Capitolo 10

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"Ora giochiamo a modo mio e vediamo se ti piacerà ancora"
Cosa intendeva dire, cosa voleva dire giochiamo a modo mio?
Mi prese una mano e mi fece alzare dal divano sopra cui ero seduta. Io lo seguii, salimmo su per le scale e mi portò davanti ad una porta bianca con delle rifiniture in oro laccato.
Spinse giù la maniglia e mi fece entrare. C'era un grande letto, e una finestra molto grande coperta da una tenda rossa, di lato c'erano due comodini sopra i quali stavano delle piccole lampade utili per dare giusto una luce soffusa. Di fronte al letto c'era un grande mobile, costituto da 2 cassetti e uno sportello molto grande.
Lui entrò e chiuse a chiave la porta lasciandosela alle sue spalle. Si avvicinò e mi fece sdraiare delicatamente sopra il letto. Ora più che mai il desiderio di lui si stava facendo sempre più preponderante e sentire il suo respiro che si avvicinava mi provocava leggeri brividi di piacere.
Mi alzai per cercare di baciarlo, ma lui prese fortemente i miei polsi e li sbatte sopra il letto.
"Stai ferma." mi ordinò con il suo tono autoritario che nel contempo mi piaceva, perché mi faceva sentire controllata.
Aprì il cassetto del comodino che era vicino al letto ed estrasse una benda nera. Si avvicinò al mio viso e la mise sopra i miei occhi.
"Ora devi rispettare i miei ordini senza fiatare." mi sussurrò nell'orecchio.
Era vicino, potevo sentire il suo respiro sopra il mio collo, il suo corpo anche sentivo vicino al mio, e questa sensazione di mistero mi piaceva.
"Ora girati." mi ordinò, ed io eseguii i suoi comandi.
Di colpo prese i miei polsi e senza che me ne accorgessi erano legati da delle manette alla ringhiera del letto.
"Cosa vuoi fare?" dissi preoccupata, ora stavo iniziando ad avere paura, quelle manette mi tenevano ferma, ad ogni tentativo di liberarmi, tirando indietro le mani, sentivo ancora più dolore.
"Ti piace giocare hai detto giusto? Bene ora giochiamo a modo mio, così la smetti di provocarmi". Il suo tono autoritario continuava a gelarmi, ora non potevo fare altro che sottostare a ciò che lui voleva. La sua mano passò sopra l'orlo del mio vestito che in un attimo mi tirò portandolo sopra la mia schiena e lasciando scoperto tutto il mio fondoschiena.
Si mise seduto di fianco a me e la sua mano passò sulle mie gambe accarezzandole fino ad arrivare all'interno coscia. Quel tocco mi provocava brividi di piacere, tanto che non pensai più di essere legata e mi lasciai completamente andare al tocco delle sue mani. Mi sfiorò il sedere, passando la sua mano al di sotto delle mie mutandine che poco dopo strattonò verso il basso, togliendomele.
"Come ti senti ora, nuda agli occhi di uno sconosciuto?" mi domandò sussurrandomelo all'orecchio.
"Bene" risposi cercando le sue labbra che sparirono poco dopo.
Continuava ad accarezzarmi il fondoschiena, ed io iniziai a bagnarmi come risposta di quel suo tocco delicato. Di colpo la sua mano sparì e lui si alzò dal letto.
"Mettiti in ginocchio" mi ordinò, ed io lo feci, ne alzai prima una cercando di fare leva sulle mani ancora bloccate e poi l'altra.
Sentii il suono della cinta che si stava togliendo, ma non la sentii cadere per terra, poco dopo con quella stessa cinta mi sferzò un forte colpo sul mio sedere.
Urlai dal dolore, e mi accasciai giù.
"Ritorna su" disse.
"No" urlai.
Lui non mi ascoltò e un nuovo colpo colpì fortemente il mio sedere che iniziava a bruciare.
Si mise di fianco al mio corpo e la sua mano aprì di colpo la mia gamba, salendo verso l'alto. Arrivò lì e nonostante i due colpi sferrati, nonostante il dolore provato, ero bagnata.
"Sei tutta bagnata, allora questo gioco ti piace" disse lui, facendo passare la sua mano lungo il mio sedere.
"Non mi piace affatto." ringhiai.
"Il tuo corpo dice altro" rispose passando la sua mano all'interno delle mie piccole labbra, provocandomi un brivido di piacere.
Gemetti, non riuscivo a fare nient'altro, tuttavia la cosa iniziava a piacermi.
"In ginocchio, di nuovo" ordinò, ed io nonostante la mia testa dicesse di non farlo, lo feci.
"Iniziamo con dieci sculacciate, contane una per una se non lo farai saranno di più" .
La sua mano dapprima accarezzo il mio sedere poi quando non la sentii più avvertii che stava per tornare lanciandomi un forte colpo.
"Uno" dissi, mentre il piacere di quel colpo così forte mi invadeva.
Ne sferzò un altro, questa volta ancora più forte.
"Due" dissi mentre ansimavo.
Continuò. "Tre", "quattro", "cinque", "sei,"sette" più andavamo avanti più i colpi si facevano sempre più forti e facevano sempre più male, ma non riuscivo a resistere, mi piaceva, mi eccitava.
"Otto" urlai, e la sua mano continuò senza fermarsi.
"Nove" quel colpo fu così forte che non riuscii più a tenermi ben salda sopra le mie ginocchia e caddi completamente sopra il letto.
Lui non esitò a fare un altro colpo, ma la mia voce si spezzò mentre cercavo di dire quel dieci.
"Non ho sentito" disse continuando a premere la sua mano sopra il mio sedere.
Dalla mia bocca uscì un "dieci" leggermente biascicato, ma sembrò accontentarlo.
Il mio sedere era completamente rosso, tanto erano state forti le sculacciate che mi aveva dato.
"Hai imparato la lezione?" mi domandò.
"Non sapevo di dover imparare nessuna lezione, sono io che decido sulla mia vita e se a te non sta bene a me non importa." gli risposi cercando di trovare la forza per fare uscire quelle parole.
"Allora girati." mi ordinò.
"No" urlai, mostrando una netta disapprovazione.
Ma niente riusciva a fermarlo: si avvicinò e con le sue forti braccia prese il mio corpo facendomi girare.
"Ferma così" disse aprendomi le gambe.
Lo sentii allontanarsi da letto, ma a causa della benda sugli occhi non riuscivo a vedere dove stesse andando.
Un colpo di cinta arrivò forte sopra il mio clitoride. Quel colpo inaspettato mi provocò un gemito, e mi fece bagnare ancora di più, il dolore si stava mano a mano trasformando in piacere, e la cosa mi eccitava.
Sferzò un secondo colpo, questa volta più forte, faceva male, ma godevo come mai avevo goduto prima.
Buttò la sua cinta di cuoio per terra, e sentii la porta aprirsi per poi richiudersi a chiave.
Realizzai in quel momento che mi aveva lasciata chiusa in quella stanza, nuda, legata, bendata, senza aver detto più nulla.

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