CAPITOLO 18

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"Sì...? Cosa stavi dicendo?" la incalzò, afferrando quasi innocentemente, dalla tasca posteriore dei pantaloni un panno per pulirsi le mani.

La visione di quelle dita lunghe, abili e curiose che il corpo di lei conosceva molto bene, la sua pelle imperlata di sudore che Romy avrebbe voluto accarezzare, assaggiare, il suo profumo maschile che ubriacava tutti i suoi sensi...

Santo cielo, tutto questo era troppo... Lui era troppo...

"Stavo dicendo che... Ehm... Stavo dicendo che sto bene," replicò lei con tono rauco. "Rayan, ma devi proprio andare sempre in giro mezzo nudo?"

Lui sollevò un sopracciglio.

"Ti dà fastidio vedermi mezzo nudo?" chiese lui.

Di fronte alla sua espressione, Romy avrebbe voluto scoppiare a ridere. O a piangere. Forse addirittura a gridare tutta la sua frustrazione sessuale. Ma, invece, scelse di rimanere impassibile.

"Ripensandoci, lascia perdere. Questa è casa tua. Puoi andare in giro come desideri... penso..."

"Ay, muchas gracias, mi señora... penso," replicò in tono secco.

Non avendo più nulla da dire e sentendo il pressante bisogno di dedicarsi ad altro che non fosse l'ammirare quella sua stupenda nudità, Romy sollevò di nuovo il quadro e si diresse verso la porta. Aveva fatto pochi passi quando lui la fermò e le afferrò il quadro.

"Romaine Larson, ho assunto un team aggiuntivo, in modo tale che tu non debba sollevare pesi... E tu cosa stai facendo?"

Una volta che le sue nausee mattutine si fecero più frequenti, Rayan assunse un secondo team di lavoratori. Tutto quello che le veniva permesso di fare era seguire i lavori, partecipare alle riunioni degli architetti, ma le era stato proibito assolutamente di alzare pesi di qualunque tipo.

Per stare più vicina ai lavori, Romy aveva deciso di organizzare il suo ufficio in una delle stanze da letto del secondo piano, che riempì prontamente con campioni di tessuti e cataloghi di mobili antichi, tutto materiale adatto per il lavoro di rinnovo.

"Rayan, ti prego... Non sono un'incosciente... In più, quel quadro pesa meno del mio portatile. Sai bene che il medico ha detto che mi devo muovere, che devo fare un po' di esercizio."

"Che non include però salire e scendere dalle scale una dozzina di volte al giorno."

Il tono di rimprovero di Rayan non era molto duro, ma era assolutamente carico di preoccupazione. Romy evitò di sottolineare il fatto che fosse scesa solo un paio di volte quel giorno, e solo per pranzare con lui.

"C'è un motivo in particolare che ti ha spinto a cercarmi? O mi stai onorando con la tua bisbetica presenza solo per puro divertimento?"

Lui si fermò in cima alla scalinata, si girò e la fissò.

"E sarei io il bisbetico?"

"Non hai risposto alle mie domande."

Rimase ad osservare il viso corrucciato di lei per un attimo, prima di scendere di nuovo la scalinata. Seguendolo alle spalle, Romy non poteva fare a meno di notare la bellissima muscolatura della schiena e il modo in cui i suoi capelli arruffati si muovevano, conferendogli un'aria da selvaggio.

Quando raggiunsero il piano terra, Rayan rivolse qualche parola in spagnolo ad un restauratore, che annuì e si allontanò da loro. Si girò e le fece segno di seguirlo.

"Andiamo."

"Andare dove? Mi puoi dire, per favore, che cos'hai detto a quell'uomo?" domandò lei.

Rayan s'incamminò nella direzione del salone principale e lei non poté fare altro che seguirlo.

ROMY E IL SUO MAGNATEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora