Capitolo dieci

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Mentre i tre ribelli risalivano La Gabbia, una ragazza sedeva sulla sua solita sedia di legno, ammirando la maschera di plastica che aveva appena costruito. Con un dito ne sfiorò la guancia,  percorrendola dalla zona sotto l'occhio vacuo fino alla bocca altrettanto vuota, piegata in una smorfia sorridente. Le piaceva molto creare maschere e lasciarle fluttuare in quel luogo tetro e solitario. Ne faceva di tutti i tipi di stati d'animo: felici, tristi, impaurite... almeno, quando era sola, tutti quei volti le tenevano compagnia. 

Quando creava una nuova maschera, di solito non voleva essere disturbata. Per questo motivo, la Bambola che era appena arrivata al suo cospetto temeva di provocare la sua ira. Ma ciò che era successo a Siderous non poteva essere trascurato, poiché significava tacere riguardo un capriccio di un sottoposto fuori controllo. Allora, la Bambola, nonostante fosse pervasa da quella stessa paura che si prova quando ci si inchina al cospetto di un re, decise di interrompere la quiete della ragazza, chiamandola per nome.

«Padrona Eris» disse, nel tono più calmo che trovò. Sentendosi chiamare, Eris smise di accarezzare la maschera, infastidita.

«Herse...» buttò fuori, come se pronunciare quel nome le costasse una fatica causata dalla noia. «So già perché sei qui» aggiunse. Si portò la maschera al viso, coprendolo, e con uno scatto veloce si alzò dalla sedia e si voltò verso la sua sottoposta. Con movimenti lenti e teatrali, poi, si avvicinò alla Bambola, accompagnandosi con una risata di scherno. 

«Padrona, perché lui lo lasci libero e me no? Padrona, perché non sono abbastanza per lei? Perché preferisce gli altri a me?» Eris scimmiottò la voce di Herse, mettendo in luce i suoi pensieri più intimi. La Bambola, messa in soggezione, tentò in tutti i modi di non reagire male.

«Non è questo che sono venuta a dirle, padrona Eris» rispose, «ma dovevo farle notare che il comportamento di Ybris nuoce a tutti noi. Ha fatto di nuovo di testa sua, disubbidendo agli ordini». Con le mani intrecciate dietro la schiena, Herse cercava di mantenere un tono sicuro e chiaro. «Non solo ha violato le regole, ma ha anche lasciato andare quei tre ribelli. Per colpa sua hanno superato il primo piano».

Eris, con ancora la maschera sul viso, accarezzò piano una ciocca dei lunghi capelli della Bambola, verdi come un prato di primavera. Gli occhi della sottoposta, che sembravano due smeraldi, fissavano quelli vacui di plastica appartenenti alla maschera della padrona. Il suo tocco e la sua vicinanza la inquietavano al punto tale da avvertire un forte istinto di sopravvivenza che l'avrebbe fatta scappare via in un attimo. La connessione tra Eris e le Bambole era talmente forte da suscitare degli effetti sgradevoli. 

«Dimmi qualcosa che non so, Herse...» la prese in giro Eris. Poi si allontanò, fissando le sbarre de La Gabbia all'orizzonte, di fronte a sé. «Sai perché, a volte, permetto a Ybris di non seguire gli ordini?» chiese, lanciandole un'occhiata. Herse scosse la testa. «Perché è il più creativo» si rispose da sola Eris, «e spesso questa sua intraprendenza vi lascia indietro».

Herse non poté fare a meno di provare l'emozione che più caratterizzava la sua anima: l'invidia. Aveva sempre invidiato il diverso trattamento che la padrona riservava a Ybris, quell'arrogante senza scrupoli disposto a tutto pur di soddisfare il suo ego. Lei era sempre stata una Bambola fedele e diligente, mentre Ybris non faceva altro che combinare caos; perciò bruciava dentro di un'invidia logorante, colossale, causata da quel disequilibrio di rapporti di cui non capiva le dinamiche. Padrona, perché lui lo lasci libero e me no?  Perché non sono abbastanza per lei? Perché preferisce gli altri a me? "Creativo", dice... anch'io posso esserlo, anzi, anch'io sono creativa. Cos'ha Ybris che io non ho?

«Ma, con tutto il rispetto, se lo mette su un piedistallo non farà altro che aumentare la potenza della sua natura...e sarebbe un problema per lei» contestò. A quelle parole, Eris non riuscì a mantenere la pazienza. Si scagliò sulla Bambola, cingendo il suo corpo con le bende che controllava. Le Bambole avevano il filo, lei, invece, aveva le bende che la coprivano dal collo in giù, ma che erano diventate talmente lunghe da poter essere usate come arma, allo stesso modo in cui un ragno utilizza la sua ragnatela. 

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