13.

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Reciso di colpa, ferito dal silenzio persistito per due interi giorni. La rabbia in lui si era dileguata e non covava più vergogna, dopotutto il suo stimabile pastore aveva pregato per il figlio. Egli era stato purificato, il suo peccato lavato e dimenticato nelle fondamenta del mare.

Ora sentiva solo il dovere di porre le proprie scuse e udire quelle del ragazzo a sua volta.
Camminò dritto alla stanza del figlio, anche se non solito a farlo, bussò alla porta e attese prima di entrare. Ma non ottenendo alcuna risposta, l'uomo entrò nella camera.

«Tesoro, non hai mangiato tutto oggi. Ti ho preparato un panino» disse posando il piatto sopra il comodino.
Guardò poi il ragazzo giacere completamente coperto sotto lenzuola, né capo né piedi sbucavano fuori.

«L'ho fatto proprio come piace a te, cotto, rucola e mozzarella. Se vuoi ti porto anche del succo di frutta, quale preferiresti? Ananas? Pera?»

Ma il ragazzo non rispose e non si mostrò affatto interessato, Loris non sapeva che altro inventarsi, voleva ricucire il rapporto come meglio poteva, con le piccole cose che a suo figlio piacevano.

«Domani ti porto a mangiare un bel piatto di lasagna, e anche allo zoo se vuoi» esclamò, convinto che a quel punto il figlio si sarebbe girato con un sorriso tra le guance.

Ma non lo fece, William non reagì in nessuna maniera, e ciò sconfortò assai il padre.

«Ascolta...» sospirò  «Stiamo entrambi affrontando un periodo un po' brusco ultimamente, io particolarmente sono davvero rimasto sconvolto da quel tuo, ecco...lo sai. Ma bisogna andare avanti, come abbiamo sempre fatto. Io e te soltanto, siamo sempre stati noi contro tutto.
Commettiamo tutti degli errori, sono ciò che ci rendono più umani. Io soprattutto, io ho commesso così tanti errori nella mia vita, a partire dalla donna che ho scelto di sposare»

Le sue parole purtroppo però, per quanto sincere e pronunciate dal cuore fossero, non smossero l'animo del ragazzo, distante da quel luogo e sordo a ogni frase.
Tuttavia Loris proseguiva, dichiarando tutto ciò che serbava dentro, persino quelle che negava e di cui si vergognava.

«Ma sai cosa? Forse sono io il problema, forse sono io quello sbagliato tra i due...» singhiozzò.

La figura di sua moglie lo trovò patetico, ma gradì la sua sincerità.

«Io...non so che dire e fare, ti prego parlami, dimmi qualcosa. Dimmi, dimmi che mi vuoi bene e che ci sto provando. Dimmi che sei fiero di tuo padre nonostante tutto...»

L'uomo si accasciò in lacrime sul corpo del figlio in cerca di conforto e abbraccio, voleva solo sentirsi dire parole di sostengono capaci di riparare il suo spirito affranto. Non chiedeva altro, solo un po' di calore dal suo unico genero.
Ma quest'ultimo non si trovava sotto le lenzuola, e Loris se ne accorse quando tentò di abbracciarlo, Il suo corpo era fin troppo soffice e stranamente snodato.

«Will?»

Sollevò le lenzuola e sussultò sconcertato quando si trovò di fronte a un cumulo di cuscini e abiti.

«William!»
Pensando al peggio, cominciò a cercare il figlio per tutta la casa, timoroso che fosse stato rapito.

«William! William, dove sei? William!» disperato, tornò nella stanza in cerca di evidenze che potessero sostenere il suo timore.
Ma notò che la finestra era aperta, e chiunque l'avesse lasciata così, era qualcuno dall'interno, poiché era impossibile aprire la finestra dall'esterno.

Suo figlio doveva essere scappato di sua sana volontà.

«No, no, non può essere. William!»
Agitato, erse la finestra e si sporse per vedere se si trovasse ancora lì sotto.
«Oh Dio! Dio Santo, che cazzo sta succedendo?»

stOrge|| Non voglio il tuo amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora