L'idea di tornare nel quartiere dei mokai non gli dava alcun sollievo. Aveva bisogno di potersi calmare, prima, perché era certo che avrebbe incontrato Shagit, lì. L'idea di avere scritta in faccia la paura, perché sapeva che era così, e di mostrarsi in quelle condizioni a quello spregevole lecchino lo infastidiva abbastanza da dargli la forza di non correre a nascondersi in un angolo.
Decise quindi di andare ai giardini sul tetto del palazzo.
Lì, in quell'immenso parco pieno di angoli tranquilli e appartati, si diresse in automatico a una specie di luogo segreto, che si apriva sotto le chiome fitte di un grandissimo albero dalle foglie blu e dal tronco candido. Era in una zona poco frequentata, accessibile oltrepassando una serie di cespugli spinosi che tenevano lontani i più. Ma un giorno di molti anni prima Aronui, ancora poco più di un ragazzo, aveva scoperto come passare attraverso quelle lunghe spine senza ferirsi. Quelle piane erano in parte senzienti, o qualcosa del genere, lui non conosceva bene come definirle, e reagivano agli stimoli. Sfiorando delicatamente quei rami, accarezzandoli, si piegavano lasciandolo passare: al contrario, chiunque avesse semplicemente scostato i rami, avrebbe trovato di fronte a sé un intrico di spine affilate e robuste.
Oltrepassò quella naturale difesa e si rese conto solo all'ultimo che quel luogo era già occupato da una delle pochissime persone che lo conosceva oltre a lui: Waiti. Il soldato lo aveva sentito arrivare e non solo aveva riconosciuto il modo di camminare e l'odore dell'umano, aveva anche intuito, aprendo leggermente le sue percezioni, che Aronui era al di là dell'essere sconvolto.
«'Nui!» esclamò nel vedere il viso terreo dell'altro che lo fissò in silenzio, deglutendo, colto di sorpresa dalla sua presenza.
Se era lì voleva rimanere solo, Waiti lo sapeva, ma nel vederlo in quelle condizioni qualcosa, nel soldato s'incendiò. Cosa gli era stato fatto, ancora?
«Non volevo disturbare, vado subito via.» Quel tono così sommesso e docile non era quello solito. Non quando parlava a lui ed erano soli.
«Fermo!» Waiti allungò una mano e la posò sulla spalla dell'altro.
«Come più desideri.» Con lo sguardo basso, Aronui rimase immobile. Sentiva quello sguardo intento su di lui, ma non aveva la forza di ricambiare: voleva solo stare solo, respirare, calmarsi e dimenticare quello che aveva visto e provato come se fosse successo a lui.
Come se fosse stato suo il corpo in quel cilindro di vetro.
Come se i tubi avessero avviluppato la sua carne.
Rabbrividì, faticando a non cedere all'impulso di raggomitolarsi a terra, a non urlare per la sensazione degli insetti che vagavano dentro e sopra il suo corpo.
«Cosa è successo?»
«È una richiesta o un ordine?»
«Ordine.» Waiti lo dissi dopo un istante, sapeva che altrimenti non avrebbe ottenuto risposta. Vide quel corpo sottile e atletico irrigidirsi e le mani tremare visibilmente. Aspettò, sentendo quelle emozioni premere contro le sue barriere, così potenti da rischiare d'incrinarle.
«Sono stato... avvisato. Matua è scontento di me.» Rispose infine, atono, continuando a fissare ostinatamente il suolo coperto da folta e corta erba e da qualche foglia blu caduta dall'albero.
Perché Waiti non lo lasciava in pace?, si chiese tenendo sotto controllo con presa d'acciaio il suo corpo, per evitare di piangere e urlare di paura e orrore, sconvolto. Di mostrare quello che provava.
«Cosa è successo?» Era pur sempre un soldato e il modo in cui poneva le domande, il tono, erano ordini. Stava interrogando il mokai, alla fine, anche se le sue intenzioni erano diverse.
«Ho scontentato matua.» Ribadì cocciutamente l'umano, sentendo una certa rabbia sotto la paura. Vi si aggrappò, sperando allontanasse il timore che sembrava aver messo radici in lui.
«Quello lo hai detto!» affermò secco, irritato per quella risposta. «Voglio sapere cosa hai fatto per scontentarlo!»
«Ho slogato la spalla a Shagit.»
«Hai...? Perché?» Aronui strinse le labbra, fissando in volto l'altro poco più alto di lui.
«Perché aveva intenzione di eseguire con troppo zelo gli ordini. Voleva finire quello che avevi interrotto... non avevo ancora supplicato quando mi hai portato via.» quasi sputò quelle parole e, aggrappandosi all'ira, continuò. «Mi ha toccato e gli ho slogato la spalla, ma Rangatira non ha apprezzato che rovinassi un suo giocattolo. Allora mi ha portato... sotto. Ci sono dei... laboratori... e mi ha detto che, se lo scontento di nuovo, finirò lì.»
Quelle parole rievocarono con più forza le sensazioni e le immagini che lo avevano sommerso in quel luogo, la rabbia si dissolse sotto l'impatto di quello che aveva vissuto toccando quel vetro.
Stavolta non resse, crollò in ginocchio per terra, aggrappandosi ai corti ciuffi d'erba cercando di calmare il respiro accelerato e di allontanare quei ricordi e il panico.
Waiti sapeva benissimo a cosa Aronui si riferisse e sentiva l'onda delle emozioni dell'altro infrangersi contro i suoi schermi mentali una dopo l'altra, violente.
«Devi averlo deluso molto.» Waiti fissò la testa coronata di fini capelli bianchi di Aronui. Alla fine si abbassò, accovacciandosi vicino all'altro e mettendogli la mano sulla spalla.
«Non penso che lo farà davvero,» disse piano, cercando di esprimersi il più tranquillamente possibile «sei... importante, no?»
«Ha detto che possono studiarmi anche da lì, anche... così.»
«Allora tu vedi di obbedire, anche se continuo a pensare che non lo farebbe davvero.»
«Mi ha costretto a toccare il vetro.» Waiti annuì. Aveva immaginato qualcosa del genere, sentendo quanto le emozioni del mokai fossero confuse, sommerso da esse riusciva a mantenere il controllo solo percependo quella sfumatura esterna che stava a indicare come fossero state assimilate dall'esterno. Come non fossero sue.
«Vuoi che vado...?» Non sapeva come reagire a quello che proveniva da Aronui, che alla domanda alzò gli occhi: le iridi violette studiarono i lineamenti del soldato, intente.
«No» disse infine. «Rimani con me, se puoi.»
STAI LEGGENDO
Ultimo Varco
Science FictionQuando due universi paralleli si toccano sono belve che si dilaniano. Il più forte si nutre del più debole, dissanguandolo e portandolo alla morte. Nelle strade della megalopoli di Taone Nui, Aronui è famoso perché trova sempre quello per cui viene...