Danzava allegra e scoppiettava animata, una flebile fiamma di una corta candela. Essa e le altre profumavano la stanza di calla, soffocando l'odore di pioggia e terreno.
Calda come sotto una coperta, c'era troppo da udire e osservare, ogni senso veniva sollazzato dagli elementi presenti in quella piccola cameretta.
Un giovane Loris, nel fiore dei suoi tredici anni freschi, osservava l'espressione pentita sul viso gonfio del fratello.
Se gli fosse stato concesso dal padre, gli avrebbe sputato addosso, avrebbe proseguito lui la punizione, e sempre sotto l'ordine del genitore, lo avrebbe fatto uscire dalla villa per fargli prendere la pioggia.
Quella graziosa villetta che, se vista dall'occhio di un passante, l'avrebbe confusa per dipinto.
Vivevano in un quadro, in un'immagine falsa.
Così era cresciuto quel fanciullo, tra gli schiocchi della verga, sotto le rigide regole e le sacre letture.«Perché non sei come tuo fratello?»
Era una frase che sentiva dire spesso, la voce che la cantava era quella del suo adorato padre, venuto a mancare improvvisamente nel suo letto di morte poco tempo fa. Rigoroso e forte nell'animo, ma debole contro la malattia con cui stava lottato da tempo. La sua assenza era persistente, non abbandonava le memorie del figlio favorito, il quale pregava ancora per lui.
Ma dietro il pensiero susseguiva l'amaro e la tristezza, e fu costretto a svegliarsi.
Il cuore traboccò nel dolore e il calore di esso gli fece aprire gli occhi.
Aveva la camicia sbottonata, il petto che stillava sudore e dalla finestra non soffiava un briciolo di aria.
Con la cognizione del tempo scivolata dal palmo della mano, smarrita da qualche parte, Loris si strofinò gli occhi e guardò le dune delle lenzuola.Per poco non riconobbe la propria stanza, il sonno gli aveva annebbiato la memoria.
Guardò l'orologio, l'ora di cena era già passata, di certo suo figlio si era arrangiato con ciò che si trovava già presente in casa.
Era abituato ai lunghi riposi del padre, era solito a prender sonno spesso.
Si appisolava in studio, in stanza o in soggiorno sulla poltrona. Dopodiché cadeva in un sonno profondo e si risvegliava dopo un'oretta o due. Non osava svegliarlo, poiché sapeva che faticava a prendere sonno.Il sole si era coricato fin sotto il ventre dell'orizzonte, le vie del quartiere si erano fatte deserte e i vicini si stavano preparando per andare a letto.
Scoccarono le ventuno, Loris si trovava alle spalle del figlio, entrambi dinanzi allo specchio della stanza matrimoniale. In mano reggeva un pettine con cui passava i capelli del giovane, una ciocca dopo l'altra, li separava e li scioglieva da qualsiasi nodo.
Ma essi, ribelli e liberi, non si sottomettevano ai denti del pettine.«Uno di questi giorni ti porto dal parrucchiere, non ne posso più di sti capelli» brontolò.
Ma il ragazzo, che tanto amava i suoi capelli, suggerì una nuova acconciatura piuttosto che un taglio.
«Posso farmi le treccine come Adric?»
Adric era un ragazzo moretto, aveva capelli lunghi e ricciolini, ma qualche volta se li faceva intrecciare.
«Non sono sicuro che ti doneranno» rispose il padre.
«Tu stai bene con i tuoi, e a me piacciono di più così»Ma il figlio non concordò con l'idea del genitore, guardandosi allo specchio, immaginava già di avere in testa quelle complesse e meravigliose treccine stese lungo il capo. Ad Adric donavano molto ed era convinto che sarebbero donate pure a lui.
Loris nel mentre, raccolse i capelli del figlio all'indietro, sperando che sarebbero rimasti così. Ma dopo qualche secondo, essi tornarono subito dov'erano prima.
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stOrge|| Non voglio il tuo amore
Literatura FemininaLoris Anderson è un giovane padre vedovo che non sa cosa sia veramente l'amore. Egli, in questo racconto, cercherà d'interpretarlo, di tradurlo e disperatamente di correggerlo. Ma purtroppo è incapace sia di darlo che di riceverlo, perché accecato d...