0 - Il passato

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"Ah, memoria, nemica mortale del mio riposo!"
-Miguel De Cervantes

bury a friend - Billie Eilish

Leila

«Piccola, andrà tutto bene, non piangere e stai zitta» sussurrava mia madre, stringendomi forte a sé nel piccolo ripostiglio dove ci eravamo nascoste.

Il mio corpo tremava e le lacrime scendevano incessanti lungo le guance. Non riuscivo a fermarle.

Non capivo cosa stesse succedendo, ma sapevo che mio padre era impazzito. Sentivo le sue urla riempire la casa, il rumore degli sportelli sbattuti con violenza, le porte che si chiudevano con colpi secchi.

«Monica, esci fuori subito, o ti faccio a pezzi!» gridò quella voce che fino a pochi giorni prima chiamavo papà. Un'altra lacrima scivolò via mentre la mano tremante di mia madre tentava di asciugarle.

Il suo dito si posò delicato sulle mie labbra, implorandomi silenzio. Non riuscivo a vederla bene a causa della poca luce, ma sapevo che stava piangendo anche lei.

Non capivo. Non potevo capire come mio padre fosse diventato, all'improvviso, un mostro.

I suoi passi si facevano sempre più vicini, pesanti, opprimenti. Trattenni il respiro e misi le mani sulla bocca, cercando di soffocare i singhiozzi.

La porta del ripostiglio si spalancò di colpo, rivelando quell'uomo con lo sguardo folle e un coltello da macellaio in mano.

Mia madre sgranò gli occhi e iniziò a tremare come una foglia nel vento.

«Puttana, vieni qui!» ringhiò, afferrandola per i capelli. Lei cercò di liberarsi, ma invano. Strinsi la sua mano con forza, cercando di tirarla verso di me, ma ero troppo piccola per oppormi alla furia di quell'uomo.

Mio padre mi colpì con un calcio nella pancia, facendomi volare indietro. Mi accasciai nel ripostiglio, piegata in due dal dolore, incapace di respirare. Per un attimo pensai che sarei morta.

L'urlo disperato di mia madre mi riportò alla realtà. Dovevo fare qualcosa. Dovevo agire.

Nella confusione, notai una pistola caduta a terra, probabilmente scivolata dai pantaloni di quell'uomo che ci stava distruggendo la vita.

La afferrai con entrambe le mani. Era troppo pesante per una bambina come me, ma non avevo altra scelta.

Barcollai fuori dal ripostiglio, ogni passo una fitta lancinante alle costole, e quando arrivai nel salone vidi mio padre a cavalcioni su mia madre, pronto ad affondare il coltello nel suo collo.

Non esitai. Trattenni il respiro, chiusi gli occhi e premetti il grilletto.

L'uomo si accasciò a terra, in un lago di sangue. Io rimasi immobile, ancora incredula di ciò che avevo appena fatto.

Mia madre scivolò via da sotto di lui, il suo corpo tremante, mentre io lo guardavo riverso al suolo, il sangue che colava dalla sua testa.

Senza pensarci due volte, premetti di nuovo il grilletto. Poi ancora. E ancora, finché la pistola non si scaricò.

Alzai lo sguardo verso mia madre. I suoi occhi erano pieni di troppe emozioni, un caos che non riuscivo a decifrare. Ma tra tutte, una prevaleva: la paura.

Mi guardava come se fossi un mostro. Come se fossi io l'assassino.

Mi accasciai a terra, travolta dal dolore e dalle lacrime.

Mia madre si avvicinò e mi strinse forte a sé. «Vieni qui, piccola Leila. Non è successo niente» continuava a ripetere, la sua voce spezzata dai singhiozzi. «Non è successo niente.»

Il suono delle sirene della polizia si faceva sempre più vicino, riempiendo l'aria.

La giornata era iniziata così bene. Io e mia madre eravamo andate a fare compere, lasciando mio padre nel suo studio a lavorare. Al nostro ritorno, il mondo intero era cambiato.

Avevo appena ucciso mio padre.

Jaguar - Il male è dietro l'angoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora