Capitolo 13

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La Slovenia distava due giorni di cammino dalla Croazia: durante il tragitto non accadde nulla, ma non abbassai la guardia, il pericolo poteva essere dietro l'angolo, in attesa del momento giusto per farmi fuori. La sera, riuscii ad arrivare a metà del tragitto che dovevo compiere: ero stato condotto in un bosco abbastanza fitto e decisi di riposare almeno per un po', perciò mi stesi sul terreno e chiusi gli occhi.

Quella notte ebbi di nuovo quel sogno, che ormai conoscevo a memoria e poi vidi di nuovo Ermes correre verso di me, con la sua sacca che si muoveva al ritmo del suo corpo. Una nuova visione.

-Giovane Pelide, ascoltami bene: tramite delle indagini, gli dei hanno scoperto che il mittente di quella lettera è il Leone di Nemea. Chirone è stato rapito mentre ti aspettava fuori dal carcere, consapevole del piano di Zeus. In questo momento, lo sta torturando ... -

Sentivo la fronte iniziare a scottare e dei brividi percorsero la mia schiena per poi scuotere tutto il mio corpo.

"Ermes, muoviti a finire" pensai.

- ... nella speranza di attirarti da lui e ucciderti. E se non arriverai in tempo, a pagare sarà lui. Fai presto, Achille-

Mi alzai da terra, ripresi la lettera e cominciai a camminare, seguendo la mappa, nonostante la febbre e i brividi di freddo, divenuti incessanti.

Il Leone di Nemea, quindi.

Riuscii a fare pochi metri, poi dovetti stendermi a pancia in su, con le ginocchia al petto: lo stomaco aveva iniziato a procurarmi delle fitte così dolorose da togliermi quasi il fiato. Se dovevo far presto, Ermes non mi stava di certo aiutando. Rimasi in quella posizione per qualche minuto, poi mi alzai di nuovo in piedi con fatica e ripresi a camminare, cercando di resistere ai dolori.

Quando arrivai a destinazione, verso mezzogiorno, ormai la febbre e le fitte allo stomaco erano passate; la mappa mi aveva condotto a una caverna, nascosta dagli alberi circostanti che conferivano un aspetto tetro all'ambiente, data la folta chioma degli alberi che bloccava gran parte della luce.

Presi un respiro profondo ed entrai: mi trovai all'interno di un lungo corridoio del quale non si riusciva a vedere la fine, privo di qualunque elemento che potesse fornire della luce. Nel percorrere quei metri, la preoccupazione cresceva dentro di me e di certo, l'atmosfera non aiutava: distesi le mie braccia, in modo da poter toccare il muro e usarlo come guida.

Ad un certo punto, vidi un pezzo di legno ardente, usato come torcia, che con il suo crepitio rompeva il silenzio che regnava lungo quel corridoio. Percepii a malapena il suo calore. Poco più in là, c'era un'apertura nella roccia, che portava all'interno di una stanza.

Entrai.

Davanti a me, un camino ardeva, sprigionando fiamme vive e in continuo movimento; a destra era presente un enorme tavolo in ciliegio, coperto di ampolle riempite con liquidi di vari colori e densità, strumenti da laboratorio e libri aperti disposti in disordine. Sui libri erano scritte varie ricette e spiegazioni su vari miscugli. I muri in pietra erano decorati con dei quadri contenenti corpi di farfalle.

Volgendo lo sguardo verso un angolo della stanza, vidi Chirone accasciato a terra, quasi moribondo. Mi avvicinai di corsa verso di lui e osservai le sue condizioni pietose: il pelo aveva perso la sua lucentezza e addirittura mancava in alcuni punti era mancante e si riusciva a vedere la pelle lacerata da ferite profonde molto estese sui fianchi.

-Achille ... -

-Stai tranquillo, ti porterò fuo...-

-Solitamente è educazione avvertire il padrone di casa del proprio arrivo-

Mi voltai e lo vidi, il Leone di Nemea. Era in piedi, davanti a me, che mi fissava con i suoi occhi penetranti e scuri. La criniera lunga e ben curata emanava riflessi dorati e color rame.

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