9. Fuoco e fiamme

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Dopo quella strana notte le cose tra Manuel e Simone non cambiarono molto in realtà, nonostante il più piccolo si fosse già fatto una saga di film distopici in testa.

Nei suoi film mentali, il più grande sicuramente non avrebbe mai più voluto avere a che fare con lui dopo quella notte. Nel migliore dei casi avrebbe pensato che fosse strano, si sarebbe sicuramente spaventato per l'attacco che aveva avuto in sua presenza e non sarebbe più stato con lui. Nel peggiore degli scenari, avrebbe capito quello che cercava ancora di negare persino a se stesso e lo avrebbe allontanato, disgustato da quel sentimento morboso che il più piccolo provava per lui.

Invece Manuel sembrava essere completamente ignaro di quello che Simone non diceva sul loro rapporto e sicuramente non si era allontanato dopo l'attacco di panico. Se possibile, anzi, si era avvicinato ancora di più all'amico, facendosi promettere che lo avrebbe avvisato se gli fosse ricapitato un'altra volta.

In ogni caso Simone non poteva che essere felice di non essere stato scoperto né allontanato da quello che ormai era a tutti gli effetti il suo migliore amico. Ormai era così abituato alla vita con Manuel da non essere pronto a vivere senza di lui.

Pochi giorni dopo la strana notte, Simone fu svegliato dall'amico, che sembrava particolarmente felice per qualcosa. Quando gli chiese cosa lo rendesse così allegro, il maggiore gli disse che il suo gruppo aveva organizzato una notte intorno a un falò. Avrebbero dormito in spiaggia sotto le stelle, cantato fino a tarda notte e ballato intorno al falò.
Ovviamente, precisò Manuel, Simone era invitato in quanto suo migliore amico.

Il minore cercò di ignorare il fuoco nel suo petto a quelle parole.

Quella sera stessa, si ritrovò a controllare di aver preso tutto l'occorrente per dormire fuori: sacco a pelo, pigiama, felpa e ovviamente tanto cibo.

Lui, Manuel e Lapo arrivarono alla spiaggia libera verso le otto. Ad attenderli vi erano già gli altri amici di Lapo e Manuel: Chicca e Luna erano intente a sistemare alcune sedie pieghevoli intorno alla catasta di legna a cui Giulio cercava invano di dare fuoco, sotto lo sguardo divertito di Monica.

Con grande sorpresa di Simone vi era anche un'altra ragazza con loro. Era Flaminia, la ragazza universitaria che aveva conosciuto la prima volta che era uscito con loro. La ricordava vagamente, ma ricordava molto bene come avesse passato praticamente tutta la serata incollata a Manuel. Considerando le sue recenti scoperte sul proprio rapporto con l'altro ragazzo, questa prospettiva non lo allettava per niente.

Salutò tutti quanti calorosamente, e lo stesso fecero i suoi due compagni. Simone sentì qualcosa di acido allo stomaco quando Manuel salutò la ragazza bionda con due baci sulle guance. Cercò di ignorarlo, andando a parlare con Luna e Chicca.

La serata trascorse abbastanza tranquillamente, almeno per la prima parte. I ragazzi mangiarono, bevvero e cantarono, oltre a parlare di cose stupide e leggère per ore. Era bello trascorrere una serata così, senza preoccuparsi dei fardelli della vita, come un qualsiasi adolescente della sua età.

Eppure Simone non riusciva a essere completamente sereno. Non si sentiva tranquillo perché Manuel, pur essendo fisicamente lì, non era con lui.

Aveva capito ormai da tempo di aver iniziato a provare per il ragazzo più grande qualcosa che andava ben oltre l'amicizia, ma non ne aveva ancora pienamente realizzato l'entità. Si era illuso che fosse una cotta passeggera, di quelle che durano poco tempo e che tutti gli adolescenti normali sperimentano almeno una volta nella vita.

Avrebbe dovuto sapere di non essere un adolescente normale.

In quel momento Simone si rese conto dell'entità del sentimento che si era fatto strada in lui nelle settimane precedenti, perché Manuel era fisicamente di fronte a lui, ma non lo stava nemmeno guardando. Ormai abituato ad avere la totale attenzione del maggiore, provava un malessere quasi fisico alla vista del suo migliore amico intento ad accarezzare i capelli della ragazza bionda accanto a lui.

Avrebbe voluto distogliere lo sguardo, fingere che quella scena non esistesse e continuare a cantare allegramente con gli altri come se nulla fosse. Ma non poteva. Il profilo di Manuel era magnetico e il suo sguardo ne era irrimediabilmente attratto, così come era stato dal loro primo incontro.

In altre circostanze, Simone avrebbe solo potuto ammirare la naturale bellezza del suo volto, limpido e pulito nonostante la facciata da mezzo criminale, gli occhi illuminati dal fuoco del falò e le labbra lucide schiuse in un sorriso. In altre circostanze, avrebbe chiuso gli occhi cercando di imprimere quel momento nella propria memoria il più a lungo possibile.
Ma non poteva quando il braccio dell'altro era appoggiato sulle spalle di Flaminia, quando quel sorriso era rivolto a lei e le lunghe ciglia gli nascondevano la vista di quegli occhi che sembravano brillare solo per lei.

Sentì gli occhi bruciare e si affrettò a rimandare giù il groppo che sentiva alla gola. La testa gli faceva male e il suo stomaco sembrò ribaltarsi, come era successo quando il maggiore aveva insistito per portarlo a fare un giro in pedalò e aveva rischiato di vomitare in mare.
Ora si sentiva come se l'intero contenuto del proprio stomaco potesse riversarsi davanti a lui da un momento all'altro.

Si alzò in piedi, deciso a tornarsene a casa. Che senso aveva, in fondo, essere lì per Manuel quando l'altro non lo considerava nemmeno? Tanto valeva tornarsene a casa, si sarebbe perlomeno evitato di stare male fisicamente.

Sotto lo sguardo serio di Chicca -Simone sapeva che lei aveva capito. Non sapeva come, ma aveva capito. Ne era sicuro- pronunciò qualche parola di scuse. Disse che si era trovato molto bene con loro, ma non si sentiva molto bene e quindi preferiva tornare a casa.

Lapo lo guardò, preoccupato, ma Simone gli fece capire con lo sguardo che era tutto a posto e che aveva solo bisogno di andare a casa. Forse anche suo fratello sapeva, non ne era sicuro.
Salutando gli altri si allontanò dal gruppo, ma fu costretto a fermarsi perché una voce a lui fin troppo nota lo chiamò.

"Simò." Manuel, che sembrava finalmente essersi accorto di lui, lo inseguì sulla spiaggia fino a quando non si fermò.
"Scusa Manu, ho davvero bisogno di mettermi a letto." Non aveva le forze né la voglia di tollerare Manuel in quel momento.
"Stai bene?" chiese l'altro, quasi stupidamente. Lo aveva appena detto che stava male.
"No, direi di no."
"Intendevo... Stai bene?" E oh. Si stava accertando che non si trattasse di un altro attacco. Nonostante la situazione, si sciolse un po'.
"Sì, sto bene. Non è quel genere di malessere. Ho solo bisogno di stendermi un attimo, Manu."
Evidentemente non fu convincente perché Manuel lo guardò scettico.

"Vuoi che ritorni con te?"
La parte egoista di Simone avrebbe voluto dire che sì, voleva che tornasse con lui a casa. Voleva che mollasse i suoi amici e soprattutto quella ragazza bionda che aveva almeno cinque anni di troppo per essere autorizzata a stare con lui.
Ma sapeva di non avere il diritto di chiedergli una cosa simile.
"No, tranquillo. Ho solo bisogno di dormire."
Manuel lo guardò per qualche secondo, poi annuì e si voltò, tornando dagli altri.

Simone, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di uscire fuori, tornò a casa. Ignorando le domande di suo padre, si mise a letto immediatamente. Solo quando il suo telefono suonò e una foto di Manuel e Flaminia si aprì sullo schermo, finalmente si concesse di piangere.

Nota autrice
Ho pensato a lungo di non pubblicare oggi perché non ho finito di scrivere un capitolo questa settimana (mini spoiler devo scrivere cose felici e as always perdo interesse) ma domani parto per la montagna e probabilmente non avrò molto internet fino a venerdì. Quindi ho deciso di pubblicare oggi, dovendo saltare lunedì.
Godetevi il drama :)

Wonderland | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora