-18- L'uomo e la bambina

82 4 5
                                    

«Credo sia perché sono entrambi empati.»
«Ho un po' di empatia anche io, sai?» sbottò in risposta Aronui e Kiuma sbuffò.
«Non sei nauhea, non puoi capire.»
A quelle parole l'umano fissò con una certa rabbia l'altro che alzò le mani in segno di pace, guardando sua sorella e Waiti, poco lontano, che giocavano. Sì, era quasi morto per ila sorpresa la prima volta che li aveva visti, ma quei due giocavano assieme, o meglio, Rakara aveva convinto l'altro a giocare con lei, ma ci aveva messo davvero poco.
«No, non sono un nauhea e sai, non mi dispiace affatto!» sibilò «Ne ho conosciuti troppi di voi.»
«Ma noi siamo i reietti della razza, quelli che sentono le emozioni e le vogliono vivere. Sentire le tue emozioni o quelle di una bambina nauhea è diverso, 'Nui, cerca di non essere geloso...»
«Geloso?» scandì, fissando l'altro che lo fissò negli occhi, serio, e infine a distogliere lo sguardo per primo fu l'umano «Qualcosa del genere, forse.» brontolò guardando la scena davanti a lui.
Dentro una serie di altissime gallerie abbandonate dalle pareti colme di speroni rocciosi, Waiti saltava da uno all'altro tenendo la ragazzina stretta a sé. L'aveva presa sotto le braccia, tenendole la schiena premuta contro il corpo, e lei rideva, ordinandogli perentoria "più in alto!" a ogni salto.
Tutto era cominciato fin dal primo giorno, forse a causa delle doti empatiche e del fatto che nessuno dei due reprimeva le emozioni, il soldato e la bambina avevano stretto un legame strano. Waiti apparisse perennemente stupefatto quando era con lei: sembrava nutrirsi di quelle emozioni semplici e direte, senza sotterfugi, limpide. E Rakara, di contro, aveva coronato il sogno di conoscere il suo idolo, per poi trovare in lui una specie di secondo fratello. Erano inseparabili: la mattina appena sveglio sentiva bussare: la ragazzina era già fuori dalla loro porta che li aspettava, prendeva la mano di Waiti e scendeva con loro a fare colazione.
Se c'era Waiti, c'era lei, la sua ombra. E il soldato sembrava gradire immensamente quella presenza. Quando 'Nui gli aveva chiesto come mai stesse così bene con lei, aveva ricevuto uno sguardo perplesso. Solo dopo molti minuti aveva ricevuto una risposta, per altro insoddisfacente. "Non lo so, non lo capisco... è come se attraverso di lei capissi finalmente me stesso. Ora le emozioni, i sentimenti che provo, hanno un senso... logico".
Forse Kiuma aveva ragione, in un certo senso era geloso, con lui non era mai stato così aperto, ma i sui sentimenti non erano semplici e diretti, poteva non dimostrare la sua età, ma non era più bambino da un pezzo. Forse era quello che aveva reso difficile capirsi l'un l'altro. Waiti era come un bimbo che aveva appena imparato a leggere e davanti aveva solo un testo complicato, lui stesso, mentre ora poteva fare pratica con un libro scritto con un linguaggio più semplice che poteva leggere con molta più facilità, capendolo meglio.
Quindi è colpa mia, si disse appoggiandosi a muro dietro di lui, sono io a essere troppo difficile da capire. Ora però dovrebbe iniziare a decifrare anche cose più complesse, si disse stizzito.
Osservò quasi annoiato le evoluzioni del militare. Un corpo potenziato, sensi ed equilibrio portati a livelli superiori, e li usava per far fare acrobazie aeree alla bambina.
«Se si diverte così...» disse a mezza voce, spostandosi e guardando Kiuma «io qua non servo, aspettali tu. Quella troia di Hine vuole fare dei nuovi test, prima ci vado, prima mi tolgo il pensiero.»
«Ci sono novità?»
«Se sai già che posso accumulare energia, ma che non so come arrivarci per usarla, non ci sono novità.»
Il nauhea annuì, il viso serio, e Aronui s'incamminò. Quelle gallerie abbandonate erano state rese parte integrante della zona usata dai ribelli: grazie ai residui minerari erano schermate, ma ormai impoverite di vene, erano state chiuse. Le avevano riaperte, collegandole con una serie di nuovi tunnel, rendendole zone di addestramento e alloggio per chi si era unito a loro e aveva un ruolo attivo. Aronui sapeva che si stavano preparando a una serie di attacchi seri e mirati, usando le tecniche di guerriglia e i piani di Waiti. Avevano già attaccato delle strutture minori cercando di spostarsi il più possibile distanti dalla base centrale, in modo da non attirare attenzione su quel mondo. Pur essendo nominalmente controllato dai nauhea era sostanzialmente un mondo anarchico: al di fuori della zona riservata a quella razza e delle miniere, ognuno faceva quello che voleva, finché non causava problemi tali da attirare l'attenzione.
Aveva assistito ad alcune delle lezioni di addestramento che teneva il nauhea, ricordando quando insegnava a lui stesso alcune di quelle mosse. Aveva anche partecipato, marginalmente, a patto di dover toccare solo Waiti.
Questa cosa della psicometria sta diventando sempre di più una fottuta noia, tra un po' dovrò imparare a fluttuare, pensò irritato a quel ricordo. Anche con i guanti aveva problemi a toccare le persone, ormai. Gli oggetti erano sempre più complessi da maneggiare e dover afferrare qualcosa era sempre una difficoltà. Doveva continuamente rinforzare le sue schermature e solo a quel punto, per un breve periodo, poteva toccare quasi normalmente persone e cose.
Prima, quando la psicometria quasi non funzionava con le persone, era decisamente meglio, anche perché ora toccando qualcuno veniva investito dalle sue emozioni, se non stava attento.
Attraversò i tunnel per tornare all'edificio che ospitava il laboratorio, situato sopra il locale, incrociando diverse decine di ribelli. Pochissimi tra loro erano nauhea, ma solo il fatto che qualcuno ce ne fosse dimostrava quanto il potere di Rangatira, in realtà, non fosse così assoluto. Sospirando e salendo di malavoglia le scale entrò nel laboratorio, la porta che si era automaticamente aperta davanti a lui.
La scienziata non alzò lo sguardo dalle colture che stava esaminando per lunghi minuti, che lui usò per guardarsi in giro. Sembrava quasi un vivaio, ora, quella grossa stanza. Ma non erano piante normali, lui lo sapeva, era il modo in cui procedevano le ricerche della donna. Non ci capiva assolutamente nulla, se non che stava tentando diverse strade per capire come potesse sfruttare l'energia accumulata.
Dopo un po', stanco di aspettare, fissò la scienziata con aria annoiata.
«Hai intenzione di fare qualcosa, o devo tornare un'altra volta?»
Senza distogliere lo sguardo dalla pianta simile a una felce di un viola brillate che stava analizzando, lei rispose «Hai abbastanza energia accumulata per fare una prova o è come ieri?»
Aronui arrossì e sbuffò.
«Dovrebbe. Ieri ho aspettato troppo, tutto lì.»
«Ieri? No, non è per quello.» la scienziata alzò gli occhi dalla strana felce e fissò con gelida e spietata freddezza l'altro «Non avevi accumulato abbastanza, sai cosa devi fare perché gli innesti funzionino da camere di immagazzinamento. Sono cellule a cumulazione psichica, se blocchi non arriva nulla.»
«Sai essere simpatica come un chiodo sotto le unghie.»
«La simpatia non è una cosa che mi interessa, è una percezione emotiva e inferiore. Hai fatto quello che serve per non farmi perdere tempo, o no?»
Aronui arrossì ancora più furiosamente, ma non era vergogna, era rabbia. Strinse le labbra in una linea pallida e sottile, annuendo.
«Fatto.» secco e incazzato, le mani nelle tasche e lo sguardo fisso sulla nauhea, Aronui parlò.
Odiava tutto quello, riusciva a farlo solo perché era Waiti, e solo perché voleva uccidere Rangatira. Era colpa di quel mostro se lui era diventato quello, se non era più umano, non era nulla se non una cosa creata da loro, in un certo senso. Volevano qualcuno che aprisse e chiudesse i varchi, che li potesse usare, e lo avevano manipolato, usato, avevano cancellato la sua memoria. Avevano fatto esperimenti su centinaia e centinaia di umani, per gli scopi più diversi, senza neanche tenere conto di un'etica.
