Colloquio di Lavoro

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La mattina seguente, Helen non era più lì in casa, la colazione era pronta in cucina, delle crepes al cioccolato e un succo d'arancia che arrivava all'orlo di un bicchiere di vetro, Annie in quell'appartamento era rimasta sola, e un bigliettino sotto il bicchiere mostrava scritto "Sono a lavoro, ci vediamo sta sera sorellina <3 P.S. mio padre ti aspetta sotto casa, sarà lui che ti troverà un lavoro ben retribuito per gestire i tuoi soldi come meglio credi" ma la domanda era, che tipo di uomo era il padre di Helen? Era simpatico come la figlia? O aveva lo stesso carattere di Polifemo? Andò verso il bagno con passo lento e con un espressione assonnata, come se la notte precedente fosse stata sveglia a fare maratona di serie TV, i suoi occhi si chiudevano come una saracinesca ogni secondo che passava, anche se tentava di spalancarli con le mani, arrivata davanti allo specchio Annie alzò lo sguardo verso lo specchio, e guardandosi si impaurì vedendo in che condizioni stava.
Aprendo il rubinetto del lavandino si sciacquò il viso con dell'acqua gelida per riprendersi dalla sonnolenza,e cercò di lavarsi i denti, nonostante il dentifricio le cadeva dallo spazzolino in continuazione. Tolse il pigiama e gli indumenti intimi, per poi entrare con calma in doccia e far piovere su di se una pioggia d'acqua calda che l'avrebbe fatta rilassare, con le mani si ritirò i capelli all'indietro e con gli occhi chiusi si immerse di nuovo nei suoi pensieri.
La sera precendente dopo cena, Annie e Helen parlarono davanti la porta di casa, in giardino, dove si poteva ammirare un albero pieno di fiori di ciliegio, il buio della notte non rendeva a pieno la bellezza dei colori che mostravano i fiori, ma un leggero vento ne porta via con sé alcuni petali

<<Sei mai stata innamorata?>> Chiese Helen fissando l'albero del vicino di casa

<<Perché me lo chiedi?>> Rispose Annie a voce bassa, guardandola in viso

<<Rispondi e basta, senza fare domande>>

<<Lo sono stata, ma non è andata come volevo>> balbettò Annie cercando di chiudere quel discorso, che le creava disagio, il prima possibile

<<Io invece lo sono ancora, di un uomo che non mi merita, misogino, che mi odia per degli errori che ho commesso in passato>> Helen era quasi in lacrime dopo queste parole, cercava di non avere nessun contatto visivo con Annie per non apparire fragile e debole in quel momento

<<È quell'uomo del disegno vero?>> Domandò Annie con tono nervoso

<<Si, esattamente proprio lui, proprio quel mostro, che ha...>> Senza finire la frase Helen caddè in un pianto disperato, pieno di dolore e stress che in fondo nascondeva dietro a quel sorriso che mostrava ogni momento. Annie la abbracciò senza neanche esitare e accarezzandole la schiena cercò di calmarla, provando a farla stare in silenzio qualche secondo per riprendersi dal brutto momento che stava passando.
Pochi minuti dopo Helen si staccò da Annie e continuò il discorso.

<<Lui ha, portato via mia figlia, la mia unica ragione di vita, dopo che lui si trasformò in uomo di poco ritegno, mia figlia era l'unico motivo per cui vivevo ancora, ma quando lei non era più tra le mie braccia, quando non potevo più vedere il suo sorriso e i suoi occhioni marroni pieni di felicità, ebbi una sensazione di vuoto inspiegabile, per me era tutto finito lì>>
Disse Helen singhiozzando tra una parola e un'altra

<<Che significa? dov'è la bambina adesso? Dove li ha portate?>>

Helen si girò dando le spalle ad Annie, mettendosi le mani sulla fronte e infastidendosi sempre di più per la domanda che le aveva posto

<<Perché non capisci cosa voglio dirti! devo perforza spiegarti cosa intendevo?! Eh va bene Annie, la mia bambina è morta! Contenta adesso? >>urlò a squarciagola, perdendo del tutto la voce.
Attimi di silenzio dopo quel grido di rabbia, riempivano quell'atmosfera che era tutto tranne che calma, le due ragazze erano rimaste immobili a fissarsi negli occhi, pochi secondi dopo Annie dispiaciuta socchiudendo gli occhi tornò con passo lento verso casa, lasciando Helen sola in giardino, con il chiaro di luna che le illuminava lo sguardo perso che aveva dopo quell'attimo di rabbia.

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