29. Cicatrici

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25 dicembre. Natale.
Ma sarà mai Natale per me?

PETER'S POV

Sono arrivato a casa mia a Los Angeles due giorni fa. Ho visitato la città e sono andato a prendere dei regali per Natale, ovvero stasera. A cena verranno tutti i nostri parenti e sinceramente non vedo l'ora di vederli perché un po' mi mancano. Sto aiutando la mamma ad apparecchiare mentre mio fratello piccolo, Theo, mi tira la camicia che ho addosso mentre ride come un matto. Mio fratello è sempre stata la mia priorità e non permetterò mai a nessuno di fargli del male. La mia infanzia non è stata tutta rose e fiori, ma adesso sto bene nella mia nuova famiglia. Quando i miei nuovi genitori mi hanno trovato a terra, senza un tetto sotto cui vivere mi hanno accolto subito in casa loro e per questo non li ripagherò mai abbastanza.
Mi hanno trovato una sera, quando avevo sette anni, ricordo di essere scappato da casa perché quella sera i miei vecchi genitori se così si possono chiamare avevano fatto un altro dei loro 'giochetti' malati.
-INIZIO FLASHBACK-
"Amore siamo a casa!" urla la mamma dal salotto. Ero nascosto in camera, con in mano una mazza da baseball. Volevo difendermi da loro in caso avessero provato di nuovo a farmi del male.
"Avanti bambino mio, vieni fuori, vogliamo salutare nostro figlio!" urla mio padre sbronzo. Non cedo e rimango lì, dietro la porta in silenzio.
"Va bene, vorrà dire che ti verrò a salutare io." dice di nuovo papà mentre sento dei passi salire svelti sulle scale. La paura inizia a prendere il sopravvento, ma non posso concedergli di farmi di nuovo del male, perciò mi armo di coraggio.
"Amore lo so che sei qui, avanti saluta i tuoi genitori." dice la mamma mentre entra nella stanza. Inizio a tremare, ma la mazza che ho in mano mi fa sentire stranamente coraggioso. Sto per colpire, quando papà mi afferra violentemente.
"Ti abbiamo trovato piccolo stronzetto!" mi urla in faccia mentre mi trascina da un orecchio giù per le scale.
"Facciamo un bel gioco bambino mio? Ti va?" so che se provo a ribellarmi sarà peggio perciò annuisco.
"Allora inizia ad andare vicino allo stanzino in fondo arrivo subito." mi incammino col cuore pesante e lo aspetto come mi ha appena detto.
Si avvicina e lentamente prende la chiave che era appesa di fianco, mormora qualcosa di incomprensibile e mi sbatte dentro questo stanzino -poco meno di una scatola 2X2- e mi chiude dentro. È buia e vuota e avverto una sensazione ormai familiare. Inizio a sudare e sento il mio battito accelerare violentemente. Mi assale un senso di nausea ma mi sforzo di rimanere con gli occhi aperti. Intanto sento mio padre che continua a parlarmi.
"Sei uno sbaglio! Un errore! Hai rovinato tutto!" dice mentre mi afferra dalle piccole sbarre di ferro e mi strangola. Tremo e sto per svenire, ma lui continua.
"Questa famiglia è a pezzi per colpa tua! Sei una feccia umana, lo sai? Sei tutto ciò che un essere vivente non vorrebbe avere tra i piedi, ma guarda un po'! È capitato proprio a noi un esemplare del genere! Non è vero mogliettina cara? Diglielo!" sputa rabbioso l'uomo di fronte a me. Ogni sera era la stessa storia: mi chiudeva qui e mi lasciava per almeno cinque o sei ore. Poi mi lasciava e correvo in camera mia. Ma questa sera è diverso, è molto peggio.
"Mi hai rovinato la vita a me e a tuo padre e ancora oggi continui a dare problemi!" dice la mamma. Non so nemmeno se posso definirla così, quella donna che mi ha tenuto in grembo per nove mesi e che per i primi anni di vita mi è sempre stata vicina. Non la riconosco più. Lascio sfogare tutto ciò che hanno da dire mentre io sento che sto per svenire. Mi accascio a terra, stanco dalle botte violente di mio padre e chiudo gli occhi.
Passano forse ore perché quando mi sveglio i miei non ci sono più e io sono sul divano, completamente sudato e accaldato.
Dal silenzio in casa deduco che i miei non ci siano, perciò faccio l'ultima cosa che un bambino di sette anni si aspetterebbe di fare. Salgo sopra e prendo la mia mazza da baseball, poi apro la porta e corro più lontano che posso. Scappo da tutto. Dalla mia famiglia. Dai miei genitori violenti. Dal mio passato. Da tutto ciò che mi fa soffrire. Da un semplice bambino di sette anni che vuole solo essere amato. Dalle parole. Dai gesti. E infine scappo da quell'orribile stanzino. Sono molto lontano, forse fuori città, quando mi accorgo di un piccolo ponte. Mi accovaccio lì sotto e prego vivamente che ci sia qualcuno lì fuori che mi voglia bene. Sto per addormentarmi, quando sento due voci in lontananza.
"O mio Dio, povero bambino! Cosa è successo?" dice la prima voce, forse una donna.
"Non lo so tesoro, avviciniamoci." dice un uomo.
Apro gli occhi di scatto e trovo due iridi celesti guardarmi intensamente.
