-8- Il prezzo di un'omissione

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Salve a tutti!

Spero questa storia vi stia piacendo, se vi va di dirmi la vostra mi farebbe piacere!


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I giorni passavano pigri in quel pianeta assolato e rovente e Aronui, solo per la quasi totalità del tempo negli appartamenti riservati all'imperatore, dormiva più che poteva.

Benedisse ogni minuto di solitudine che gli era concessa; li usava per abbandonarsi al sonno, alla pigrizia, al placido abbandonarsi alla musica o al nulla.

Da quando era tornato in quella dimensione la solitudine e il riposo erano stati un'utopia e ne aveva sentito la mancanza. L'imperatore lo sfruttava, probabilmente convinto che l'uso intensivo del suo potere l'aiutasse a capirlo e a scoprire il modo in cui influenzava i portali, ma l'unica cosa che stava ottenendo era sfinirlo.

Si raggomitolò nel nido di cuscini ai piedi del grande letto, osservando indolente i disegni ancora perfetti che gli ornavano la pelle e il soffitto decorato da intricate volute azzurre e verdi. Aveva presenziato, silenzioso e ubbidiente, ad alcune formalità che quel matrimonio richiedeva: a quanto pareva erano festeggiamenti che duravano moltissimi giorni sia prima che dopo la cerimonia stessa. Gli accordi da stipulare e sottoscrivere prima, seguire alcune antiche usanze di entrambe le discendenze, la festa vera e propria...

E lì, su quel pianeta, sembrava che la fretta non esistesse. Tutto scorreva lento sotto i due soli rossi, tutto era vissuto in apparenza al rallentatore.

Ma sapeva che la sua quiete stava per finire: entro poche ore ci sarebbe stata la cerimonia vera e propria seguito dal primo di molti banchetti e Rangatira era stato chiaro, con lui. Da quel momento in poi sarebbe rimasto al suo fianco, sfiorano ogni superficie e cercando qualunque indizio di potenziali problemi e malcontento tra i ministri invitati.

Sbuffò tra sé.

Sapeva già che lo scontento dilagava sotto la superficie di placida calma che lì, ingannevole, copriva ogni cosa. Aveva anche già detto le impressioni, per ora vaghe, che aveva ricevuto. Ma a quanto pareva non era ancora abbastanza, non per l'imperatore.

Si rigirò, indolente e di pessimo umore, tra i soffici guanciali freschi ringraziando la climatizzazione di quella zona: quando ne usciva la frase "aver caldo" assumeva nuovi significati. Come "sciogliersi" e "sentirsi morire"...

Si appisolò, nonostante tutto, e venne svegliato da una mano che gli scuoteva la spalla. L'ansia che quel tocco gli comunicò, anche se la percepiva a malapena, bastò a farlo sentire a disagio mentre guardava quella giovane intendente, nativa del pianeta.

In un viso che appariva privo di naso e con gli occhi enormi, dalle pupille verticali, un decoro metallico, geometrico, faceva mostra di sé. Non era il primo che vedeva e Aronui non era riuscito a capire se fosse una specie di innesto o un elemento decorativo di qualche genere.

«Seguimi» disse con una voce acuta e sottile, quasi fastidiosa «sei richiesto.»

Si alzò, seguendo quella figura a cui non riusciva con troppa certezza ad assegnare un sesso, ma che pensava essere femminile per via della voce. Coperta dagli abiti di corte, strati di sottile e ampio tessuto che partivano sotto le braccia, stretti da delle fasce, lo guidò lungo i corridoi di quel palazzo sotterraneo, dove la pietra faceva da padrona in sfumature e colori che non aveva mai pensato possibili.

Salirono con gli ascensori fino al livello del suolo e già Aronui rimpiangeva gli appartamenti da cui aveva dovuto allontanarsi. I due soli erano quasi al tramonto, in quel pianeta dove l'oscurità completa durava al massimo una manciata di ore, era stato scelto il periodo dell'anno dove i due astri erano quasi sincronizzati. Precedendolo lungo i confini delle centinaia di persone lì riunite per il matrimonio, sotto enormi padiglioni di pietra e tela, che sembravano elevarsi senza peso in forme elegantemente ritorte, l'intendente lo portò alla piattaforma riservata a Rangatira e ai pochi più alti funzionari del suo seguito.

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