Capitolo 7

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Ormai dovevano essere passate un paio d'ore dal suo risveglio. Il cielo aveva abbandonato le tenebre della notte, si era svegliato con il tenue rosa calmo e gradevole, ed ora si era colorato con il giallo più acceso e gioioso che si fondeva al blu insieme alle nuvole. La strada ormai stava rinascendo, le persone scendevano dalle proprie case per recarsi ai loro impegni, ed i poveri sbronzi ormai barcollando erano tornati alle loro residenze, alcuni invece si erano coricati su delle verdi panchine, ricoperte dalle piccole goccioline di rugiada del mattino. Qualcuno aveva perfino ancora le bottiglie d'alcol poggiate al fianco. Dazai si chiese cosa portasse a questo. Quanto dolore per potersi conciare in quello stato. Alcuni erano diventati pallidi e le loro labbra parevano incolore per via dei tanti sforzi di vomito. Gli parve di vedere in quei volti lividi se stesso e nel peso che portavano sul cuore rivedeva il suo che da anni pareva non voler battere. Rubò due bottiglie abbandonate a terra, non si sarebbero mica offesi, forse li avrebbe aiutati. E nella testa ripeteva "Hayato Izo" si massagiava la fronte e continuava a ripetere "Hayato Izo". Dazai sapeva che non l'avrebbe dimenticato, ma lo ripeteva per far scattare quella scintilla nel suo cervello che gli permettesse di ricordare. Aumentò la forza con la quale massagiava la fronte e sul suo volto comparí una strana espressione che mostrava il suo sforzo. Si scervellava ma nulla quel nome non l'aveva mai sentito, quei strani flashback non volevano comparire. Mentre iniziava a schiaffeggiarsi la faccia come per svegliarsi nella tasca il suo telefono iniziò a vibrare. Spalancò gli occhi, lo prese tanto freneticamente da rischiare di farlo cadere.
<< RANPO-KUN! >> rispose Dazai senza rendersi conto di aver alzato il tono di voce, tanto da farsi notare dai passanti che aumentarono velocemente il passo girando lo sguardo, lui però pareva ignorarli.
<< Dazaii mi hai stonato! >> rispose il collega
<< Scusa non volevo... Cosa hai scoperto? >> il moro pareva andare di fretta, e si sentiva l'euforia nella sua voce.
<< Quel proiettile appartiene ad una glock 17... Ma tu lo sai meglio di me. >>
Dazai sorrise, il ragazzo aveva già capito tutto, ed il moro con lui. Quella glock oramai giaceva nel fondo dei mari ma il suo proiettile divenne per Dazai più prezioso dell'oro.
<< Ranpo-kun... Dove si trova quel ragazzo ora? >>
<< Bho.. >>
<< Patatine a che gusto? >>
<< Hmmmm... Tutte quelle che trovi>>
A Dazai parve venire un colpo, si stropicciò gli occhi con il pollice e l'indice, non aveva un soldo, ma di certo Kunikida gli avrebbe fatto un prestito...
<< Come vuoi.>>
Il collega gli attaccò in faccia per la seconda volta nella giornata e gli inviò la posizione.
Dazai fece un lungo respiro, avrebbe voluto saltare ed urlare, invece allargò le braccia, alzò la testa al cielo e si abbandonò completamente chiudendo dolcemente gli occhi. Sentiva il suo cuore battere come non mai, non era mai stato così entusiasta in vita sua.

Il moro non dovette andare lontano. Ciò che cercava era a pochi metri da lì, in un vicolo abbastanza degradato, dove il sole pareva non essere mai sorto. I palazzi avevano l'intonaco scrostato colorandosi di grigio e nero. Alcuni avevano le finestre coperte da delle serrande rotte che pendevano di lato, altre invece non avevano neppure i vetri. Qualche macchina era abbandonata per la strada, molte erano catorci, alcune non avevano nemmeno le ruote, ma parevano essere delle case ospitali, adornate perfino da giornali ai finestrini. Le staccionate erano colorate da vari graffiti dalle quali usciva intrufolandosi nelle fessure qua e là qualche topolino spelacchiato. Gli venne quasi da ridere ricordandosi di una sua vecchia conoscenza. Altri animali invece come gatti e piccioni si muovevano per la via destreggiandosi tra i catorci e i lampioni anche questi con i vetri rotti, ricoperti completamente da vecchi volantini che si lasciavano andare al primo soffio di vento. I cani invece regnavano sui tantissimi bidoni che rendevano ancora più grigio quel luogo e che non bastavano per contenere tutti quei sacchi della spazzatura che sporcavano la strada. Dazai però aveva già visto di peggio e di certo un po' di sporcizia non l'avrebbe spaventato, non per nulla Chuuya l'aveva incontrato proprio nei bassifondi. La maggior parte dei suoi ex colleghi quei posti li conosceva bene erano abituati a quella puzza asfissiante di fogna, mentre per le altre persone la loro presenza era fuori da qualsiasi immaginazione. Eppure era in quei loschi luoghi che Dazai vedeva l'essenza della città, scoperta da qualsiasi velo, nuda nella sua verità. La porta alla quale avrebbe dovuto bussare era semiaperta bloccata solamente da una catenina arrugginita. Dazai bussò per ben tre volte, ed una voce rauca gli venne incontro borbottando. L'occhio arrossato dell'uomo si affacciò alla fessura incrociandosi con il sorriso forzato di Dazai, tenebro da far paura. L'uomo urlò facendo scappare i piccioni nei paraggi e per la paura cadde a terra.
<< Signor Izo dai mi apra... Ho portato perfino da bere. >> Dazai gli sorrise alzando le due bottiglie rubate poco prima vicino al volto. Poi il suo viso divenne completamente inespressivo, abbassò le mani lungo il corpo, le bottiglie gli pendevano dalle dita ed suoi occhi parevano mutare completamente. Il castano profondo ed intenso pareva quasi sfumarsi di rosso, erano gli occhi di un demone.
<< Non dovrò mica fare da solo vero? >>
L'uomo aprí la porta, conosceva quegli occhi.

L'interno era ancora più logoro dell'esterno, la stanza era quasi vuota e la luce proveniva solamente da una piccola lampada posata su un tavolo polveroso, che oscillava da un lato. Il resto era completamente buio, e soffocato da una rancida puzza. Il tetto era crepato e colorato da varie macchie causate probabilmente da molte perdite. Tutte le finestre erano coperte da giornali vari attaccati grossolanamente con il nastro adesivo scuro. L'uomo pareva quasi abbinato a casa sua, oltre ad una benda rossa sull'occhio coperta in parte da ciuffi ramati di capelli, egli portava una canotta grigiastra per lo sporco, colorata da quelche macchia di caffè e dei jeans strappati dalla quale si intravedeva una pelle livida coperta da uno scuro pelo arricciato.
<< Cosa vuole da me? >> Disse l'uomo con voce tremante, facendo un paio di passi indietro per allontanarsi da Dazai. Il moro però non faceva caso alla sua paura e si accomodò su una vecchia sedia vicino al tavolo, sorretta con qualche CD sotto le gambe.
<< Solo parlare un po'>> gli disse aprendo la bottiglia che portava in mano spingendola verso l'estremità opposta del tavolo. L'uomo la guardò per qualche minuto scettico, poi incoraggiato dallo sguardo di Dazai si sedette.
<< Non so nulla. >> Dazai stese i gomiti sul tavolo avvicinando così il suo volto all'uomo che invece si allontanò.
<< Ma non le ho chiesto ancora nulla... >>
<< Non so nulla di nulla. >> disse l'uomo distogliendo lo sguardo dal moro.
<< Si ricorda di me? >> Dazai sorrise indicandosi la faccia con entrambi gli indici premendo sulle sue morbide guance. Ma egli non rispose, limitandosi a coprire l'occhio bendato con la mano. Dazai si abbandonò sullo schienale della sedia e iniziò a giocare con la bottiglia toccando il boccucio con il dito.
<< I-i-i suoi occhi... >> disse l'uomo con voce tremolante.
<< I suoi occhi... I suoi occhi sono cambiati. >>
Dazai gli sorrise, questa volta con un sorriso sincero che stupì l'uomo.
<<Ho abbandonato quella vita... Voglio solo il suo aiuto. >> L'uomo rimase pietrificato per qualche secondo per poi girare velocemente lo sguardo. Temeva Dazai, ma in lui non pareva nascondersi più il demone che l'aveva marchiato a vita, ciò nonostante non poteva fidarsi.



𝑴𝒆𝒎𝒐𝒓𝒊𝒆𝒔 𝒊𝒏 𝒘𝒊𝒏𝒆 // 𝒔𝒐𝒖𝒌𝒐𝒌𝒖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora