capitolo 40

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Saliamo in macchina pronti per arrivare in ospedale.

-"siamo quasi arrivati" disse mio fratello.

Quando arrivammo entrammo per dire ad una donna seduta lì davanti che avevamo preso un appuntamento.

-"bene allora salite le scale fino al terzo piano e poi nel corridoio la stanza numero 11" disse.

-"okay, grazie" le sorrise Isabelle.

Così facemmo ciò che lei ci disse fin quando non si fecero le 4:10 del pomeriggio.

-"clarissa O'Brien?" chiese un infermiera.

-"si sono io"

-"prego può entrare" disse indicandomi la porta e sorridendo.

-"possiamo entrare anche noi?" chiese mio fratello.

-"purtroppo no dovrete aspettare che la visita finisca"

Lanciai uno sguardo di rassicuramento a tutti loro, gli trasmisi tranquillità anche se ero tutto tranne che tranquilla.
La situazione era strana però, quasi come se non fosse reale.

-"si accomodi" mi disse l'infermiera.

Mi andai a sdraiare sul lettino blu di fronte a me, mi posizionarono una luce simile a quella di un laboratorio sopra di me.
Non levai gli occhi da questa luce tanto che ogni secondo mi sembrava come se la luce aumentasse di potenza.
Mi alzai solo con la testa e non vidi più nessuno, ero in una stanza totalmente bianca ero solo io, il lettino e la lampada.
Cosa stava succedendo?
Stavo sognando?
Mi avevano dato qualche anestesia?
Iniziai a camminare ma andai a sbattere con una parete invisibile, o comunque bianca, era come se stessi uscendo fuori si testa.
Sentivo qualche voce ma non riuscivo a distinguerle.
Provai di tutto, chiamai qualsiasi nome, corsi, cercai una via d'uscita ma niente, così mi fermai e mi sedetti magari dovevo solo avere pazienza e stare ferma, aspettare.
Avere pazienza è la cosa che mi riesce peggio, dopo pochissimo mi rialzai e cercai qualsiasi tipo di cosa, quando però mi voltai e notai che la lampada emanava sempre più luce, la potevo aumentava ad ogni mio battito di palpebre.
Non so esattamente cosa ma sentivo una sensazione strana come se in quel momento dovessi fare qualcosa, come se fosse quello fosse il momento in qui io dovevo uscire da quella stanza.
Presa dal panico non riuscii a ragionare a mente lucida così, urlai e basta.
Urlai più forte che potevo quasi a sentire la sensazione che le mie corde vocali si spezzassero.
Dopo pochi attimi vidi il buio, la stanza da bianca era diventata nera ma adesso anche la mia mente era spenta.

-"shhh, si sta svegliando forse" disse una voce maschile.

-"davvero?" disse sempre una voce maschile ma diversa da quella precedente.

La mia mente aveva ripreso a funzionare ma non potevo controllare ancora i miei occhi, infatti non vedevo nulla, al tatto non sentivo niente, solo con l'udito sentivo qualche voce in lontananza forse perché la mia mente non era ancora del tutto sveglia.

-"non statele così vicino, fatela respirare" questa volta fu una voce femminile a parlare.

Vicino?
Avevo qualcuno vicino a me?
Eppure tutte quelle voci suonavano così lontane dalle mie orecchie.
Piano piano iniziai a percepire qualcosa anche al tatto e al l'olfatto, non totalemente però.
Mancava solo la vista, la cosa più importante.

-"forse non è ancora il momento"

-"ma io ho visto il suo braccio muoversi"

-"magari ti sei sbagliato"

-"no, non mi sono sbagliato, il suo braccio si è mosso"

L'udito si fece sempre più chiaro e nitido, quella voce femminile aveva ragione erano piuttosto vicini a me.
Dopo qualche istante potevo sentire la mia mente totalmente sveglia, l'udito, l'olfatto e il tatto andavano benissimo, inoltre potevo sentire anche un po' della mia saliva sulla lingua.
Mi spaventai vedendo che non riuscii ad aprire gli occhi ma pensai che dovevo solo avere pazienza, ogni cosa a suo tempo.

perché proprio tu?// Thomas brodie-sangster Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora