III. La bestia e il domatore

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Di nuovo un capitolo lunghetto; mi sono accorta che i primi non ha senso spezzarli.

Una piccola premessa per chi non segue Wolfen: in questo universo futuro immaginario ci sono molte forme di discriminazione, ma non quella per orientamento sessuale. Ho immaginato infatti che in questa società la cosa fosse superata, che nessuno si permette di sindacare o peggio se sei omosessuale o bisessuale o whatever (utopia, lo so, sigh). Per questo vedrete che il problema dei due ragazzotti colti in flagrante non è che sono due maschi, ma solo che hanno disobbedito agli ordini.

Vi lascio alla lettura! Compare Shanna finalmente *__* E non solo lei...

III. La bestia e il domatore


«Io vi mando sulla forca! Alla corte marziale vi mando, avete capito? Vi faccio appendere per i coglioni a testa in giù, così la prossima volta che vorrete tirare fuori il cazzo non avrete più nulla da stringere, neanche all'inferno!»

Zamatij stava urlando da un'ora buona o almeno così pareva a Ilyas. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma da quando l'istruttore li aveva trascinati di peso nella sua tenda, dopo averli presi a calci e svegliato l'intero accampamento con le sue grida, il tempo si era andato sfilacciando e, nonostante sapesse che non potevano essere passati che pochi minuti, gli sembrava di essere lì da un'eternità.

«Che diavolo vi è saltato in testa, si può sapere? Cosa avete nel cervello, feci di ratto? No, rispondetemi, rispondetemi! Sollazzarvi mentre siete di vedetta! Pensate che in guerra avrete tempo di ciucciarvi il cazzo?!»

Tutte quelle domande non prevedevano una risposta da parte loro, anche se Ilyas era tentato di ribattere, ma dopo quel che aveva detto nella saklja, a cui l'altro aveva reagito andandogli contro come un toro imbizzarrito, buttandolo a terra e riempiendolo di calci davanti a un Dragan inebetito; dopo quell'uscita aveva deciso di tenere la bocca chiusa. Almeno provarci. Non sembrava, ma anche lui ogni tanto aveva un po' di spirito di autoconservazione.

Mentre Zamatij continuava a strepitare, Ilyas sbirciò Dragan, che era pallidissimo, ma riusciva chissà come a stare in perfetta posizione di attenti, l'espressione impassibile, solo lo specchio degli occhi che rivelava la sua paura e preoccupazione.

Zamatij non doveva mai avergli urlato così. A dir la verità, nonostante avesse collezionato tante sue levate di capo, neanche Ilyas era mai stato l'oggetto di una simile sfuriata.

«Un tempo un comportamento del genere sarebbe stato punito con la pena capitale, ma ci siamo rammolliti, persino qui nella Legione, eppure, credete a me, non la passate liscia, oh, no, non la passate. Vi giuro che questa volta neanche vostra madre vi riconoscerà. Dei maiali, ecco cosa siete, maiali schifosi che non sanno tenerselo nelle braghe! Durante un turno di vedetta! Ma come vi è saltato in testa?! Kushev, rispondi!»

«Io...» iniziò Dragan, ma boccheggiò. Guardava il suo superiore come alla ricerca disperata dell'inesistente risposta giusta a quella domanda. «Noi, signore... non volevamo...»

«Che cosa non volevate, mancare di rispetto alla divisa che indossate o farvi i vostri porci comodi? Tu, Hasani, cos'hai da dire?»

Ilyas non ci cascò. «Niente, signore.»

«Niente?! Come spieghi un comportamento del genere?»

«Non ci sono spiegazioni, signore.»

«Piccolo rottoinculo» sibilò Zamatij, che tanto era roso di rabbia da sputacchiare saliva a ogni fiato che emetteva. «Perché non mi sorprende avere beccato te?»

Sotto un cielo nemicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora