-9- Emozioni

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E così, Rangatira voleva che si infiltrasse nelle schiere dei ribelli con Aronui. Pensava che i loro poteri psichici così fuori dalla norma, assieme, potessero aggirare ogni ostacolo. Credeva nella completa, assoluta e cieca lealtà nei confronti della sua persona e ne aveva tutte le ragioni.

Lo credeva davvero, però?

Quella domanda non faceva altro che pungolarlo dai confini della sua mente, contaminando ogni pensiero di dubbi e paure che faticava a mettere da parte.

Il problema era, però, che Waiti non era fedele... non completamente almeno, non con tutto il suo essere. Il soldato sospirò appena, procedendo con passo rapido verso l'harem dove trovò Aponea. La donna, in carica della gestione dei mokai dell'imperatore, lo accolse e, nonostante il suo viso assolutamente placido, sereno e calmo, Waiti percepì la sua inquietudine.

«Avete ordini dall'imperatore?» la voce dolce e flautata dell'umana lo raggiunse, distraendolo dall'analisi delle emozioni che gli giungevano.

«Sono venuto a prendere Aronui, Aponea. Portatemelo qua.» Un'ondata di panico toccò la mente del soldato, che fissò con durezza la mokai.

«Credo che ci metterò qualche momento a trovarlo...» il tono era come sempre il più calmo che si potesse immaginare, ma Waiti strinse appena le labbra, certo che gli nascondesse qualcosa. Un non so che nelle percezioni che gli giungevano dalla donna lo mise in allerta, convincendolo che stesse succedendo qualcosa che sicuramente, almeno secondo Aponea, non gli sarebbe piaciuto.

«No, ho cambiato idea,» la donna si zittì, impallidendo appena «portami subito da lui.» lei arretrò, aveva visto qualcosa, in quello sguardo, che l'aveva terrorizzata.

«Aronui è...» deglutì, a disagio e spaventata sotto quella maschera serafica che però si stava incrinando «Matua ha deciso di punirlo, al momento stanno... ubbidendo agli ordini.»

«Non interferirò, gli ordini dell'imperatore sono legge,» ringhiò «però ora portami da lui.» Rangatira voleva che si mostrasse emotivo, no? Lo stava accontentando anche prima del previsto, pensò con una certa ironia.

«Seguitemi, allora.» lo scontento di lei divenne un soffio molesto contro la sua mente, ma lui l'ignorò, seguendola lungo quelle stanze dove alloggiavano i mokai personali dell'imperatore, senza mostrare nulla nel viso dei pensieri che in lui si inseguivano. Ne incrociarono alcuni, maschi e femmine, che occupavano il tempo in modi fantasiosi e che non gli sembrava neppure di capire. Ma quando sentì i gemiti di Aronui, la rabbia e la disperazione miste a mille altre emozioni che da lui gli giungevano, Waiti non poté fare a meno di stringere per un istante i pugni.

Erano sì, versi di piacere, ma erano in qualche modo diversi. Aponea aprì una porta e dalla soglia, immobile, osservò la scena davanti a lui.

Su una grande piattaforma letto vide Aronui, di spalle e con i polsi assicurati da sottili corde a qualcosa davanti a lui che Waiti non poteva vedere, che spezzava imprecazioni colorite con gemiti pieni di desiderio, lascivi. Malediceva i tre che lo attorniavano e che non sembravano, pur avendo visto Waiti, intenzionati a sospendere quello che facevano o dargli il minimo peso.

Il militare riconobbe Shagit, gli altri due mokai gli erano sconosciuti.

«Basta!» era sia una supplica che un ordine pronunciato con voce roca e spezzata, disperata. Aronui lo disse quasi gridando, dimenandosi mentre le mani dei tre stuzzicavano l'innesto sulla sua schiena con carezze e baci, mentre a turno lo prendevano.

«Quanto deve durare, ancora?» Waiti chiese in tono neutro ad Aponea, che era rimasta qualche passo indietro.

«Matua ha ordinato che, fino a quando non supplicherà, fino a quando non pregherà e si umilierà chiedendo di smettere, dovranno continuare.» Visto che Aronui era decisamente cocciuto, Waiti era certo non avrebbe ceduto facilmente, anche se in quel basta aveva percepito quanto vicino fosse alla supplica pura.

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