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Quando arriviamo a casa Wheeler è quasi mezzanotte, Steve parcheggia l’auto ed entriamo in casa dalla porta sul retro per non svegliare i genitori di Nancy.
Le due ragazze sono nel seminterrato, ancora sveglie, che ci aspettano.
“Oh, Megan!”, esclama Robin non appena mi vede e corre ad abbracciarmi.
“Stai bene?” si preoccupa Nancy.
“Sì, sono solo un po’ stanca.”, sorrido alle ragazze per rassicurarle, poi prendo posto sul divano dello scantinato e mi siedo. Steve si mette accanto a me tenendomi la mano per rassicurarmi.
“Penso che almeno per stanotte Meg debba essere sorvegliata, non possiamo sapere se Vecna cercherà di prenderla di nuovo.” propone il ragazzo.
Tutti i presenti concordano.
“Potete dormire qui, se può essere utile, porto delle coperte e dei sacchi a pelo.” dice Nancy e corre subito al piano di sopra.
“Io prenoto il divano.”, così dicendo mi stendo e poggio le gambe su quelle di Steve che ribatte: “Io allora farò la sentinella sul pavimento qui accanto.” e mi sorride.
Poco dopo la ragazza ritorna e distribuisce a tutti noi coperte, cuscini e sacchi a pelo. Dopo esserci sistemati prendiamo posto e ci corichiamo, spegniamo le luci e lasciamo accesa sono una piccola lanterna al centro della stanza che la rende in penombra.
“Quindi...com’è stato?” chiede Lucas d’un tratto, non mette il soggetto ma è chiaro che parla con me e si riferisce a ciò che è successo qualche ora fa. Non li vedo ma sento che lo sguardo di tutti si posa su di me.
“Ho visto mio padre e Billy, credo faccia leva sui tuoi sentimenti più reconditi per creare paura dentro di noi...ma è solo una mia supposizione. E’ come essere in un incubo ma fisicamente senti tutto il dolore che ti crea.”, senza volerlo mi tocco il naso che ho sbattuto a terra ed è ancora dolorante, resto in silenzio e fisso il vuoto mentre rivivo quegli istanti con il pensiero.
“Okay ragazzi, che ne dite se parliamo d’altro per stanotte? Continueremo domattina con le teorie.”, così dicendo Steve mi porge il walkman, “Serve?”
“Grazie.” gli rispondo mentre lo afferro, mi metto le cuffiette e prego che Kate Bush mi protegga ancora.

Osservo lo scorrere della nottata in silenzio e con il mio walkman a tutto volume, senza sentire ciò che dicono sembra di vedere un film muto: a quanto ho capito hanno creato dei turni per stare svegli in modo da tenermi d’occhio. La prima a stare sveglia è Robin, seguita da Lucas e poi Nancy, noto che si danno il cambio a ogni ora circa. Non mi va particolarmente di parlare quindi non mollo le cuffie per niente al mondo, il terrore di tornare in quel luogo è troppo, credo lo capiscano dato che nemmeno loro cercano di interagire con me e si limitano ad osservare ogni mio movimento. Non riesco nemmeno a chiudere occhio, quindi passo le ore a leggere uno dei libri che ho trovato lì vicino: Il Talismano di Stephen King.
-Un horror non è il massimo al momento ma non voglio disturbare chiedendo se hanno altro.-
L’orologio segna le 4:15 del mattino e con la coda dell’occhio vedo Nancy che sveglia Steve, stava dormendo a terra esattamente di fronte al divano su cui sono seduta. Il ragazzo mi guarda fugacemente per controllare che io stia bene, fingo di non accorgermene, poi poggia la schiena al divano dandomi le spalle. Strofina entrambe le mani sul viso per svegliarsi meglio.
Aspetto che la ragazza si addormenti per scostare leggermente una delle cuffie e poggiare una mano sulla sua spalla per richiamare l’attenzione di Steve che immediatamente si volta e mi sorride. Ha i capelli scompigliati e cerca istintivamente di sistemarseli passandoci una mano.
-Quando stavamo insieme questa sua ossessione mi faceva impazzire e quel gesto lo trovavo sexy.-
“Hei.” sussurro.
“Come stai?”
“Potrei stare meglio dopo una sigaretta e una boccata d’aria. Mi fai compagnia?”
“Certo.”
Ci alziamo entrambi molto lentamente per non rischiare di far rumore e svegliare tutti e usciamo sempre dalla porta sul retro del seminterrato. Prendo il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans, tiro fuori solo una sigaretta perché so che Steve la rifiuterebbe, poi la porto alle labbra e la accendo. Inspiro e il sapore pungente mi arriva subito alla gola. Basta il primo tiro per avere i nervi meno tesi.
Mi siedo sul prato di casa Wheeler e guardo il cielo rosa, rischiarato dalle prime luci del mattino, Steve mi affianca.
“Come sapevi che questa è la mia canzone preferita?” chiedo senza pensarci dopo qualche minuto di silenzio.
Il ragazzo non dice una parola e mi guarda con aria interrogativa, ruota leggermente la testa e aggrotta la fronte.
“Me lo ha detto Munson.”
“E’ stato un caso, a dir la verità. In quel momento ho pensato che nel periodo in cui è morto tuo padre non ascoltavi che questa canzone.” e indica il mio walkman, poi continua: “Poi le volte in cui mi sono intrufolato in camera tua ultimamente era sempre allo stereo, quindi ho sempre pensato che non l’avessi ancora superata del tutto.”
“Mi hai salvato la vita.”
“Dovere, signorina Mayfield.” mi risponde imitando la voce e i modi da sceriffo di Hopper.
Scoppiamo entrambi a ridere, poi ritorno seria.
“E se mi stufassi di questa canzone? Sai, a furia di ascoltarla di continuo potrebbe capitare e, non so, continuo a pensare che potrebbe non funzionare più e...”
“Ne troverò un’altra. Puoi star certa che non ti prenderà definitivamente, a costo di dover entrarci di persona e tirarti fuori di peso da quelle tue visioni.”
Sorride ma è serio, mi rendo conto che per salvarmi sarebbe capace di farlo senza pensarci due volte: scenderebbe fino all’inferno e prenderebbe a calci il diavolo se servisse.
Finisco la sigaretta e la lancio in strada, poi rientriamo nel seminterrato sempre facendo attenzione ad essere il più silenziosi possibile e ritorniamo ai nostri posti. L’orologio appeso alla parete ora segna le 5:37 del mattino.
Prima di isolarmi di nuovo abbraccio Steve.
“Grazie.” gli sussurro.
“Ti lascio nelle mani di Dustin. Fai la brava.” mi risponde dandomi un bacio sulla guancia, poi sbadigliando si avvicina al ragazzino per svegliarlo.
Io ritorno sul divano, immersa nel mio libro, e il ragazzo si sdraia per ricominciare a dormire mentre Dustin inizia a tenermi d’occhio ma già dopo una ventina di minuti lo vedo appisolarsi da seduto e sorrido, decido di non svegliarlo e lasciarlo riposare.
-Penso di riuscire a cavarmela da sola che per qualche ora.-

Senza accorgermene mi addormento con la testa china sul libro. Quando mi sveglio le lancette indicano le 7:15.
-La signora Wheeler dovrebbe essere già sveglia a quest’ora, forse riesco ad approfittarne per una tazza di caffè.-
Tolgo le cuffiette, che erano rimaste infilate nelle mie orecchie, e senza fare alcun rumore sgattaiolo di sopra. Non mi sbagliavo: Karen è in cucina che prepara pankakes per tutti noi.
“Hei Karen, come stai?”
“Oh, ciao Megan! Tesoro che ci fai sveglia così presto?”, mi saluta con un enorme sorriso.
“Nulla, mi sono svegliata per andare in bagno e non ho più ripreso sonno. Capita.”
“Pankakes?” mi chiede sempre sorridente, con già il piatto in mano.
“Oh, no, grazie. Però se ci fosse una tazza di caffè la accetterei volentieri.”
Karen mi indica la macchina del caffe e la caraffa sotto che è già piena.
“Serviti pure, tesoro. Sai, è molto bello che siate ancora un gruppo così unito dopo tutti questi anni.”
“Sì, siamo fortunati...” rispondo distrattamente mentre mi riempio fino all’orlo la tazza, poi aggiungo: “Ti dispiace se lo bevo seduta fuori?”
“Ma certo, vai. Un po’ di aria fresca può farti solo che bene!”
-Le mamme di questi ragazzi sono sempre così gentili, in casa mia invece c’è solo una bestia.-
Mi avvio verso la porta ed esco. L’aria fresca del mattino mi libera dall’assopimento e mi sveglia quasi completamente, respiro a pieni polmoni per poi sedermi su uno dei gradini di cemento davanti alla porta d’ingresso. Rimetto le mie cuffie e sorseggio il caffè osservando la routine del quartiere e dei suoi abitanti: c’è chi porta il cane a passeggio, il ragazzino che consegna i giornali, gli uomini in giacca e cravatta che escono per andare in ufficio.
-A volte vorrei essere come loro: ignara di tutto ciò che è accaduto in questi anni e del sotto-sopra. Vorrei vivere la mia vita senza sapere del Demogorgone, Vecna o di basi russe nascoste sottoterra. Sarebbe tutto molto più semplice.-
Se non avessi saputo nulla magari mio padre sarebbe ancora vivo.-

Non ho idea di quanto io sia rimasta seduta su quei gradini, ma ad un certo punto noto Steve e Dustin che corrono verso la macchina del ragazzo che era rimasta parcheggiata sul ciglio della strada. Sicuramente sono usciti dalla porta del seminterrato.
“Mi sono appisolato solo un’ora! Te lo giuro era lì!”
-Dove vanno così di fretta?-
Mi alzo, spengo il mio walkman e mi avvicino velocemente cercando di richiamare la loro attenzione alzando un braccio.
“Hei ragazzi!”
I due si voltano verso di me e in pochi secondi i loro volti passano dal un’espressione preoccupata e tesa a una un po’ più sollevata, poi si avvicinano.
“Oh dio, Meg! Sei qui. Grazie.” mi urla Dustin.
“Sei sparita! Dove diavolo eri?”, Steve poggia le mani sui fianchi.
-Mamma Steve.-
“Sono solo salita per bere un caffè e prendere un po’ d’aria...”
“Mi sono svegliato e il divano era vuoto! Vuoto! Sei sparita senza dire nulla e Dustin, che avrebbe dovuto sorvegliarti, dormiva beatamente!"
“Te lo ripeto: mi sono addormentato solo per poco!”, ricomincia a giustificarsi il ragazzino.
“Okay, okay, vi chiedo scusa. Sono qui e sto bene, state tranquilli.”
C’è un minuto di silenzio in cui i ragazzi cercano di riprendersi dallo spavento, guardo Steve che si passa una mano tra i capelli e gli porgo la mia tazza con all’interno ancora un po’ di bevanda.
“Caffé?” gli chiedo sorridente per farmi perdonare.
Senza dire una parola afferra la mia tazza con fare spazientito e beve, rientrando in casa con Dustin alle calcagna.

Una volta tornata nel seminterrato e fatta tornare la calma nella truppa decido che è il momento di raccontare per bene che cosa ho visto e come sono uscita dalla mia ultima visione.
Ci sediamo attorno al tavolino da caffè del seminterrato e, mentre tutti stanno facendo colazione con i pankakes che Nancy ci ha recuperato dal piano di sopra, racconto di Chrissy e Fred, di Billy e della strana casa distrutta in cui mi sono ritrovata.
“Aspetta. Una porta a vetri con un mosaico che forma una rosa?” mi interrompe Nancy pensierosa.
“Esatto. La porta fluttuava insieme agli altri pezzi di casa e all’orologio a pendolo.”
Prendo un foglio, una penna e inizio a disegnarla.
“Meg, no, lo sai che fai schifo a disegnare...”, scherza Steve parlando con la bocca piena.
Gli rispondo con una linguaccia e non appena finisco di riprodurre la porta passo il foglio a Nancy.
“L’ho già vista da qualche parte: questa è la porta d’entrata della vecchia casa abbandonata di Victor Creel.” esclama la ragazza.
“Visto? Non faccio poi così schifo se l’ha riconosciuta.”, rispondo a Steve e lui ricambia la linguaccia che gli ho fatto poco prima. Tutti i presenti sorridono e per un solo istante ci scordiamo di Vecna e della sua maledizione.
-Siamo due idioti.-

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𝐻𝑒'𝑠 𝐽𝑢𝑠𝑡 𝑎 𝑓𝑟𝑒𝑎𝑘 // 𝗘𝗱𝗱𝗶𝗲 𝗠𝘂𝗻𝘀𝗼𝗻Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora