7. Terre-moto

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Da quando erano diventati amici, Simone e Manuel rimanevano raramente l'uno senza l'altro.

Il loro rapporto era rimasto in pausa per così tanto tempo che quando finalmente entrambi si erano sbloccati tutto ciò che avevano in comune era esploso, provocando la nascita di un'amicizia molto simile ad un terremoto: ugualmente stravolgente e totalizzante.

Simone non credeva di aver mai incontrato prima di Manuel qualcuno che fosse in grado di completarlo in quel modo. Il più grande aveva interessi completamente diversi dai suoi, ma proprio questo permetteva loro di avere un'affinità incredibile. Se infatti Simone era appassionato di tutto ciò che era scientifico e logico, Manuel era affascinato dalle humanae litterae, come lui stesso amava chiamarle: tutto ciò che era umano, che era veicolo di sentimento ed emozione, lo attraeva con una forza incredibile.

La cosa sconvolgente, per Simone, era che per la prima volta riusciva finalmente a vedere il punto di contatto tra scienza e umanesimo: suo padre aveva trascorso anni a blaterare del punto di congiunzione tra la filosofia e la matematica, ma lui l'aveva sempre visto come un modo patetico di avvicinarsi a lui, di mostrargli che nonostante le loro differenze potevano essere compatibili.
Poi era arrivato Manuel e tutto era cambiato, perché con il suo modo di fare e la sua parlantina era riuscito a farlo interessare al pensiero di Pitagora e poi a quello di Aristotele. Gli aveva mostrato che matematica e filosofia non possono esistere l'una senza l'altra, perché entrambe generano dubbi e domande a cui si cerca una risposta.

Lui e Manuel trascorrevano moltissimo tempo insieme a discutere di queste cose, del legame tra matematica e filosofia soprattutto ma anche di mille altri argomenti diversi. Manuel aveva spiegato a Simone le regole del calcio -e lui le aveva addirittura capite- e Simone lo aveva indottrinato sul rugby. Simone aveva spiegato a Manuel qualcosa sulla fisica quantistica, e Manuel gli aveva recitato l'Iliade a memoria, sia in italiano che in greco antico. Simone aveva insegnato a Manuel come cucinare la crostata, mentre Manuel gli aveva mostrato come effettuare semplici riparazioni ad automobili e moto.

Una delle cose che Simone aveva appreso sul ragazzo più grande già dall'inizio della loro amicizia era infatti la sua passione per i motori. Un giorno aveva chiamato Simone a sé e lo aveva condotto con sé in un casotto di legno in cui probabilmente nessuno era entrato nei vent'anni precedenti. Gli aveva spiegato, con una luce adorante negli occhi, che Dante gli aveva permesso di usufruire dello spazio per effettuare le proprie riparazioni. Gli aveva persino commissionato la riparazione della sua vecchia moto, quella che guidava da giovane.

Manuel sembrava al settimo cielo per quella possibilità e Simone non poteva che essere felice per lui.

Non era un segreto che il più grande trascorresse buona parte del tempo che non passava con il nuovo amico nel gabbiotto: Lapo scherzava sul fatto che Manuel avesse due passioni nella vita: Simone e le moto. A queste scherzose provocazioni il ragazzo rispondeva sempre che nessuno avrebbe mai preso il posto della Harley Davidson nel suo cuore.

Simone si aspettava che Manuel gli mostrasse le sue "creazioni" una volta ultimate. Ciò che di certo non si aspettava era di essere svegliato la mattina alle sei da un Manuel decisamente troppo entusiasta.

"Simò!"
Simone mugugnò, cercando di coprirsi il volto e le orecchie col cuscino per oscurare il rumore dell'amico.
"Eddai Simò, svegliate!"
Sospirò e si tolse il cuscino dal capo, girandosi sulla schiena per guardare in faccia l'altro. Aveva capito ormai che non avrebbe dormito più quella notte.
"Che vuoi?"
"L'ho finita."
"Manu, tu non puoi pensare di venire qua e parlarmi in codice alle sei del mattino, è già tanto che so come mi chiamo."
"La Harley del signor Greco. È finita."

