VIII. Nella terra dei lupi

54 7 2
                                    

«Schema contatto a sei, chiaro?»

A parlare era stato Dragan, già calato nel ruolo di caposquadra della pattuglia. In un'altra occasione Ilyas avrebbe fatto una battuta su quanto dovesse piacergli avere cinque ragazzi scodinzolanti ai suoi ordini, ma quello non era il momento di scherzare. Si sarebbe trattenuto fino alla fine della Simulazione. Ora dovevano iniziare la missione.

Era stato tutto molto veloce: quando aveva aperto gli occhi e si era ritrovato abbagliato dalla luce, aveva subito capito dove era finito. Non a Batum, il villaggio sotto attacco, ma al campo base, il nascondiglio dei combattenti in montagna, nel secondo gruppo. C'era anche Dragan con lui, ma non era l'unico del suo plotone: anche Arkaša era capitato nello stesso gruppo, così come Erazm Mikhajev e Petar Vasil, altri suoi commilitoni. Il resto dei ragazzi, circa una ventina, provenivano dagli altri quattro plotoni, lui non li conosceva infatti; giusto con un paio aveva scambiato due o tre parole in quei mesi, al massimo una sigaretta.

Appena tutti si erano svegliati, non avevano perso tempo con le presentazioni. Si erano subito messi all'opera controllando alacremente il campo per capire cosa il Comando gli aveva lasciato per la missione. C'erano armi, più di quante sperassero in realtà: cartucce calibro 7,62x39 per i kalashnikov col mirino telescopico, munizioni ed esplosivi, oltre lanciarazzi Katyusha e bombe da 40 mm per i lanciabombe portatili. Queste ultime erano state una scoperta che aveva fatto quasi piangere di gioia alcune tra le reclute, incluso Arkaša.

«Pensavo ci avrebbero lasciato solo dei bastoni» aveva confessato nel prendere il suo kalashnikov con la reverenza che si riserva alle antiche reliquie.

Nel proseguire la rassegna l'entusiasmo si era smorzato: si erano resi conto che potevano contare su provviste che non sarebbero durate più di tre giorni. Il che voleva dire che dovevano mettersi in marcia immediatamente.

Si erano divisi in quattro pattuglie e deciso i capisquadra. Dragan era stato scelto quasi in automatico una volta formata la loro pattuglia, che comprendeva Ilyas, Petar, Arkaša e altre due reclute della centoquarantasettesima divisione. La sua fama di promettente soldato lo seguiva un po' ovunque, persino negli altri plotoni. Anche su questo Ilyas si era riservato più avanti di fare una battuta.

Per la prima rotazione a lui era toccato il ruolo di scout, il primo uomo di pattuglia, i suoi occhi e le sue orecchie. Era stato Dragan a deciderlo. Come scout, insieme a un'altra recluta di nome Ivan Larakhev, Ilyas sarebbe avanzato per primo e avrebbe riferito tutto ciò che vedeva e sentiva al caposquadra. Sua era la responsabilità di trovare la strada migliore sia in termini di percorribilità che di copertura. Non avevano mappe, né tantomeno un satellitare e, visto che dovevano portarsi a piedi tutto quanto, era necessario che si muovessero in fretta e fossero in grado di individuare subito dei potenziali punti di sosta in mezzo ai boschi.

«Sai orientarti in montagna meglio di chiunque altro» aveva detto Dragan. «Guidaci.»

Mentre avanzava, con il peso del kalashnikov in posizione da tiro e quello rassicurante del coltello alla cintura, Ilyas si guardava attorno, attento a ogni minimo dettaglio del bosco brulicante, e forse per la prima volta in vita sua si sentiva davvero nudo. Non sentiva gli odori. O meglio: li percepiva, ma non come nella realtà, dove era un essere dotato dell'olfatto di un lupo. Per la prima volta da quando aveva undici anni si muoveva nel mondo come un comune umano privo delle doti che tante volte gli avevano salvato la pelle. Era strano: non essere più un vulkulaki lo faceva sentire esposto, come se si fosse appena tolto tutti gli strati di pelle e fosse lì, con gli organi in bella vista, a farsi scorticare dal vento.

Avanzava molto lentamente insieme alla pattuglia. Si fermava, osservava l'area in cui si trovavano, riprendeva a muoversi, gli altri membri che lo coprivano dal fianco e da dietro, dove non avrebbe visto il profilarsi di una minaccia. Se incappavano in un'altura, con terra di nessuno sull'altro versante, lui e Ivan facevano fermare gli altri e andavano in avanscoperta usando la copertura degli alberi.

Sotto un cielo nemicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora