungere a nessuna conclusione attese in silenzio, fino a quando, alcune ore dopo, Aronui stretto contro il suo fianco si mosse, gemendo piano.
«Che cazzo... mi sento a pezzi mi fa male tutto!» borbottò a mezza voce, sollevando il capo e guardando Waiti. Lo fissò, poi sbattendo gli occhi impallidì di colpo. «Non è un sogno, non lo ho sognato, giusto?»
L'altro scosse negativamente il capo, lentamente, incerto.
«No. Ma dipende da cosa hai sognato, o credi di aver sognato.»
«Ti ho scambiato per Rangatira,» disse con un filo di voce, senza distogliere lo sguardo da Waiti «ti chiamavo matua. E tu... tu hai dato retta a Hine e mi hai dato degli ordini!» concluse con tono più marcato, ferito e irato. Aronui emise un verso che era a metà tra un gemito e un ringhio, coprendosi gli occhi con l'avambraccio. «Allora quella puttana ha ragione quando dice che sarò sempre un mokai.»
«No!» Waiti scostò il braccio dell'altro, guardandolo negli occhi «Eri in preda a un'allucinazione, non eri cosciente!»
Aronui non rispose, limitandosi a dare le spalle all'altro, sperando che quel sacrificio non fosse inutile.

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