Ora Simone iniziava a ricordare qualcosa di più a riguardo. Il signor Greco, il vecchio proprietario dell'edicola vicino alla villa, aveva commissionato a Manuel la riparazione della sua Harley del 1980. Il ragazzo si era illuminato completamente alla richiesta, come un bambino la mattina di Natale, e ci aveva lavorato anima e corpo.
Evidentemente fino a quel momento.

"È fantastico, Manu! Posso tornare a dormire ora?" Era genuinamente felice per lui, davvero, ma non capiva cosa c'entrasse lui con la moto del signor Greco.
Si girò di nuovo, cercando di riprendere sonno, ma stavolta fu colpito direttamente sulla testa da un cuscino.

"Ao ma chevvoi?" Si sedette finalmente sul letto, guardando l'amico. Poteva vedere i suoi occhi illuminati dall'eccitazione: si vedeva che Manuel era veramente soddisfatto del proprio lavoro. Simone, però, lo conosceva abbastanza bene da sapere che stava tramando qualcosa.

"Cosa stai pensando?" chiese, e il viso di Manuel si illuminò ancora di più, come se avesse atteso quella domanda dal momento in cui lo aveva strappato al mondo dei sogni.
"Non voi fa' 'n giro?"

Simone lo guardò incredulo: faceva sul serio? Lo aveva davvero svegliato all'alba per portarlo a fare un giro su una moto che non era nemmeno sua e che in teoria avrebbe dovuto preservare da ogni rischio?
"E tu veramente m'hai svegliato per questo?"
Manuel mise su un broncio contrariato e Simone si pentì subito di quelle parole. In fondo l'amico aveva pensato a lui, gli aveva fatto quella proposta pensando di farlo felice. E sarebbe stato felice veramente, se solo non fosse stata l'alba.
"T'ho svegliato perché la viene a prende alle undici e volevo portatte 'n giro, ma se nun voi fa niente."

"Certo che mi va, Manu. Dammi il tempo di vestirmi e andiamo."
Manuel si illuminò di nuovo in viso ed annuì, uscendo poi dalla stanza per permettergli di cambiarsi.

Dieci minuti dopo, Simone e Manuel sgattaiolarono fuori dalla villa e raggiunsero il gabbiotto dove la moto era conservata. Quando l'amico la tirò fuori, comprese almeno in parte il suo entusiasmo. La moto era stupenda, sembrava quasi nuova nonostante l'aspetto vissuto, e Simone sapeva che il più grande era molto fiero di sé per essere riuscito a riportare in vita quel gioiellino.

"Pija sto casco che nun te vojo vedè sfracellato sulla strada."
Infilarono entrambi i caschi, poi Manuel si sedette sulla sella e guardò Simone perplesso.
"Beh, che aspetti? Mettite dietro, no?"

Ed era ovvio che era ciò che avrebbe dovuto fare, eppure il più piccolo si ritrovò a fissarlo inebetito dalla semplice richiesta.
Avrebbe dovuto comportarsi da persona normale, come un qualsiasi ragazzo che faceva un giro in moto con un amico, ma per quale strano motivo il suo cervello si rifiutava di vedere lo stare insieme su una moto come un'azione semplice e amichevole.
La prospettiva di sedersi dietro Manuel sulla moto, di ritrovarsi attaccato a lui e di sentire la sua pelle contro la propria lo turbava in un modo che non riusciva a capire.

"Oh Simò, ci sei?"
"Sì, sì, ci sono."
"Beh, sali no?"
E Simone salì, cercando di ignorare la strana sensazione nello stomaco che non voleva riconoscere, non ancora almeno. E quando Manuel gli impose di tenersi alla sua vita, dicendo che non potevano permettersi di fare un incidente con una moto non loro, cercò di controllare il rossore sulle sue guance.

Il giro in moto fu molto carino, a dirla tutta. Costeggiarono tutto il lungomare e girarono Fregene e i paesini limitrofi. Risero molto e si divertirono, ma Simone non riuscì a godersi appieno la giornata. Era troppo impegnato a tentare di arginare ciò che ormai stava esplodendo dentro di lui, anche se sapeva che sarebbe stata una battaglia persa.

Ma non poteva fare a meno di cercare contenere quel terremoto, di natura ben diversa da quello che aveva provocato la loro amicizia. Sapeva che se si fosse scatenato, ne sarebbe stato la sola vittima.

Nota autrice
Simone un pelino drammatico ma te se ama.

Wonderland | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora