XII. Risveglio - prima parte

44 6 2
                                    

«Tenetelo fermo!»

«Sì, dottore, ci stiamo provando, ma...»

«Ragazzo, calmati. Mi senti? Va tutto bene, calm...»

Mani. Mani attorno a lui, sopra di lui, addosso a lui. Lo stavano toccando, lo stavano assediando.

No no no

«Fategli un'iniezione di morfina, che aspettate?!»

Rumore di passi, voci concitate. C'era odore di disinfettante, non più quello del sangue.

Sentiva...

Qualcosa lo punse al braccio e all'istante scattò a sollevarlo per venire subito bloccato. Riprese allora ad agitarsi, a dimenarsi violentemente su qualunque superficie fosse quella su cui stava disteso. Doveva alzarsi, fuggire via da lì, dovunque si trovasse; non poteva restare così, con tutte quelle mani attorno, quelle voci, non poteva...

«Ecco, ecco, sta facendo effetto, tenetelo fermo però!»

Una sensazione di ottundimento lo afferrò, bianca come l'ambiente che lentamente, gradualmente, acquistò consistenza attorno a lui. Smise di agitarsi come se all'improvviso fosse calata una cappa di nulla morbido e friabile. Si trovava disteso su un letto e c'erano delle ombre attorno a lui, tre per la precisione, le riconobbe attraverso le palpebre socchiuse: tre uomini in camice bianco che lo scrutavano; quello al centro, alto e segalino, con occhiali rotondi a coprirgli intelligenti occhi scuri, aveva un'espressione un po' preoccupata. Doveva essere uno dei tecnici con la qualifica di dottore.

«Ragazzo, ci sei?»

Ilyas aprì la bocca, ma non gli uscì nulla dalle labbra riarse, solo un rantolo inarticolato.

«Ti sei appena risvegliato dalla Simulazione. Ti abbiamo fatto un'iniezione perché è stato un risveglio, uhm, un po' violento, ma stai tranquillo, è normale, a volte capita. Come ti senti? Riesci a parlare?»

Di nuovo lui aprì la bocca e non riuscì a proferire alcun suono.

L'uomo si voltò verso il tecnico alla sinistra. «Qual è la pressione?»

«Centoventi su settantotto, dottor Zeynalov, perfettamente regolare.»

«Oh, bene.» Il medico tornò a guardarlo. «Devi stare tranquillo, ragazzo. Sei tornato, è tutto a posto. Prova a parlare. Mi sai dire il tuo nome e il tuo numero di matricola?»

«Ilyas...» la voce gli uscì in un espiro strascicato, come arrugginita sotto, «Ilyas Hasani. Numero trecentoventiquattro seicentotrentadue.»

«Giusto» fece il terzo uomo, quello sulla destra, gli occhi a una cartellina che teneva in mano.

«E dimmi: quante sono queste?»

Il dottor Zeynalov gli mise davanti tre dita e quando Ilyas diede la risposta giusta gli chiese di seguirle con gli occhi. Osservò con attenzione il movimento delle sue pupille; prese una piccola pila dalla tasca e si avvicinò al letto. Appena lo vide chinarsi, Ilyas fece per scostarsi, ma la voce dell'altro era calma e rassicurante.

«Tranquillo, è solo per verificare le tue reazioni. Senti giramenti di testa? Voglia di vomitare? Anche questo a volte capita quando si esce dalla capsula.»

«... la... la capsula?»

«Sì, si spegne in automatico appena "ritornate". Quando ti sei risvegliato, si è aperta. Vedi?»

Lo vedeva. Il coperchio di vetro era sollevato e lui era disteso sul lettino della capsula, tutto attorno le piastre mediche e i recettori, la maggior parte sparsi a terra.

Sotto un cielo nemicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora