Capitolo undici

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La foresta di Lycoris era più tranquilla di quanto avessi potuto immaginare: alberi altissimi coprivano il cielo sereno, e il manto rosso delle foglie sul suolo creava un'atmosfera quasi magica. Il fiume, accanto a noi, scorreva lento e incessante; a volte incontrammo strani animali dai colori accesi e dalle forme per me incredibili intenti a rinfrescarsi sulle sue sponde. Nessuno di loro reagì male per la nostra presenza, a parte alcuni che, spaventati, si nascondevano tra la natura. Era come se la maggior parte di essi fosse abituato alla presenza delle Proiezioni e che, anzi, tra loro ci fosse quasi un rapporto di fiducia. Molto diverso dalla Terra...dove l'uomo e la natura non erano mai andati molto d'accordo.

Stavamo camminando da un bel po' di tempo, ormai. Talvolta ci riposavamo vicino al fiume per rinfrescarci. Tra noi Eduar era quello che ne avesse più bisogno, anche se non voleva mostrarlo. Shyla non era ancora in grado di camminare totalmente da sola, perciò non volendo farlo stancare troppo proponeva tante di quelle pause che a un certo punto Eduar non la ascoltò più e continuò ad andare avanti senza fermarsi. Per me non era un problema, perché lo zaino da viaggio non era molto pesante, ma notai un aspetto di lui che avevo già colto: Eduar tendeva sempre a strafare, a sforzarsi di non esibire alcun tipo di stanchezza, voleva a tutti i costi essere la roccia su cui tutti potessero fare riferimento. Non sapevo se questo suo lato scaturisse dal vecchio ruolo di comandante o se fosse a lui connaturato. Però a Siderous avevo notato il suo viso stremato quando stava provando a curarsi la ferita data dal proiettile, e anche ora notavo le leggere occhiaie sotto gli occhi cremisi stanchi, così come le ferite sul volto che dovevano fargli male, nonostante lui facesse sempre finta di niente.

Smisi di camminare e mi posizionai di fronte a lui e Shyla, costringendolo a fermarsi. Anche se non si meritava il mio aiuto dato il modo in cui mi aveva trattata a Siderous, posai lo zaino a terra e sgranchii la schiena.
«Che cosa stai facendo?» chiese Eduar, la voce annoiata.
«Mi sono stancata di tenere questo affare, è troppo pesante. Preferisco aiutare Shyla» risposi.
Lui roteò gli occhi e sospirò. «Vai avanti e non rompere».

Lo guardai infastidita. «Breve e coinciso come sempre» commentai. «Non rompere tu. Anche Shyla vuole venire con me, non vedi che non ti sopporta?» lo provocai.
Shyla mi fissò stranita all'inizio, poi capì il mio vero intento. «Sì, Eduar, mettimi giù per favore» esitò un attimo, per poi aggiungere: «Non è che non ti sopporto, ma sto iniziando a sentirmi a disagio».

Evidentemente la carta del disagio aveva funzionato, perché Eduar la fece scendere dalla sua schiena. «Va bene, ma poi non lamentarti se questa incapace ti lancia nel fiume» disse acido, massaggiandosi la cervicale.
Io feci cenno a Shyla di salire sulle mie spalle e lei mi obbedì. All'inizio stavo per farla cadere come un sacco di patate, poi però mi stabilizzai e ricominciai a camminare. Mi accorsi che era un peso non indifferente da sopportare se avessi dovuto trasportarla per ore. Con quale resistenza era riuscito a scortarla per tutto quel tempo?

Eduar prese lo zaino e, resosi conto che in realtà fosse più leggero, iniziò a inseguirmi. «Cos'è, adesso ti sei messa a fare opere di carità?» chiese velenoso. «Posso portarla io fino al villaggio, al contrario di te che non riesci nemmeno a percorrere un metro».
«Comunque vi ricordo che non sono un animale da compagnia da tenere in braccio» si intromise brevemente Shyla, divertita dalla situazione.

Dato che non avevo nessuna voglia di stare a sentire le lamentele di Eduar né di restituirgli Shyla, mi misi a correre. «Vediamo se mi prendi allora, brutto rompi palle che non sei altro!»

Cercai di avanzare più velocemente che potei, nonostante Shyla mi rallentasse. La sentii ridere e stringersi più forte a me per non cadere. Correre nella foresta mi provocava uno strano senso di libertà e adrenalina, tanto più sapendo che Eduar stesse cercando di raggiungermi. «Non puoi sfuggirmi, razza di stupida!» lo sentii esclamare.

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