Come ci avevano suggerito gli dei, dovevamo cercare di non avvicinarci alle zone troppo abitate come città e luoghi simili al fine di evitare scontri in pubblico con eventuali scagnozzi di Ade, per questo nei primi tre giorni di viaggio attraversammo zone boschive nutrendoci di lepri o, se eravamo fortunati, cinghiali. Cercavamo di non fermarci troppo tempo e cercavamo di dormire il meno possibile, aiutandoci con delle pozioni, che Chirone aveva preparato per il viaggio, per essere energici anche senza aver riposato.
Il quarto giorno arrivammo in Macedonia e decidemmo di fermarci a dormire poiché Chirone si era fatto male a una zampa e aveva bisogno di riposare.
Preparai un falò e poi catturai un po'di selvaggina da arrostire; attorno al fuoco parlammo del più e del meno e, alla fine della cena, ci coricammo, lasciando che il fuoco si spegnesse da solo.
Quella notte, feci un sogno strano e preoccupante. Me lo ricordo come se lo avessi appena avuto: all'inizio mi trovavo dentro una stanza bianca, completamente illuminata, seppur priva di qualunque cosa che potesse generare luce, ma pochi secondi dopo, tutto diventò buio, tranne per una colonnina, illuminata una lampadina, su cui era poggiata una boccetta: era un liquido azzurro, contenuto in una lattina di vetro, sigillata con un tappo di platino. Era il Dilitìrio. Mi avvicinai alla colonna per afferrare il veleno però, al mio tentativo, la stanza mutò un'altra volta, trasformandosi in un cinema abbandonato, con molte poltrone rotte o addirittura mancanti, inoltre sui muri la vernice era staccata in alcuni punti: sullo schermo partì d'improvviso un video. Nel video si vedeva Artemide, la sorella di Apollo che piangeva disperata, inquadrando alle sue spalle quel che restava della nostra casa ormai distrutta.
-Achille...- sussurrò, cercando di trattenere dei singhiozzi –è finita. Ci hanno sconfitto-
Comparvero poi due figure nere: una prese Artemide che aveva iniziato a urlare, e l'altra continuò a registrare.
-Achille- cominciò la figura, con una voce roca e profonda –pensi di poter salvare la tua famiglia con quel cosetto? Che illusi che siete. Sbrigarti a tornare, noi vogliamo il tuo sangue sulle nostre mani-.
Mi svegliai di soprassalto, in un lago di sudore, ansimante.
Quel sogno mi aveva a dir poco disturbato: non poteva essere solo frutto della mia mente. Forse qualcuno stava cercando di dirmi qualcosa, ma cosa?
Era ancora notte fonda e la luce degli alberi riusciva a malapena ad attraversare la folta chioma degli alberi. Non tentai neanche di riaddormentarmi, poco dopo mi sarei dovuto alzare di nuovo, così presi il mio coltellino e andai a cercare altra carne o magari del pesce, se avessi trovato un torrente.
Il silenzio del bosco ancora addormentato era interrotto dai miei passi che rompevano le prime foglie secche ; mentre camminavo, sentii qualcosa sotto la mia scarpa. Dalla consistenza era evidente che non si trattasse di foglie secche. Spostai il piede, arretrando e vidi un serpente moribondo, in preda ai suoi ultimi spasmi.
All'improvviso, vidi il serpente essere avvolto da una nube molto fitta e, quando si dissolse, mi ritrovai di fronte alla Chimera, creatura con testa di leone, corpo di capra e coda di serpente. . Il suo sguardo, trasmetteva un unico sentimento: rabbia.
Non avevo idea di cosa fare: con quel coltellino non avevo speranze, sarebbe stato impossibile battere quella bestia.
La sua bocca schiumava; dovevo guadagnare tempo per studiare qualcosa.
Iniziai a correre senza una direzione precisa, cercando di depistare la bestia, per riflettere su come agire: per fortuna avevo ancora la mia velocità che mi è valsa il soprannome di "piè veloce" . trovai riparo dietro un cespuglio alto e fitto. Non ci avrebbe messo molto a trovarmi e la situazione era disperata: sì, con il coltellino avrei potuto temporeggiare un po', ma non sperare di vincere. Mi maledico se ripenso alla spada che non ho portato.
A un certo punto avvertii il suo respiro , gli zoccoli che premevano contro il terreno e il serpente che emetteva un costante sibilo. Era vicina, avevo poco tempo e niente in testa. All'improvviso un debole raggio di luna arrivarmi sul viso: il suo riflesso proveniva da una spada a quasi un metro da me. Presi subito l'arma e vidi che sull'elsa era attaccato un bigliettino che infilai in tasca, non avevo tempo di leggerlo in quel momento, dovevo combattere.
Ancora percepivo il suo respiro e il sibilo, ma non riuscivo a capire dove fosse. Quanto era vicina? Potevo fare solo una cosa, correre il rischio. Uscii dal mio nascondiglio. La chimera si voltò in mia direzione e non esitò ad attaccare. Il suo zoccolo mi colpì in pieno viso, rompendomi il naso; impugnai la spada e, per prendere tempo, bloccai gli altri colpi della belva che diventavano sempre più veloci. Dovevo pensare in fretta; potevo colpirla al collo, ma la folta criniera mi avrebbe creato problemi, perciò l'unica soluzione era colpirla al ventre. Prima, però, dovevo renderla abbastanza debole da non intralciare il mio piano.
Solo così ne sarei venuto fuori.
Con un movimento rapido mi spostai e tranciai la sua coda. Il serpente cadde a qualche metro di distanza dal mostro, emettendo forti sibili per poi morire in un lago di sangue. La Chimera ruggì di dolore e rabbia. Percepii dal suo sguardo la rabbia diventare istinto omicida, e la cosa non mi piaceva. Dalle sue fauci spalancate vidi fuoriuscire grandi fasci di fiamme. Il fuoco bruciò la parte esterna del mio braccio; cercai di trattenere un grido, ma notai che le fiamme procedevano in un'altra direzione: stava bruciando gli alberi circostanti. Mi stava impedendo di scappare.
Eravamo solo io e quella creatura. Solo uno di noi sarebbe sopravvissuto, e quello dovevo essere io.
La Chimera si avvicinò e mi colpì allo stomaco con una testata, scaraventandomi contro uno dei pochi tronchi non in fiamme. Urlai, anche se quel colpo mi aveva tolto il fiato. All'impatto sentii qualche osso rompersi e fini per terra, seduto. Mi alzai il più velocemente possibile, nonostante il dolore e indirizzai il mio sguardo verso il mostro. Si avvicinava con lentezza, soddisfatto: stava pensando a me smembrato, poco ma sicuro.
In quelle condizioni non avrei retto ancora per molto: iniziai a correre e la creatura mi seguì nuovamente, afferrai un ramo bruciato solo da un lato, lo staccai e lo infilzai in un occhio della creatura. Il mostrò si sollevò su due zampe, ruggendo, mentre il sangue sgorgava dall'occhio; era il mio momento. La mia spada trapassò il ventre della Chimera. Un ultimo ruggito squarciò il silenzio della notte. Osservai la mia vittima nei suoi ultimi istanti di vita fino a quando non cadde all'indietro, morta. Estrassi la mia spada dalla carcassa e mi guardai intorno.
Ogni singolo punto era circondato da fiamme e si stavano estendo verso di me.
"Che cazzo faccio ora?" pensai. Ero in pessime condizioni e i primi malesseri iniziavano a venir fuori: la vista si stava appannando e le mie gambe si stavano intorpidendo; il respiro iniziava a mancarmi e non riuscivo a smettere di tossire a causa del fumo che diventava sempre più intenso.
-Achille!-
Era Chirone. Mi aveva trovato. Forse ero salvo.
Lo vidi gettare una pozione sul fuoco e aprire un varco per portarmi fuori da quel posto.
Mi alzai corrugando la fronte per i dolori alla schiena e mi appoggiai quasi a peso morto su di lui.
-Si può sapere che diamine è successo? Come ti sei ridotto così?-
-Devo stendermi-
Quelle due parole appena sussurrate mi causarono un forte attacco di tosse. La gola non faceva altro che bruciarmi e le lacrime mi impedivano di vedere bene l'ambiente circostante.
-Usciamo da qua, torniamo dove stavamo e poi potrai riposare, d'accordo?-
Mi limitai ad annuire e ci dirigemmo verso il nostro falò; arrivammo dopo qualche minuto e sentii le mani di Chirone sulla mia schiena aiutarmi a stendermi sul terreno.
-Prova a dormire, ci penso io a te-
E con quelle parole, lasciai che il sonno mi travolgesse e mi addormentai.

STAI LEGGENDO
Rivolta dal Tartaro
FantasiaIn un mondo contemporaneo, gli dei si trovano a dover affrontare un problema che credevano risolto da tempo: Ade e i Titani vogliono scatenare una nuova rivolta per salire al potere. Gli Olimpi, però, hanno un'arma, il Dilitìrio, un veleno custodito...