Capitolo 15

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Rimasi in silenzio a fissare il mio ragazzo, incerto sul cosa dire, spaventato dalle conseguenze che avrebbero potuto avere le mie parole se solo fossero state mal organizzate.

«Possiamo parlare a casa? Perfavore»

Pronunciai dopo un passo di tempo interminabile, notando nuovamente una certa delusione nei suoi occhi prima che potesse annuire sconfitto.

Lo vidi avvicinarsi maggiormente a me, portando un braccio attorno ai miei fianchi mentre un mio braccio gli circondó le spalle, incamminandoci verso la macchina che, a detta del ragazzo, era poco distante perché aveva già pensato al fatto che avrei avuto difficoltà a raggiungerla.

Camminando, osservai quel ragazzo, sentendo il mio cuore creparsi; lui era lì, ad aiutarmi a raggiungere la macchina nonostante fosse incazzato nero con il sottoscritto, stringendomi come se ci potesse essere il pericolo che da un momento all'altro iniziassi a correre, scappando il più lontano possibile da lui, da noi.

Una volta in macchina, che in effetti non era davvero troppo lontana, tra di noi regnó il massimo silenzio e... Era orribile. Noi in macchina amavamo parlare di tutto, ridere di piccole cose, ascoltare la musica, ma in quel momento regnava il gelo in quell'abitacolo.

Il mio sguardo si alternava tra il paesaggio che scorreva veloce dal finestrino e la sua figura concentrata alla guida e, palesemente, nervosa; lui era uno psicologo ma io avevo imparato ad analizzarlo a mia volta... La mandibola serrata, la stretta forte della mano attorno al volante... Non presagiva nulla di buono.

Quando arrivammo a casa, ci chiudemmo la porta alle spalle, e venni lasciato libero di muovermi anche se abbastanza goffamente, seguendo il mio ragazzo per tutta casa come un'anima in pena.

«Ja', parliamo? Non mi piace vederti così... Odio saperti arrabbiato, tanto più se con me»

«Matti, sto aspettando che tu mi dica qualcosa, qualsiasi cosa... Perché non mi hai mai detto di Christian? Perché adesso ti nascondevi? Perché non farmelo conoscere? E no, quella scusa del cazzo non regge perché so cosa pensi di me...»

Ci fermammo in soggiorno, l'uno di fronte all'altro, guardandoci negli occhi con lo sguardo più serio che ci fossimo mai scambiati.

«Io... È difficile Ja', è tanto difficile da spiegare»

«Provaci Matti, non credi che mi meriti una cazzo di spiegazione?»

Annuii, avvicinandomi a lui con esitazione, poggiando le mani ai suoi fianchi, sentendolo rilassarsi dopo un primo momento di rigidità estranea.

«Ascoltami però, va bene? Lascia che ti spieghi tutto prima di dire la tua... Ti prego»

Fu il suo turno di annuire e allora cominciai a raccontare...
Raccontai dell'infanzia vissuta al fianco di Christian, a quanto fosse forte la nostra amicizia, raccontai di Alice e della mia gelosia nei confronti del ragazzo, del mio riscoprirmi gay e innamorato di lui...
Parlai del mio primo infortunio, cosa che comunque lui già sapeva in un certo senso, e infine gli raccontai di quel pomeriggio, delle parole di Christian, del dolore che avessi provato, di mia madre che aveva dormito notti intere al mio fianco per calmare i miei pianti, e poi gli raccontai di come avessi deciso di trasferirmi, riallacciandomi così al presente.

«E... Perché lui è dinuovo qui?»

«Ci siamo incontrati in aeroporto quando sono tornato dall'estero, lui lavora per una compagnia romana di danza, insieme a Dario... Ti ricordi di lui, no? Te ne avevo parlato.
Cosmary aveva pensato che, magari, uscendo per un pranzo tutti insieme, avremmo potuto risolvere la situazione...
Poi c'è stato lo spettacolo, quello al quale ti avevo chiesto se volessi venire... Poi siamo andati in discoteca... Ovviamente in gruppo.
Lui si è scusato, io ho cercato di cacciarlo via dalla mia vita, ma ogni volta c'è un motivo che lo spinge a rientrarne a far parte come hai visto...»

Ricordami Di Scordarti [Zenzonelli] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora