Capitolo 17

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La prima cosa che vidi fu una forte luce bianca, poi si dissolse e iniziai a vedere i lineamenti del volto di Chirone alla mia destra. Alzai il braccio sinistro e feci scorrere pollice e indice dall’attaccatura del naso verso le tempie, tirando un po’ la pelle e, riaprendo gli occhi, riuscii a distinguere anche il soffitto. Ero sopravvissuto.

-Stai bene?- domandò subito il centauro. Nella sua voce si percepiva la tensione che aveva probabilmente dominato il suo corpo fino al mio risveglio.

-Sì, sto bene, mi sento solo un po’ debole-

-Hai rischiato stavolta. Se fossi stato da solo, saresti morto qui-

-È stato furbo lui, nessuno ha pensato a una mossa del genere fino ad ora. Non so neanche come ho fatto ad avere la forza di alzarmi, recuperare la spada e infilzarlo-

-Te la senti di ripartire? Siamo quasi alla fine del viaggio-

Annuii e mi misi a sedere. Nel sollevarmi dal terreno, sentii le braccia tremare e, finito quel movimento, mi sentii svuotato delle mie energie. Davanti a me, c’erano i corpi dei tre ragazzi che avevano formato Gerione, già in fase di putrefazione, tutti con una ferita la petto e almeno con un braccio mozzato.
Sentii un conato di vomito salirmi lungo l’esofago, ma riuscii a respingerlo.

-Chirone, credo che tu mi debba aiutare ad alzarmi-

Il centauro si avvicinò, cinse la mia vita con il suo braccio e mi sollevò quasi a peso morto. Portai una mano sul viso e premetti con le dita contro le tempie. Ero più debole di quel che pensassi. Il centauro mi guardò, si abbassò sulle ginocchia invitandomi a salire in groppa. Salii su di lui, mi adagi sulla sua schiena e, cullato dai suoi movimenti,  ripartimmo, lasciandoci alle spalle quella scena del crimine.
 
Continuammo il nostro viaggio per sette giorni, fino a quando non raggiungemmo la periferia di Parigi, la famosa città dell’amore. E pensare che mi trovavo lì senza di lui …

In quella settimana non successe nulla degno di nota, anche se non avevamo mai abbassato la guardia: gli occhi della polizia erano tutti puntati verso di me, tutti volevano trovarmi per arrestarmi. Avevo a carico più di quindici omicidi, per le forze dell’ordine ero un assassino, un pericolo per la società. Da giorni indossavo la stessa felpa, l’unica che aveva il cappuccio e gli occhiali da sole, nonostante il tempo nuvoloso, non mi aveva aiutato a giustificare la loro utilità. Tuttavia, tutto era andato per il meglio.

Mentre camminavamo verso Route de Porski, vidi Chirone aumentare il passo, incitandomi a fare lo stesso.

Sembrava preoccupato.

-Chirone, che sta succedendo?-

-A quanto ammontava la ricompensa per chi ti avrebbe trovato?-

-Se non erro cinquantamila … sì, cinquantamila. Perché?-

-Bene, due passanti stavano parlando del tuo caso. Per avere la tua testa, daranno il doppio-

Sbarrai gli occhi.

-Centomila euro?!  Centomila euro per trovarmi?!-

-Abbassa la voce! Non dobbiamo attirare l’attenzione, continuiamo a camminare piuttosto-

-Centomila euro. Cazzo siamo nei guai fino al collo. Chissà quanta gente mi starà cercando per ottenere tutti quei soldi. –

-Per questo dobbiamo sbrigarci-

Continuammo ad avanzare, quasi correndo, mentre la mia testa era piena di preoccupazioni: mancavano dieci giorni alla fine di quell’impresa e temevo il peggio; non potevo permettermi di tornare in prigione, non di nuovo, non in quel momento.

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