Guardò con odio la scienziata che, ignorandolo, gli posò sul collo e nella zona dell'entrata cervicale degli insetti. Aronui rabbrividì, deglutendo.
Uno dopo l'altro si aggrapparono alla sua pelle, rilasciando una sostanza che inibiva il dolore per poi scavare dentro di essa, entrando in lui e muovendosi attraverso la sua carne per monitorare dall'interno il suo cervello e le sue reazioni.
«Non capisco il tuo odio, è un talento senza pari quello che hai sviluppato. Dovresti ringraziare i nauhea di averti reso quello che sei.»
«Un mostro?» sibilò, e Hine alzò un sopracciglio.
«Un'opera della più alta e raffinata scienza del mio popolo, sei una creazione perfetta, splendida, sei stato manipolato fino a renderti un essere superiore e sublimato. Sei lontano dall'inferiorità genetica della tua razza, ora.» la scienziata fece un passo indietro, mentre osservava Aronui. «Sei perfetto, ancora incompleto, certo, ma perfetto. I tuoi innesti sono i più strabilianti che si siano sviluppati, nel tuo codice genetico doveva essere presente qualcosa, anche una minima anomalia rispetto allo standard della tua razza, e ha dato il via a tutto questo. Sei in grado di aprire le porte dello spazio, di vedere al di là dei confini dell'universo, di viaggiare con un solo passo in dimensioni parallele, e tu ti definisci con disprezzo mostro. Sei una creatura eccezionale!»
«Fottiti.» Aronui alzò il viso, fissando la donna negli occhi «Non ho mai voluto questo. Non posso toccare più nulla o nessuno, sono stato usato. Torturato. Non ho mai voluto tutto questo...
«Ho visto morire a causa dei vostri esperimenti chi mi circondava e a volte quello che accadeva loro era peggio della morte. Non sono un oggetto, una cosa, sono una persona! Avevo una casa e per colpa vostra non mi appartiene più. Sono un mostro per chi è umano, sono un esperimento per voi. C'è chi mi chiama wakatika, ma alla fine non so neppure io cosa sono. E tu questo lo chiami dono. Per usare questo... talento, devo dimenticare ogni dignità, abbandonare ogni cosa che mi rende ciò che sono e te lo assicuro, non è bello.
«Te lo farei provare, brutta stronza, il tuo miracolo scientifico. Ma sei così indottrinata dalle palle di quel pazzo che chiami imperatore, che neanche capiresti cosa vuol dire. Tu non sei altro che un piccolo ingranaggio del suo piano, non sei nessuno.»
«No, io non sono nessuno, adesso. Ma io sono la scienziata che ha voltato la pagina della nostra razza e sarò ricordata per sempre. Troverò il modo di migliorare e fissare nel genoma nauhea la varante del controllo dei varchi, e non sarà certo l'opinione senza cervello di un mokai a fermarmi.»
«Mokai?» la risata di scherno dell'umano suonò affilata nell'atmosfera tesa della stanza. «Sì, posso essere ancora un mokai, ma di certo ho molta più libertà di te dentro la mia anima.» chiudendo un attimo gli occhi, a disagio per via del dolore che iniziava a manifestarsi a causa degli insetti che dentro di lui avevano diramato i loro filamenti, si strofinò gli occhi. «Facciamo quello per cui sono qua, che non è parlare con te.»
Hine annuì, detestava doversi relazionare a quel modo con Aronui.
Un tempo aveva quasi provato pena per lui, ma era solo agli inizi della sua carriera scientifica e non aveva ancora imparato fino a che punto fossero inferiori. Sperò che presto una qualche risposta le giungesse in conseguenza al messaggio del toroide, iniziava a essere difficile mascherare fino a che punto era avanti con le ricerche.
Monitorando le azioni dell'umano, dirigendolo, cercò ancora una volta di capire in che modo potesse accedere a quella riserva e sfruttarla, sperando di trovare al più presto una soluzione.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 04, 2015 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Ultimo VarcoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora