Capitolo 14: "La percezione del dolore"

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Temere l'amore è come temere la vita
E chi teme la vita
È già morto per tre quarti

Dopo pranzo passarono lì il pomeriggio, in piscina, e poi cenarono anche. Victor rimase quasi sempre in silenzio, almeno con Filippo e Lorenzo.
-Perché non rimanete qui a dormire? C'è una camera disponibile se volete.- Gli propose Ettore.
-Grazie, ma no, torniamo a casa. Non vogliamo dare ulteriori fastidi...- Filippo lanciò un'occhiata al corvino.
-Insisto, fra poco verrà giù il diluvio universale.-
Lorenzo tirò una debole spallata al fidanzato: -Ha ragione, poi che male c'è?-
Dubitò un po' prima di rispondere: -Va bene. Avviso Simone.- Dopotutto il moro non si era trovato male, anzi, aveva tante cose in comune con i ragazzi.
-Io vado subito a letto che non mi reggo in piedi.- Annunciò Lorenzo, prima di recarsi nella camera che gli era stata indicata da Alvin.

Si stese sul letto stravolto, mentre aspettava Filippo. Quando lo vide che stava per arrivare si stava sistemando sul bordo del letto, prima di scoprire che non era lì che era diretto; infatti seguì la sua sagoma con gli occhi, finché non scomparve nel corridoio.
S'insospettì ancora di più quando notò Kelly andare nella direzione opposta al riccio, mentre si guardava dietro.

Si alzò e uscì intento a riportare Filippo in camera e stare con lui, ma si bloccò quando sentì la voce di Victor fidanzato sull'orlo della porta. Si sistemò dietro ad una colonna per udire ciò che si stavano dicendo. Il comportamento di Victor nei confronti di loro due era strano, e ormai aveva capito che fra quei due, in passato, qualcosa era successo.
-Non mi aspettavo di vederti qui. Quello chi è?-
-Il mio fidanzato.-
Ci mise un po' di tempo ad elaborare la risposta: -Non pensi di starti contraddicendo un pochino?-
-No, non penso.-
-Allora il problema ero io.-

Il moro spalancò gli occhi.
-Chiudi la porta ed entra.- Lo invitò il corvino. Lui lo seguì come un cagnolino, quando sentì la porta chiudersi Lorenzo fu confuso, ma rimase imperterrito a seguire la situazione. Non sarebbe stato così stupido da tradirlo nella stanza accanto alla sua. Corse alla porta per sentire ciò che si dicevano.

-Sei migliorato in questi anni.- Gli disse Victor.
-Sei ancora arrabbiato?- Domandò il riccio, deviando l'argomento.
Si morse il labbro inferiore e poi rispose: -No, fino a poco fa. Ora... Ora che hai portato con te quello lì, come si chiama? Laurence...-
-Lorenzo.- Schioccò la lingua infastidito. Aveva sbagliato il suo nome apposta.
-Ah già...-

-Son davvero dovuto venire io da te? Speravo ti saresti fatto vivo prima o poi.- Gli disse serio il riccio dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio.
Lorenzo appoggiò una mano sulla porta, quasi graffiandola con le unghie, mentre all'altra venne un tic nervoso dall'ansia che lo sopprimeva fino alla gola.
-Ho sempre avuto paura. Avresti potuto trattarmi come quella mattina...- 
-Basta.- Lo interruppe come se fosse terrorizzato dall'argomento.
-Vedi? Ancora ti rinneghi.-
-Io non mi rinnego.-

Rimase in silenzio dopo quella sua affermazione, però si toccò l'avambraccio sinistro con la mano destra, come a vantarsi dei tatuaggi. Victor fremette davanti a quel gesto.
-Quello lì non ce l'avevi.-
-Sì, mi sono fatto nuovi tatuaggi. Ti ricordi tutti i miei tatuaggi?-
-Ho visto ed esplorato ogni centimetro della tua pelle, quelli mi sono rimasti impressi.- Si alzò dal letto e lo raggiunse per accarezzargli il viso con le falangi.

-Grazie.-
Nella testa di Lorenzo c'era solo il bisogno di un po' di fiducia in lui, pensare che se aveva deciso di iniziare quel percorso, senza tra l'altro neanche consultandolo prima, un motivo doveva esserci. E quel motivo sicuramente non era per strappare e buttare via la fiducia che aveva riposto in lui pochi giorni dopo.

Filippo deglutì. I loro due petti erano talmente vicini che quasi si toccavano, talmente vicini che Victor prese tra le mani il suo volto per lambire le sue labbra: ci soffiò su, facendo poi sentire il suo caldo e pesante respiro. Con il pollice gli aprì leggermente la bocca, e lui lasciò fare. Era come sotto un incantesimo quand'era con lui. Lo baciò con foga e passione. E Lorenzo sentì anche questo, infatti si accovacciò ai piedi della porta con il naso e le orecchie tappati, gli occhi rossi, e un pensiero fisso in testa: "cosa sta succedendo?". Non voleva piangere. Non doveva piangere. Non ce n'era bisogno. Non c'era bisogno di piangere per lui.
Si sentì un gemito e le loro labbra erano più attaccate che mai.

Come sarà l'Inferno? - Ladri di PoesieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora