9 @AppiBee - Filippo

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«Ho fatto qualcosa?». Domando a Riccardo. 

Sono a casa sua dopo averlo praticamente implorato di vederci almeno cinque minuti. Sono passate più di due settimane dal mio ultimo ti amo e dalla sua solita risposta e più di una invece da quando l'ho visto in quel bar assieme a un altro. 

«Cosa avresti fatto?». Apre il frigo e prende una delle sue bibite energetiche. «Vuoi?». 

Scuoto la testa, non bevo quella roba, preferisco dormire, ma nonostante tutto posso ancora comprendere e capire che con i turni all'ospedale non sia poi così facile. «È da quando mi sono trasferito che sembri evitarmi». Provo a dire sperando in una sua qualche confessione.

Continua a bere appoggiato al lavello e solo dopo aver abbassato il braccio torna a guardarmi. «Mi sto facendo il culo per non restare indietro, quindi scusa tanto se ultimamente non sono in ottima forma». 

Il tono aggressivo che mai prima d'ora aveva usato mi fa dubitare se le sue parole siano mai state vere o se per tutto il tempo in cui io l'ho amato davvero, per lui invece sia stato solo un passatempo. «Ma ora sono qui, tu sei qui, eppure stiamo discutendo piuttosto che fare l'amore». Lo provoco per vedere fino a dove arriverà a mentirmi. E a farmi del male.  

Abbassa lo sguardo colpevole e quando torna all'insù i suoi occhi non riescono a incrociare i miei mentre parla. «Tra poco inizio il turno». 

Ed eccolo qui quello stesso linguaggio del corpo che il professore ha usato su di me e suo figlio per analizzare la nostra complicità, solo che ora tra di noi sta mettendo in chiaro solo lati negativi del nostro rapporto. 

«Vuoi lasciarmi?». Gli chiedo, conoscendo comunque il finale. 

Lo sguardo corre nel mio. «Cosa? No». 

Non sta mentendo e questo mi fa stare anche peggio. È come se fossi diventato una parte di lui, un piccolo lembo di pelle al quale oramai c'ha fatto il callo. Ingoio quello che vorrei dire e faccio un sorriso avvicinandomi. «Domani sera vieni da me?». Abbasso il tono di voce mentre allaccio le mani sui suoi fianchi. 

«Domani sono libero». Afferma mentre dentro di me soffro. 

Lo bacio per l'ultima volta. Anche se fa male, ma ne ho bisogno per poter mettere un punto a tutto senza nessun rimpianto. Inarco le labbra all'insù con forza e dopo essermi allontanato parlo ancora. «Lasciamoci».

«Cos'hai detto?». Mi guarda stranito, come se da me non si sarebbe mai aspettato queste parole, sopratutto non dopo un bacio. 

«Mi stai tradendo e questo non mi va bene». 

«Ma..». Prova a dire, per poi bloccarsi non avendo nessuna scusa pronta da potermi rifilare che possa sembrare vera. «Mi dispiace». 

Almeno ha la decenza di scusarsi anche se questo non servirà a far passare l'amaro che sento in bocca. Non aspetto altre frasi fatte o qualsiasi spiegazione voglia darmi. Credo fortemente che implorarlo per tornare assieme non ha alcun senso e inoltre so che non mi fiderei più delle sue parole al cento per cento. Ho avuto una settimana di tempo per metabolizzare e analizzare ogni dettaglio della nostra storia e so che, per quanto la mia mente abbia bisogno di un motivo, al mio cuore non serve perché io stesso gli stavo mentendo, forzandolo a battere per qualcuno che non mi merita.

Quando esco senza nemmeno guardarmi indietro, una sferzata di aria fresca mi colpisce la faccia e do la colpa al vento se ora mentre cammino verso la fermata ho gli occhi lucidi e il cuore a pezzi. 

Ho fatto tutto quello che potevo per lui e, sebbene alle volte avrei potuto dargli di più, so che non è questo il motivo della nostra lontananza. Questo non mi conforta, non quando il mio mondo è girato attorno a lui per parecchio tempo, ma sapevo già da un po' che le cose non andavano più bene e che la fune a cui mi stavo aggrappando aveva già da un po' la cima allentata, pronta a farmi cadere. Quello che non sapevo ancora però è che alla fine non sono caduto nel vuoto. Sorrido e quando arriva il tram salgo diretto in quella casa piena di calore. 

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