"Piccolino, come stai? Come ti chiami? I tuoi genitori?" chiede la donna.
Scoppio a piangere mentre sto per parlare.
"S-sono solo, non fatemi del male!" dico spaventato.
"No tranquillo tesoro, va tutto bene. Stiamo partendo per la Berkley City, vuoi venire con noi dato che sei solo?" chiede l'uomo.
"Mi farete del male?" chiedo ad occhi lucidi.
"Mai, piccolino, mai." dice la donna prendendomi in braccio.
"Grazie, signora." dico posandomi sul suo petto.
"Oh amore non devi ringraziare nessuno qui, chiamami Lory. E lui è mio marito Paul. Piacere di conoscerti." dice la donna sorridendomi.
"Piacere, sono Peter. Vi voglio bene!" dico affermando la mano di Paul.
Sento che questa sarà la mia nuova famiglia, la mia vera famiglia.
-FINE FLASHBACK-
Finalmente quegli orrendi esseri viventi sono in carcere, sbattuti chissà dove, mentre io mi sono rifatto una vita ed ho una famiglia da invidiare. C'è voluto un po' per essere completamente parte di loro, tra servizi sociali e altro, ma tutti mi hanno fatto sentire subito a casa e io mi sono sentito per la prima volta amato davvero. Ho ancora addosso lo sporco del passato ma ogni volta che mi guardo avanti mi sento pulito e rinato, come se il vecchio me non fosse mai esistito. Ho paura degli spazi chiusi e questo sarà il trauma che mi rimarrà appresso per la vita, ma la mamma mi aiuta ogni giorno a sentirmi bene. Sono la cosa più importante per me ed è solo grazie a loro se adesso sono qui con una vita davanti. Sento il campanello suonare e deduco siano arrivati gli zii. Theo va ad aprire, mentre corre come un pazzo urlando 'i miei regali, evviva!' Scuoto la testa divertito e vado a salutare la mia famiglia.
"Ciao campione!" mi abbraccia zio Feen, mentre mi chino sulla pancia di zia Ellis per salutare la piccoletta che sta per arrivare. Mi accarezza dolcemente la testa e mi augura buon Natale.
Li faccio entrare, mentre tutti si salutano. All'improvviso i ricordi di poco fa si fanno spazio nella mia mente e sento questa stanza farsi più stretta. Chiedo scusa e salgo al piano di sopra. Corro in bagno e cerco di calmarmi. Sono solo agitato. Respiro ed inspiro piano, quando vedo mamma sulla porta.
"Amore, stai bene?" chiede sapendo già cosa stia accadendo.
"Si mamma, tutto bene tranquilla. Solo il tempo di gestirmi e scendo." dico continuando a respirare. Mi viene vicino accarezzandomi i capelli.
"È successo di Natale vero? Sempre questo giorno accade, ma vedrai un giorno o l'altro sarà Natale anche per te amore. Natale senza paure. Natale vero. Natale senza attacchi di panico. Natale con te stesso." dice abbracciandomi forte.
Le ho raccontato tutto, ma mai il giorno esatto, ma adesso l'ha capito e non posso che stringerla più forte. Le do solo tanti problemi e non fa che accettarmi.
"Mamma lo so che sono un continuo problema, ma senza di voi, senza la mia famiglia, non ce l'avrei mai fatta." dico tutto d'un fiato.
"Non sei e non sarai mai un problema amore, capito? Sei forte e so che ce la farai un giorno a superare tutto questo. Lo stai facendo poco a poco e sono fiera di come prendi in mano la tua vita ogni giorno. Perciò non dire più che sei un problema!" dice stringendomi di nuovo.
"Ti amo mamma." dico semplicemente. L'unica donna che mi ha salvato dal buio e che lo continua a fare ogni giorno.
"Sei il mio bambino e lo sarai per sempre." dice dandomi un bacio sulla guancia.
Ho la mia famiglia e questo basta a farmi tornare il sorriso.
Gli unici che porterò con me nella vita.
Siamo a tavola, parlando e sorridendo e non faccio altro che pensare a quanto sono fortunato per averli incontrati. A quanto amore ricevo ogni giorno. Ringrazio il cielo per avermi dato una seconda possibilità.
Siamo sul divano pronti a scartare i regali, mentre in testa mi risuonano le parole dolci di mia madre. Sarà Natale anche per te. Sorrido e abbraccio tutti piangendo. Loro sanno perfettamente il perché. Loro mi amano e io amo loro. Non potrei essere più felice.

SPAZIO AUTRICE
Vi aspettavate probabilmente un Natale diverso, ma spero che comunque questo capitolo vi sia piaciuto abbastanza.
A poco a poco voglio cercare di farvi entrare nell'ottica di tutti i personaggi di questa storia, perché non ho intenzione di trascurare quasi nessuno. Abbiamo scoperto il passato di Peter. A soli sette anni, eh?
Ma fortunatamente ora ha qualcuno con cui sorridere e sentirsi felice.
Spero che almeno un po' questo capitolo vi sia piaciuto. Non è stato molto dettagliato, ma ho cercato di farvi capire il più possibile. Scusatemi per eventuali errori.
Che dire! Vi amo per le letture e tornerò presto ❤️
Lasciate una 🌟 e al prossimo aggiornamento cuoricini 💋

AS LONG AS ARE YOU THEREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora