Capitolo 26

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Y/N'S POV:

Era lunedì 22 dicembre e indossavo il mio vestito preferito senza collant e con tacchi da quindici centimetri. Quella mattina avevo passato un'ora intera a chiedermi se fosse il caso di mettere le calze. Mi ero provata il vestito diverse volte sia con i collant sia senza, per poi decidere infine che stavo meglio senza. Il fatto che non mi sentissi più le dita dei piedi mentre aprivo la porta dell'edificio della «Big Hit» non fu quasi degno di nota. L'unica cosa di cui fossi cosciente, al momento, erano le mie emozioni scoperte, logorate come se avessi passato le ultime dodici ore a bere caffè per tenermi sveglia. Il fatto che fosse andata proprio così mi dava l'impressione di vivere un'esperienza extracorporea, come se dall'esterno mi guardassi salire lentamente le scale fino al primo piano dove si trovava la mia scrivania. La mia scrivania, accanto a quella di Yoongi. Arrivata in cima mi fermai di nuovo, mi lisciai il vestito, mi premetti le labbra l'una contro l'altra per assicurarmi che il lucidalabbra fosse omogeneo e mi stampai in faccia un enorme sorriso.

Il primo segnale che la mattinata avrebbe potuto rivelarsi difficile arrivò mentre passavo davanti a Sowon per andare in cucina a prendere il caffè. Mi fermai a chiederle come stava il suo ragazzo dopo la festa, ma fui accolta da uno sguardo gelido a cui fece seguito un eloquente abbassamento degli occhi a terra per evitare ogni altro contatto. Dopo lo shock iniziale proseguii verso la mia scrivania, determinata a concentrarmi sul compito chiave della giornata.

Feci il resto del tragitto con lo sguardo al pavimento per evitare ulteriori distrazioni mentre mi avvicinavo a Yoongi. Infine, vidi con gioia il cestino della cartaccia e mi concessi di sollevare gli occhi, ripetendomi mentalmente l'attacco del discorso che avevo provato con cura.

«Yoongi, mi dispiace tantissimo, io...», esclamai, finché non mi accorsi che la sedia dell'uomo era vuota.

"Sarà andato a prendere il caffè", mi dissi. Sospirai di sollievo. Era ora di riprendere il controllo.

Dopo essermi tolta il cappotto, mi sedetti e tamburellai nervosamente le dita sul piano della scrivania. "E adesso?", mi chiesi. Ero troppo tesa per provare a lavorare. Dovevo risolvere quella faccenda, prima di potermi concentrare su qualunque altra cosa. Guardai la scrivania sperando in qualche distrazione, ma il consueto caos che richiedeva con urgenza la mia attenzione non fece che rendermi ancora più impaziente di vedere Yoongi. Guardai la scrivania del collega e mi meravigliai delle sue abilità organizzative e del suo ordine. Mi trovai a sorridere con affetto, una reazione al pensiero di Yoongi di cui avevo preso coscienza lentamente ma con sicurezza nelle ultime ventiquattro ore. Ventiquattro ore trascorse a rivivere quel momento. Il momento in cui, in ogni commedia romantica, la coppia s'innamora. Avevo provato una fitta di dolore quando mi ero accorta di desiderare con tutta me stessa di essere Meg Ryan in cima all'Empire State Building nella scena in cui Tom Hanks arriva per iniziare la loro vita insieme. Per la prima volta avevo capito che, per quanto m'avesse resa felice farla pagare agli uomini che mi avevano spezzato il cuore, e per quanto avesse reso felici le donne a cui avevo cercato di aggiustare la situazione sentimentale, neanche in un milione di anni avrei mai potuto dare loro tanta felicità. La felicità di quando Cupido scocca la sua freccia. Più che altro, però, avevo trascorso ventiquattro ore a guardare quei film e a rendermi conto che nessun eroe valeva neanche la metà di Yoongi. Nessuno di loro rideva come lui alle mie battute, nessuno di loro credeva altrettanto in me, nessuno di loro era la mia roccia, nessuno di loro mi capiva, nessuno di loro mi completava e tutti gli altri possibili cliché sull'amore. Cliché irritanti, finché non ti innamoravi e li facevi tuoi.

Certo, insieme alla presa di coscienza che Yoongi mi aveva restituito la speranza era arrivata quella di aver distrutto il proprio lieto fine. Non solo distrutto, schiacciato a morte nella maniera più orribile. Avevo passato molto tempo in lutto, convincendomi che la mia vita fosse finita. Accorgendomi di essermi sbagliata su ogni singola cosa. Nel momento più basso della mia disperazione mi ero trovata a fissare per l'ennesima volta lo schermo con l'immagine di Sandra Bullock mentre sull'altare di Un amore tutto suo sposava il fratello sbagliato. Era stato allora che avevo capito di stare agendo da stupida, e che la speranza aveva fatto ritorno. Il lieto fine non arrivava naturalmente. C'era sempre qualcosa che andava storto. Qualcosa che ti obbligava a fare ancora più sforzi per vivere il tuo destino. Cos'era un lieto fine, senza la sofferenza che dovevi sperimentare come suo preludio? Nel mio stato confusionale provocato dalle commedie romantiche, mi ero accorta che l'aver rifiutato la dichiarazione d'amore di Yoongi era solo un ostacolo da superare per dimostrare che lo desideravo sul serio. «Grazie Sandra», avevo bisbigliato. «Grazie di avermelo ricordato». Poi ero rimasta in piedi tutta la notte per preparare il discorso, il vestito e tutto ciò di cui avrei avuto bisogno la mattina seguente, quando mi sarei riconciliata con Yoongi e avrei vissuto per sempre felice e contenta.

𝕃𝕒 𝕍𝕖𝕟𝕕𝕖𝕥𝕥𝕒 𝔻𝕖𝕝𝕝𝕖 𝕊𝕚𝕟𝕘𝕝𝕖 {𝕐𝕠𝕠𝕟𝕘𝕚 𝕩 ℝ𝕖𝕒𝕕𝕖𝕣}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora