Un sibilo acuto si fece spazio tra il rumore del mare in tempesta. Con quella nebbia e la pioggia era difficile capire da dove provenisse, ma apparteneva a una presenza che nuotava attorno alla nostra nave. Passarono pochi secondi prima che cominciasse a colpirne una fiancata, facendoci cadere.
Shyla avanzò a fatica verso il timone, che girava all'impazzata, e lo afferrò. Eduar le diede una mano per farlo girare dalla parte opposta e ottenere il controllo dell'imbarcazione. Nel frattempo, il verso gracchiante e oscuro dell'Oneiro non cessava: la bestia colpì la nave dall'altro lato. Impossibilitati a vederlo per la nebbia, sentivamo la nave distruggersi a ogni attacco.
«Andate a prendere il necessario per catturarlo, forza! Se va avanti così affonderemo! Riesco a controllare il timone!» urlò Shyla, per sovrastare il chiasso causato dalla tempesta.
Io ed Eduar la ascoltammo senza esitare. Scendemmo in avanscoperta e, dalla stanza delle armi, prendemmo corde, reti e fucili.
«Non ne ho mai usato uno fin ora» farfugliai, mentre ne allacciavo uno in spalla. «Con i fucili, poi, non rischiamo di fargli del male? Come lo cattureremo?». Era l'ansia a porre tutte quelle domande. Quel mostro continuava ad attaccarci senza pietà, portando con sé pezzi di hidrakon. Shyla doveva aver perso il timone per un secondo, perché la nave ondeggiò talmente forte da farci cadere uno addosso all'altro. Mi ritrovai sul petto di Eduar, tremante e terrorizzata.
«Stai bene?» chiese, aiutandomi ad alzarmi. «Andiamo via, forza. Troveremo un modo per fermarlo».
Un altro boato ci fece tentennare, ma non era l'Oneiro. Uno scoglio aveva creato un'altra falla. L'acqua iniziò a bagnarci i piedi.
Stavamo per andarcene, ma mi bloccai. «Aspetta... Vik? Dov'è Vik? Dobbiamo portarlo con noi!».
Consegnai a Eduar il fucile e le corde, poi lo spinsi verso le scale. «Prendi questi e torna sul ponte. Vi raggiungo al più presto».
Lui scosse la testa. «No, non posso lasciarti qui». La nave tremò ancora a causa di un'altra scossa.
«Vai, Eduar! Non c'è tempo!» esclamai. Gli diedi le spalle e mi inoltrai in quelle stanze in cui l'acqua aveva cominciato a penetrare. Non avrei mai pensato di poter provare lo stesso terrore di chi rischia di affogare in mare. Più andavo avanti, più l'acqua si faceva alta. Urlavo il nome di Vik e speravo di trovarlo nonostante il buio. Se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato: ero stata io a dirgli di rimanere nascosto.
Ormai l'acqua mi arrivava al petto quando entrai nella stanza delle provviste. Le bottiglie e i barili galleggiavano, tutto era a soqquadro. «Vik! Non sei nemmeno qui?» domandai. Non ricevendo risposta, stavo per tornare indietro e andare nella zona delle cabine, ma una voce mi raggiunse: «Monia! Sei tu?».
Nuotai in direzione di quella voce. «Vik!» lo chiamai di nuovo, lui continuò a rispondere. Mi destreggiai tra gli oggetti galleggianti e finalmente lo trovai aggrappato a un baule, scosso da brividi di freddo.
«Eccoti. Stai bene?».
«Mi è caduto qualcosa sulla gamba, mi fa male».
«Vieni, aggrappati a me». Mi circondò le spalle con un braccio, mentre lo tenni per la vita. «Dobbiamo nuotare un po', ok? Sai nuotare?».
«Shyla è ferita?»
«No, sta bene. È su al timone. Presto saremo da lei».
Nuotare per due ci rallentava molto, ma non avevo scelta. Quel ragazzino non meritava di morire in quel modo. Se fossi riuscita a controllare il mio potere, sarei diventata più forte e veloce... ma non avevo idea di come attivarlo. Fin ora era successo per caso, nei momenti più critici. Eppure, anche questo era un momento critico: rischiavamo di affogare entrambi. Perché non voleva aiutarmi?
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Cage of Dolls
FantastikQuando Monia si risveglia in un mondo che non riconosce, il suo obiettivo primario diventa quello di sopravvivere. Non sa ancora di essere finita ne La Gabbia, luogo magico e inquietante popolato dalle Proiezioni, e non sa ancora che la padrona di q...