Lasciammo il luogo dove ci eravamo fermati e ci mettemmo in viaggio, in direzione di Route de Porski. Nel tragitto, ci avvicinammo per un tratto a una cittadina di campagna, abitata da poche anime: per terra, trovai un giornale del giorno prima, forse gettato lì dopo la lettura. Scorsi leggermente parte del titolo scritto in prima pagina con la coda dell'occhio. Recitava "Prigionieri evasi dal carcere di Zagabria". Mi abbassai per afferrare quel giornale e lessi l'articolo con attenzione cercando di non perdermi alcun dettaglio: "Nella notte del 17 ottobre, verso le tre, due prigionieri sono evasi dal carcere, facendo strage di guardie, con armi sottratte alle stesse. Si cerca soprattutto Adrian ..., ritenuto un pericolo pubblico per la società, dopo l'episodio in Montenegro. "Sono stati mobilitati tutti i corpi di polizia delle nazioni dell'UE" avverte il comando della polizia "invitiamo i cittadini a prestare attenzione nell'eventualità si dovesse incontrare un ragazzo [...], la ricompensa sarà di 50'000 euro per chi lo consegnerà alla polizia"
-Che cos'è?- domandò Chirone, avvicinandosi.
-Mi stanno ricercando in tutta Europa. Cinquantamila euro per chi mi consegna alla polizia-
-Allora camminiamo. Rischiamo di essere troppo visibile se ci fermiamo per troppo tempo qui, siamo abbastanza scoperti.-
Lasciai cadere il giornale e seguii il centauro, mentre dentro di me sentivo la preoccupazione di esser scoperto di nuovo come in Croazia crescere ad ogni passo. Non potevo permettermi di tornare in carcere di nuovo. Non me la sarei svignata come la prima volta. Mi avrebbero fottuto.
Arrivammo qualche giorno dopo nel nord Italia, ma non ricordo il luogo preciso. Eravamo nuovamente troppo vicini alla città, ma non avevamo altra scelta: l'alternativa era la montagna, ma sarebbe stato un rischio troppo elevato, considerando già la presenza di neve e ghiaccio. Se fossimo scivolati e avessimo avuto bisogno di soccorsi ...
Nel nostro tragitto, tre ragazzi ci bloccarono la strada: le nocche delle loro mani erano coperte di ferite e su di esse sovrastavano vari anelli raffiguranti scheletri o serpenti. I loro sguardi torvi e cupi mi scrutavano dall'alto verso il basso, come degli scanner. Il ragazzo al centro, che presumevo essere il capo, guardò con una rapida occhiata gli altri due ragazzi e li fece un cenno verso di loro: loro mi guardarono con sguardo fisso sulle mie pupille, senza modificare la loro espressione neutra e fredda.
-Sembra, che vi siate persi. Vi facciamo strada noi-
-Sì, ci siamo persi-
"Che cazzo sto dicendo? Perché ho risposto così? E poi, loro riescono a vedere Chirone?"
Chirone mi guardò sorpreso, ma alla fine, rispose anche lui che avevamo bisogno di una guida. I tre ragazzi iniziarono a camminare lungo il percorso che stavamo percorrendo, e noi li seguimmo. Eravamo stati ipnotizzati, ma lo realizzammo in seguito, poiché non ricordo di quel tragitto. Mi ricordo che arrivammo in un capanno abbandonato da molti anni ormai e noi ci trovavamo per terra, sulla parete opposta all'ingresso, mentre due ragazzi chiudevano il grande portone. Avevamo polsi e caviglie legate.
-Ma che ca ...-
Chirone non ebbe neanche il tempo di concludere quell'imprecazione che i tre ragazzi si abbracciarono e nel giro di qualche secondo si trasformarono in Gerione, gigante con tre teste, tre busti e solo due gambe.
-Dacci la tua vita, Achille, e nessuno si farà del male-
Una goccia di sudore scese dalla mia fronte verso il suolo. Guardai i miei polsi: erano legati con una fascetta da elettricista, mentre le caviglie ne avevano quattro. Avvicinai le mani alla bocca e iniziai a rompere con i denti quella fascetta per poi, una volta liberato, prendere la spada e rompere quelle alle caviglie.
-La prossima volta, usate qualcosa di più resistente- dissi, alzandomi in piedi.
Il mostro si avvicinò con passo veloce e io lo raggiunsi, alzando la spada e colpendolo alla gamba, tuttavia sembrò quasi non accorgersene e continuò a camminare. Mi voltai e vidi Chirone esser lanciato dall'altra parte del capanno, con un tonfo e un grido, quasi strozzato, provenire dalla gola del centauro. Voleva la strada libera per farmi fuori senza problemi. Non voleva una fine come quella del Minotauro.
Il gigante si girò e cominciò di nuovo ad avanzare, stavolta con lentezza, come per osservarmi meglio e capire dove e come colpire. Nei suoi leggevo solo la sete di sangue. Arretrai verso il portone, cercando con la mano la parete dentro di me: la sentivo tremare e non riuscivo a smettere. Dovevo ragionare in fretta, quel temporeggiamento non sarebbe durato a lungo.
Gerione, improvvisamente, aumentò la sua falcata e con una ginocchiata mi colpì allo stomaco e per poco non ebbi un conato di vomito. La sua mano afferrò la mia maglietta e mi sollevò da terra, approfittai per tranciare con la spada tranciai il braccio con cui mi stava reggendo. Il suo grido fece tremare le pareti dell'edificio e il sangue che sgorgava a fiotti macchiava il terreno attorno a lui. Sgusciai dalla sua vista, afferrando il pugnale che aveva nella mano del braccio tranciato, mentre la creatura mi cercava avidamente. Quando incrociai il suo sguardo, percepii in un solo istante la sua rabbia e il suo istinto omicida aumentare nei miei confronti; lo vidi di nuovo avvicinarsi e con l'altro suo pugnale, inferì un taglio netto e profondo sul mio fianco destro, squarciando la mia pelle. Emisi un grugnito, mentre il sangue sgorgava dai lembi di pelle; tolsi velocemente la maglietta e la legai attorno al taglio per bloccare l'emorragia. Con la mia spada, riuscii a mozzare altre tre braccia del mostro e di nuovo il ferito urlò, ma, nel momento in cui stavo per infilare la lama nel petto del mio avversario, mi fermai.
Sentii la mia mano mollare la spada al suolo
Sbarrai gli occhi e poi guardai in basso, verso il tallone.
Uno dei suoi pugnali aveva attraversato la scarpa e trafitto il tallone.
Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo: sentii un dolore che avevo quasi dimenticato, impossibile da descrivere a parole. Nella mia mente, tornai a Troia, nel momento in cui quel bastardo di Paride, mi aveva colpito con una delle sue frecce. Fui percosso da un forte tremore che mi fece cadere sulle mie ginocchia. Gerione si avvicinò, guardandomi dall'alto con soddisfazione, quasi leccandosi le labbra. Lo vidi sollevare il suo pugnale sopra la mia testa, pronta a farla penetrare nella carne, nonostante la mia morte era già scritta, mentre io restavo con lo sguardo rivolto a lui. Non avevo ancora finito.
Quando Gerione mi scaraventò in quell'angolo del capanno, il messaggio che voleva trasmettermi fu chiaro: questo è un duello. Non ti immischiare.
Mi liberai dalle fascette e restai a guardare il combattimento, nascosto dietro a un piccolo cumulo di paglia. Dentro di me sentivo crescere della tensione mista a timore; Achille si stava difendendo abbastanza bene, ma non sarebbe durato molto. La strategia del mostro era semplice: pochi colpi, ma incisivi.
Poi un urlo mi distolse da tutti i pensieri: sentii le mie palpebre spalancarsi, non appena notai il pugnale che aveva trapassato il tallone di Achille. I miei muscoli si irrigidirono e restai a guardarlo. Mi ero sempre chiesto cosa succedesse al corpo del ragazzo negli istanti prima della sua morte: vidi il suo corpo tremare freneticamente, mentre il volto diventava pallido, corrugato in un espressione di dolore, rigato da alcune lacrime e poi vidi le sue ginocchia cedere, mentre rivolgeva il suo sguardo verso Gerione, che teneva sollevato il pugnale sopra la sua testa, per conficcarlo all'interno del cranio del moribondo.
"Achille, prova a reagire, se non lo uccidi ora, sei spacciato" pensai, mentre continuavo a fissare quella scena.
Poi un altro urlo, più cupo rispetto al precedente: Gerione.
Achille si era alzato, aveva recuperato la spada e l'aveva infilata nel petto del mostro, danneggiando il cuore. Era morto. Il cadavere del mostro cadde all'indietro e il ragazzo fissò qualche istante la vittima, poi mi cercò con lo sguardo, per poi cadere al suolo anche lui, sopraffatto dal dolore.

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Rivolta dal Tartaro
FantasyIn un mondo contemporaneo, gli dei si trovano a dover affrontare un problema che credevano risolto da tempo: Ade e i Titani vogliono scatenare una nuova rivolta per salire al potere. Gli Olimpi, però, hanno un'arma, il Dilitìrio, un veleno custodito...