18. Mezzanotte

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Sapeva che Manuel era tornato.

Lo aveva sentito rientrare alla villa di sera, un paio di giorni prima. Era tardi e nessuno si aspettava il ritorno del maggiore, soprattutto non a quell'ora della notte. Lui, naturalmente, si era guardato bene dal lasciare la sua camera.

Come aveva detto Lapo? Lasciagli spazio? Ed era proprio quello che stava facendo in quel momento. Gli stava lasciando tutto lo spazio che l'altro poteva aver bisogno e anche un po' di più, per sicurezza.

Solo che era terribilmente difficile.
Era stato difficile rimanere alla villa da solo, mentre Manuel era a Roma, ma avere il maggiore a pochi metri da sé ogni giorno e non poterci neppure parlare era una vera e propria tortura.
Nemmeno quando dormiva trovava sollievo da quell'incubo: una parte del suo cervello, quella più primitiva e meno razionale che cercava sempre di tenere a bada, chiamava invano il nome di Manuel, sentendolo vicino ma non accanto e soffrendo come se gli mancasse una parte di sé.

Sapeva di dovergli lasciare spazio, ma era una tortura.

Manuel aveva parlato con Jacopo, quasi subito dopo essere rientrato da Roma. Sapeva che era stato suo fratello a chiedere quel confronto, aveva avuto un po' paura di quello che sarebbe potuto succedere ma alla fine, terminato il colloquio, entrambi gli erano parsi più sereni.
Jacopo gli aveva detto solo di essere paziente e di continuare ad aspettare: era sicuro che molto presto avrebbe avuto dal maggiore le risposte che cercava.

Simone, però, non era mai stato un tipo paziente. Anzi, se avesse dovuto definirsi in qualche modo sicuramente non avrebbe mai utilizzato quell'aggettivo. Non ne poteva più di essere vicino a Manuel senza potergli stare accanto. Sicuramente sarebbe impazzito se avesse dovuto farlo ancora per molto tempo.

Fu per questo che pochi giorni dopo il ritorno del maggiore, Simone capì di non essere più in grado di aspettare. Aveva bisogno delle risposte, sapeva di meritarle e sapeva che Manuel doveva dargliele. Decise che qualsiasi risposta da parte dell'altro sarebbe stata meglio del dubbio e dell'ansia in cui versava da qualche giorno.

Fu così che quel pomeriggio si ritrovò ad infilare sotto la porta del bagno un bigliettino celeste strappato da un quaderno, proprio come aveva fatto quando era arrivato alla villa.
Quante cose erano cambiate da quel giorno, in cui aveva giurato di odiare Manuel per tutta la durata dell'estate!

Rilesse ancora una volta il biglietto prima di farlo scorrere sotto la porta del bagno.
Per favore vediamoci. Non posso più vivere così, ho bisogno di risposte.

Si sedette sul letto, in trepidante attesa di un qualcosa che nemmeno lui sapeva. Non voleva più rimanere nel buio, voleva chiarezza, ma ora che aveva passato il biglietto iniziava a pensare che forse non fosse stata la scelta migliore: non sapeva se avrebbe retto un rifiuto da parte dell'altro.

E se Manuel non gli avesse risposto? E se non voleva nemmeno parlargli? E se ora pensava fosse un disperato?

Quella era la prima ed ultima volta che agiva di impulso in tutta la sua vita.

Ma alla fine le paure di Simone si rivelarono essere infondate, perché dopo solo pochi minuti un bigliettino bianco si fece strada sotto la porta del bagno.
Camera mia a mezzanotte.

Era giunto il momento della verità.

*

Simone attese che tutti dormissero e si fossero ritirati nelle loro camere prima di sgattaiolare verso la porta della stanza di Manuel.
Non sapeva perché, ma avvertiva un bisogno impellente di segretezza. Non voleva che nessuno sapesse del loro piccolo incontro di quella notte. Avrebbe reso più facile dimenticarlo se fosse andato male.

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