24 - Come un topo in gabbia

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"Chi non si muove non si accorge delle proprie catene."
-Rosa Luxemburg

RED - Survive Said The Prophet

Leila

Mi sveglio confusa, con la testa che pulsa di dolore. Dove diavolo mi trovo?
Socchiudo gli occhi e vedo che la luce è soffusa, tutto attorno a me sembra sterile e freddo; mi ci vuole un attimo per capire: sono in una stanza d'ospedale. L'odore di disinfettante permea l'aria e i monitor emettono un bip regolare accanto a me.

Il mio braccio destro è ingessato, appeso a una fascia che lo tiene sollevato. Cosa diavolo mi è successo?

Cerco di mettere a fuoco i ricordi ma tutto è un caos. L'ultima cosa che ricordo chiaramente è di essere stata trascinata via dalle guardie di Vincenzo, costretta a salire su un'auto... e poi il buio. Nient'altro.

La porta si apre con un cigolio, facendomi sobbalzare. Due dottori entrano nella stanza, le loro espressioni sono professionali, ma c'è qualcosa nei loro occhi che mi mette a disagio.

«Buongiorno, signorina Fisher» dice uno dei due, avvicinandosi al letto.
«Come si sente?» mi chiede guardandomi sui monitor i miei parametri vitali.

«Cos'è successo?» chiedo a mia volta ignorando la sua domanda.

«Lei ha avuto un brutto incidente. Dovrà rimanere qui per qualche giorno, giusto il tempo che le nostre analisi ci confermino che è fuori pericolo.» risponde in modo sereno l'altro, ma qualcosa non mi convince. C'è qualcosa di troppo freddo, di troppo calcolato nei loro modi.

«I suoi parametri sembrano essere nella norma, ritorneremo più tardi» esclama uno dei due, prima di andare via dalla stanza.

Sento la porta chiudersi a chiave alle loro spalle e ogni allarme dentro di me si accende.
Mi siedo a fatica, il dolore mi trafigge la testa e il braccio, ma non posso restare qui.

Devo uscire.

Mi trascino fuori dal letto e provo ad aprire la porta, ma è come immaginavo: bloccata.

Sono rinchiusa in questa cazzo di stanza!
La mia mente inizia a correre e a pensare che sono stata rapita di nuovo da Vincenzo, il panico minaccia di prendere il sopravvento ma non posso lasciarmi andare. Devo pensare a come uscire, perché questa volta nessuno mi verrà a salvare.

Cerco una via di fuga, qualsiasi cosa. Mi dirigo verso il bagno e i miei occhi vagano fino alla finestra.
Troppo piccola e troppo in alto, non farei in tempo a passare neanche una gamba prima di rimanere incastrata.

Torno alla finestra accanto al letto, provando ad aprirla con tutta la forza che mi resta ma una voce metallica risuona improvvisamente nell'aria, proveniente da un altoparlante nascosto.

«È inutile, signorina Fisher, non può scappare.»

La rabbia monta dentro di me, quasi accecante. «Perché mi trovo qui? Cosa volete da me?» urlo, ma l'unica risposta che ricevo è il silenzio.

Perdo in breve tempo le speranze, l'unica via d'uscita è quella maledetta porta chiusa a chiave.

Mi siedo sul letto e attendo che qualcuno venga da me, così forse potrei avere una possibilità di fuga!

Jaguar - Il male è dietro l'angoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora