Capitolo 14

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Ero seduta sul divano mentre Davis e Ludovico continuavano a parlare, io non li ascoltai più, ora l'unica cosa che mi interessava non era più Valerio, ma quella donna che era scappata, era andata via da Paolo, ed io volevo sapere il perché e le risposte avrei potuto riceverle solamente da lui.
Io non volevo fare la stessa fine di quella donna, sarei potuta scappare subito anche io, ma non posso perché lui, quell'uomo, esercita su di me una forza intellettiva e fisica, non riesco ad andarmene perché voglio sapere di più di lui, voglio conoscerlo.
Nello stesso tempo, non riuscirei ad abbandonare quegli occhi, quel suo sorriso e quel suo abbraccio caldo della prima sera, perché forse si può rinascere in un abbraccio, ci si può ricostruire.

Erano quasi le 18.00, lui sarebbe venuto a prendermi a breve, così mi affrettai a prendere un po' di vestiti da portare a casa sua, raccattai i miei trucchi e le cose necessarie e le misi tutte dentro ad un borsone.
"Davis, io vado, questa sera non ci vedremo." dissi andando verso la porta.
"Stai con Paolo?" si rivolse a me Ludovico guardandomi con un aria dura e irrequieta, con il fuoco dentro gli occhi.
"Si, sto con Paolo" aprii la porta ed uscii.
Mi misi ad aspettarlo fuori la strada, guardavo insistentemente l'orologio, erano le 17.55, a breve sarebbe arrivato.
A quel pensiero mi si chiuse lo stomaco, ero si contenta di vederlo, ma nello stesso tempo avevo paura, paura che potesse fare qualcosa di male anche a me.
Vidi la sua macchina in lontananza arrivare dritta verso di me. Si fermò ed io salii immediatamente.
"È successo qualcosa?" domandò Paolo, con un tono serio continuando a guardare la strada.
"Sai Davis.." fargugliai.
"Davis cosa? Cosa Beatrice?" urlò contro di me lanciandomi occhiate fulminee.
"Niente Paolo, scusa non dovevo proprio pronunciare quel nome." Abbassai lo sguardo e presi il telefono senza sapere cosa farci in realtà, ma era solo un modo per sfuggire dal suo sguardo.
"Cosa ha fatto Davis? Oppure cosa hai fatto tu con Davis?" continuò Paolo, mantenendo sempre il suo tono forte ed acceso.
"Magari ne parliamo a casa." dissi alzando la testa dal telefono e guadando la strada per capire a che punto eravamo. Mancava poco, era andato così veloce che aveva accorciato le distanze.
Lui non mi rispose, e continuò a guidare, accelerando sempre di più nelle grandi strade in modo tale da riuscire ad arrivare prima.
Dopo 10 minuti eravamo fuori la sua immensa villa, di giorno il grigio della facciata della casa con i raggi del sole dava sull'argento, ed i contrasti tra il prato e alcune statue completamente bianco latte aumentavano. Si dimenava qualche farfalla bianca sopra un aiuola di fiori gialli e rosa. Sembrava un paradiso dall'esterno, ed emanava una tranquillità, una serenità, ma ogni cosa che è di Paolo è sempre in contrasto con la sua personalità, lui non è come questa bella facciata perfetta nei minimi dettagli, lui è irrequieto, estremamente potente, ossessionato dal tener sotto controllo qualsiasi cosa o qualsiasi donna.
Entrammo dalla porta principale ed io andai subito verso il salone dell'altra sera e mi sedetti sul divano di pelle bianca.
"Ora parla e vedi di farlo subito" disse Paolo mettendosi di fronte a me e guardandomi con il suo solito sguardo intenso dato da quegli occhi color nocciola che brillavano al contatto con la luce.
"Davis mi ha raccontato tutto di te, ha detto che un tempo collaboravate tu, Valerio, Davis e Ludovico. Poi tu hai avuto una discussione con Ludovico a causa di una donna. Ludovico la amava perché gliel'hai portata via?" chiesi continuando a guardarlo negli occhi.
Lui si fece triste non appena nominai quella donna, sapevo che c'era qualcosa di più sotto ed ora non poteva fare altro che parlarne.
"La donna si chiama Eveline, era bellissima, alta con i capelli biondi che le arrivavano fino a metà schiena, aveva i lineamenti delicati, un corpo bellissimo, il più bello che io abbia mai visto. Lei era insieme a Ludovico da molto tempo, ed io potevo solo che guardarla di nascosto, senza mai fare nulla, rispettavo Ludovico e rispettavo lei. Ma un giorno, lei venne da me piangendo, mi disse che Ludovico l'aveva tradita, e che la trattava male.
Ed io non potei fare altro che accoglierla da me per un periodo.
Io mi innamorai ancora di più di lei, era perfetta, era la mia donna. Un giorno sparì lasciandomi un biglietto sopra il tavolo dicendomi che non poteva più restare da me e che poi mi avrebbe spiegato tutto un giorno se ci saremmo rivisti." disse e una lacrima attraversò il suo viso.
"La ami ancora?" domandai.
"L'ho sempre amata e non smetterò mai di farlo. Da quel giorno non l'ho più rivista, era sparita e nessuno sapeva dove era andata." le sue lacrime continuavano a scendere sempre più forti e più veloci.
"Andai a letto con altre donne dopo di lei, ma continuavo sempre a pensare a Eveline, e così sfogai la mia rabbia su di loro, dandogli schiaffi, frustandole, ma il dolore non si esorcizzava mai, anzi a loro piaceva ed io continuai. Era una sorta di liberazione per me ed un piacere per loro." disse mettendosi seduto sul divano vicino a me, asciugandosi le lacrime con la sua mano destra.
La mancanza e la lontananza lo avevano ucciso dentro, quella donna sparita nel nulla lo aveva annientato, lo aveva cambiato.
"Mi dispiace Paolo." questa fu l'unica cosa che riuscii a far uscire dalla mia bocca.
"Ti ricordi quella stanza in cui ti vietai di entrare?" domandò.
"Si." risposi alzando leggermente la schiena dal divano.
"Ora te la faccio vedere. Andiamo"
Si alzò prendendomi la mano e insieme andammo verso quella stanza misteriosa.

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Nota autrice:

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