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Il ragazzo si trovava nella sua stanza disteso lungo il letto, scodinzolava le gambe mentre nutriva di odio le pagine del diario.

Proprio come il padre, anch'egli possedeva un talento artistico.

Attraverso gli scarabocchi esprimeva ciò che a parole non riusciva, personificava la propria rabbia, la tristezza, la paura e lo sconforto.

"I brufoli quando scomodi ed evidenti bisogna schiacciarli, però dopo fanno ancora più male e rovinano il viso. Se le cimici vengono pestate, sprigionano un cattivo odore, e se si ammazza l'ape, essa poi non produce più miele. Ma come si possono risolvere i problemi senza subire ripercussioni? I gatti uccidono ma nessuno fa niente, perché ad alcuni è concesso mentre ad altri no? L'odio che ho verso mio padre è molto profondo, ma allo stesso tempo, lui è tutto ciò che ho... ed è forse per questo che lo amo così tanto. Perché è tutto ciò che ho?"

Immerso nello sfogo, in quello stagno di pece in cui rigettava la negatività accumulata, il ragazzo non si accorse della presenza del padre alla porta, giunto silenziosamente poiché incuriosito dal sottile fruscio dalla matita lungo la flebile carta.

«Will?»

Colto di sorpresa, il giovane sussultò e chiuse immediatamente il diario. Lo premette come se timoroso che l'oggetto si sarebbe fatto sfuggire un segreto, o che cascando, le parole all'interno sarebbero corse via.

«Scusa, non volevo spaventarti. Che cosa scrivi?» chiese curiosamente il padre facendosi leggermente vicino, ma il figlio strinse a sé tutti i suoi segreti quasi sull'orlo di assorbirli dentro il petto. Si sarebbe gettato dalla finestra seduta stante se il padre gli avesse sottratto il diario.

Quell'azione offese Loris, ma lo fece anche riflettere molto.

"Dunque mio figlio ha segreti" pensò con sguardo investigativo, lesse ogni piccola smorfia involontaria sul visetto timido del ragazzo: dal tremore nel suo respiro, all'incertezza negli occhi, e al vizio ereditato dalla mamma nei momenti di disagio: addentarsi le labbra.
Rimembrò le parole di quella donna, ma benché sopraffatto dall'orgoglio, non le prese molto in considerazione.

«Sei comodo a scrivere sul letto?» chiese.

William si rese conto di essersi cacciato in una di quelle situazioni dove solo un miracolo avrebbe potuto tirarlo fuori, suo padre lo sospettava ed era fatuo negarlo dinanzi quell'espressione severa. Era così disperato, che non pensò a una scusa migliore per deviare l'attenzione del genitore altrove. Erano poche le opzioni, tuttavia non c'era tempo per pensarci a lungo.

«È pronto da mangiare?» domandò «Ho fame»

L'uomo s'interessò al diario che il figlio sembrava voler accogliere nelle proprie membra, sapeva che lì dentro si celavano molte cose a lui negate.
Dal canto suo, William non poteva avere segreti, erano sempre stati loro due contro il mondo. Non era leale in un rapporto come il loro possedere dei segreti.

Ciononostante, quello non sembrava essere il buon momento per una contesa, dopotutto il ragazzo aveva già subito un attacco di panico dovuto all'ennesimo rimprovero. Questa volta avrebbe eseguito le sue investigazioni con calma, senza dover per forza preoccupare il figlio di dover alzare troppo la guardia.

«Sì caro, è pronto da mangiare, ho fatto un po' di carbonara» rispose, e lasciò scorrere ogni frustrazione accumulata dalla scoperta dell'esistenza di quel dannato diario.
«Scendo tra qualche secondo» disse William, in attesa che il genitore abbandonasse una volta per tutte la sua stanza.

Loris comprese anche quello, dopotutto, chi non era stato un quindicenne?

"Ovvio che possiede dei segreti" gli disse la donna mentre camminava lungo il corridoio.

stOrge|| Non voglio il tuo amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora